1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
Ho quarantadue anni, sono laureata in lettere moderne e vivo a Cagliari con la mia famiglia. Non ho un lavoro stabile, mi accontento di lavoretti saltuari, ma non mi sento sola, a Cagliari sono in buona compagnia, purtroppo.
2. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro “Il tempo di Marzia” cosa diresti?
Partendo dal titolo “Il tempo di Marzia”, in senso stretto, è un tempo giovane, lei ha diciotto anni, un’età in cui c’è tanto spazio per i sogni, le speranze e soprattutto per l’amore. Mentre il tempo dove si trova a vivere e ad agire è antico, molto lontano dal nostro, e spaventa Marzia stessa, che lo vede quasi come un nemico. Tante volte infatti pensa di aver agito spinta da troppa fretta, di non aver fatto la scelta giusta, di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. In tutto il romanzo lei cercherà di misurare le sue capacità e di ritrovare se stessa nel suo “giusto tempo”.
3. Nel tuo libro si parla di avventura, di amore, di eventi storici, di coraggio e di emozioni contrastanti. Scrivendo sei riuscita a immedesimarti totalmente nel libro provando ogni sensazione come la protagonista o la storia è più pregna di un ragionamento ben pianificato?
È vero che nel libro ho cercato di mettere in risalto i sentimenti, ma non sarei mai riuscita a scriverlo basandomi soltanto sulle emozioni. Sono alle mie prime armi, però ho capito che quando si scrive un libro, nella speranza che questo possa poi raggiungere il pubblico, si deve pensare prima di tutto ai lettori e a tutto ciò che può destare il loro interesse. Ho quindi creato una storia che potesse in qualche modo destare la curiosità e porre la classica domanda: come andrà a finire? Ho scelto di far prevalere i buoni sentimenti perché credo che in questi tempi ce ne sia davvero bisogno.
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
Nel romanzo Marzia, la protagonista, deve affrontare tantissime difficoltà. Ci sono momenti in cui si scoraggia, pensa di non farcela e si abbandona addirittura al pensiero della morte. Il messaggio che ho cercato di trasmettere ai lettori è che non si deve mai perdere la speranza, mai pensare che non ci possa essere una via di uscita. Anche quando pensiamo di essere arrivati “nel fondo del baratro”, fermiamoci e aspettiamo! Marzia si dispera quando si vede costretta a vivere per lunghi mesi prigioniera, all’interno di una caverna buia e umida, dove deve affrontare anche un grave lutto. Ma in di lei c’è sempre una scintilla di speranza. È religiosa e per sopravvivere là dentro, a volte si affida alla fede in Dio, altre volte al ricordo delle persone che ama. Nella sua esperienza di sofferenza arriva a comprendere che anche dagli uomini e dalle donne più crudeli, se ci si mette d’impegno, si può riuscire a estrarre un briciolo di umanità.
5. Marzia, la protagonista, parte verso la Sardegna per andare dal padre, generale dei dragoni del re. Il viaggio sarà un modo per i lettori di scoprire la ragazza e la sua storia. Solo in seguito si entrerà nel vivo, coinvolti dall’avventura della giovane. Dietro tutto questo vi è anche una ricerca storica. Come sei riuscita a mettere nero su bianco tutto questo trovando il giusto equilibrio?
Sono un’appassionata di studi storici, soprattutto di quelli della mia isola, la Sardegna, e leggendo vari scritti ho scoperto la storia di tanti personaggi interessanti che ancora non sono venuti alla luce nel modo dovuto. Come la vita delle “banditesse sarde”. Queste donne, non necessariamente delle criminali, partecipavano attivamente alle vicende sociali e politiche della loro terra, conducendo una vita straordinaria per quei tempi. Alcune si vestivano e cavalcavano come gli uomini, e combattevano in prima linea contro le prepotenze del governo dominante. Mi ha affascinato tanto il loro coraggio e la fedeltà ai loro ideali.
Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Il mia propensione per le storie inventate risale all’infanzia, secondo me ce l’abbiamo un po’ tutti, alcuni la coltivano con il passare degli anni, altri la trascurano o la usano per altri scopi, non letterari… Ho letto quasi tutti i romanzi di Jane Austen perché mi ha colpito il suo stile letterario semplice e curato allo stesso tempo. Ma la molla che mi ha dato la carica sono stati due romanzi di due grandi scrittori sardi: “Canne al vento” di Grazia Deledda e “Paese d’ombre” di Giuseppe Dessì.
6. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Beh, questa domanda è un pochino imbarazzante. Anche se in giro, certamente, ci saranno dei libri poco riusciti, non me la sento di puntare il dito contro nessuno di questi. Se diventerò famosa, magari… Scherzo, non lo farò mai, almeno non pubblicamente.
7. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Sì, approfitto dell’occasione per far da portavoce a una domanda che non mi hanno ancora fatto, ma che, sono sicura, alcuni pensano: “Hai pagato per pubblicare il tuo romanzo?” La risposta è: assolutamente no! Non ho speso un solo centesimo. Ho vinto un concorso letterario con una casa editrice che, anche se non è considerata tra “i giganti dell’editoria” è seria e che, anzi, mi ha già pagato per il premio vinto. Ci tenevo a precisarlo perché ho visto che in Italia, a differenza degli altri stati, questo argomento è tra i più gettonati del momento, tra i vari blog di scrittura, editoria e associazioni culturali. Pare che risulti persino più interessante della reale qualità letteraria dei libri stessi.