Estratto del romanzo “Le memorie oscure” dello scrittore Alessio Filisdeo, terzo classificato al Concorso Letterario “Autore di Te Stesso” 2013 nella Sezione Editi, organizzato da Recensione Libro.it.
Le memorie oscure di Alessio Filisdeo
Così cominciò tutto.
Un uomo. Una donna. La musica.
Era il 10 giugno dell’anno 1865, e il Nationaltheater di Monaco non avrebbe mai più vantato una simile assemblea di aristocrazia bavarese.
Gentiluomini e dame dalla vacua e superficiale bellezza affollavano gli spalti spandendo un eccitato chiacchiericcio per tutta la sala gremita.
Fulgido di fiori freschi e imbellettate personalità agghindate secondo la più ricercata moda del tempo, il palco reale si mostrava orgogliosamente occupato.
Lì, nel bel mezzo d’una processione senza fine di sete pregiate e gioielli preziosi, di bastoni da passeggio laccati e cravattini annodati; lì, tra gli stucchi dorati e le brillanti tonalità di porpora, azzurro e avorio, non esisteva bruttura, decadenza o incertezza. Nulla e nessuno avrebbe potuto guastare una tale serata costruita ed edificata sul culto assoluto e sfrenato dell’apparire. Quello era il mondo perfetto, una cupola incantata dalla limpidezza cristallina.
Fuori, il nulla. Fuori, l’oscurità, la bieca e dolente quotidianità, la deludente vita priva di magia.
Per Clemens von Hebelhost, ultimo esponente d’una ricca casata decaduta, conte di titolo ma non di fatto, la magia era tutto. Non era stato sempre così. In verità egli era stato assai più affine alla vita riserbata e tranquilla, ben distante dalla mondanità del debosciato farfallone cui tutti l’andavan dipingendo per disprezzo o gelosia. Eppure, nell’arco di quell’anno trascorso quasi per metà, von Hebelhost era cambiato. Aveva preso a frequentare regolarmente il teatro, l’opera, persino il balletto, di tanto in tanto. Lo si scorgeva nelle case da gioco prudente e guardingo al suo denaro mentre conversava amabilmente del più e del meno con eccellenti personalità. Qualcuno, ma nessuno lo avrebbe ammesso apertamente, si diceva convinto di averlo incrociato più d’una volta lungo la via dell’oppio, durante una notte di follie.
A tali voci, evidentemente divertenti alle sue orecchie, Clemens rispondeva con un sorriso cortese, a metà tra l’imbarazzo e il mistero, lasciando che lo sguardo ispirasse ciò che la parola non poteva.