1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
«Sono un giornalista che ha deciso di dedicarsi a tempo pieno alle sue passioni: la scrittura e la letteratura. Scrivere è la mia vita e credo che quest’essenza si evinca anche dalla lettura del mio ultimo romanzo “The Orange Hand”. Dopo dieci anni di carriera giornalistica ho deciso di buttarmi in quest’avventura pur sapendo che con la crisi attuale è ancora più difficile. Ma sono determinato e amo le sfide impossibili. Intanto credo di aver compiuto un bel percorso in quest’ultimo anno, dalla vittoria del premio letterario internazionale “I nuovi autori 2013” a oggi di acqua sotto i ponti ne è passata».
2. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro “The orange hand” cosa diresti?
«E’ un puro romanzo thriller, ma con sfumature d’attualità e di vita vissuta. Una lettura veloce, ma capace – mi auguro – di lasciare qualcosa in più al lettore rispetto al mero gusto di leggere nei ritagli di tempo. C’è la difficoltà di un giovane trentenne che si confronta con i problemi di lavoro e con la crisi economica. Ci sono complotti, associazioni segrete e fatti storici realmente accaduti e che pochi conoscono. Insomma, un bel mix per quest’estate e non solo.»
3. Il giornalista protagonista della storia si trova a indagare su affari loschi che vedono imporsi lo strapotere delle case farmaceutiche con effetti devastanti sulle popolazioni. Da dove nasce l’idea di questa storia per certi versi così attuale?
«Sono un “complottista” e non smetterò mai di ripeterlo, ma con lo sguardo critico del giornalista. Spesso dell’anima black del mondo farmaceutico non si parla, perché ci sono troppi interessi in gioco. Ma pure in quel limbo di terra c’è del torbido, come in ogni angolo del globo in cui a comandare sono i soldi. Mondi ovattati e puri come la medicina, la chimica e la farmaceutica spesso e volentieri nascondono meccanismi perversi. Ecco perché ho voluto raccontare questo spaccato della nostra economia in un modo diverso dal solito, con riferimenti storici realmente accaduti. E’ finzione, ma non tanto distante dalla realtà.»
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
«Che nella vita tutto si può superare, anche i problemi più grandi. Normalmente abbiamo una percezione dei nostri limiti inferiore a quanto realmente possiamo realizzare sotto stress. Non a caso il protagonista del romanzo è un “anti-eroe”, un ragazzo qualsiasi capace però con le sue debolezze di superare le avversità della vita e della società che lo circonda. E non solo…»
5. Il tuo libro “The Orange Hand” pone dubbi morali, oltre a spronare il lettore a guardare oltre l’apparenza. Che idea hai tu della realtà in cui viviamo e che in parte hai riportato nel romanzo? Cosa pensi si possa fare per cambiare le sorti del mondo?
«Come detto, ritengo che i media ci raccontino quello che vogliono. O meglio quello che “qualcuno” vuole farci sapere o non sapere. Per questo molto spesso non ci rendiamo conto di cosa realmente accade nel mondo, come accaduto in Vietnam con l’Agente Arancio (argomento storico trattato nel romanzo, n.d.r.). E per “qualcuno” intendo i governi, le banche … insomma i poteri forti. Cambiare le sorti del mondo? Beh, sicuramente non sono la persona più indicata. Intanto inizierei a cambiare le sorti dell’Italia: il nostro paese avrebbe bisogno di una sferzata, la politica deve tornare ad essere fatta nelle piazze e fra la gente: creare, proporre e non solo contestare.»
6. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
«Sono nato con la passione per scrivere, la molla è scattata a prescindere dalle letture. Però posso dire che tutti i libri letti nella mia vita hanno lasciato qualcosa in me. Partendo dai romanzi storici di Giampaolo Pansa, passando poi ai maestri del thriller americano e italiano. Menzione a parte per Giorgio Faletti – scoperto, purtroppo, tardi rispetto agli altri -, scomparso pochi giorni fa e di cui conservo un bellissimo ricordo.»
7. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
«Non saprei, sinceramente ogni forma di scrittura è a suo modo “arte”. Un bel libro è soggettivo, così come la bellezza di una donna. Può piacere a me, ma non è detto che piaccia ad altri.»
8. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
«Più che una domanda e una risposta, vorrei rivolgermi un vero e proprio “in bocca al lupo”. A breve parto per gli Stati Uniti e il Canada: mi auguro che quest’avventura lunga un mese sia professionalmente ricca di soddisfazioni, considerando che ci sono concrete possibilità che la mia opera si trasformi entro il 2016 in una fiction televisiva per la televisione canadese. Speriamo! Inizio ad incrociare le dita…»