1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
Buon giorno a tutti e grazie per il gradito invito. Credo che sia sempre difficile raccontarsi e presentarsi in società. Ho provato a farlo scrivendo di me per 420 pagine, ma se dovessi fare mini spot probabilmente direi: “Salve, sono Vittorio, un giovane anziano, pigro, teledipendente e amante e studioso del mondo femminile”.
2. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro “Essere Melvin tra finzione e realtà” cosa diresti?
“Essere Melvin” è una confessione laica, l’unica soluzione possibile per il protagonista per distruggere i propri demoni e fare pace con il proprio passato. “Essere Melvin” è un viaggio dell’anima che spero alla fine scaldi il cuore del lettore regalando sorriso e speranza.
3. Nel tuo libro c’è molto di autobiografico, il lettore può chiaramente cogliere sensazioni vissute dall’autore. Da dove nasce l’idea? E cosa ha significato per te scrivere questo libro?
“Essere Melvin” è nato come un esercizio terapeutico richiesto dallo Splendente, mio psichiatra, durante il percorso iniziato anni fa. Scrivendo di me e delle emozioni secondo il mio medico la terapia sarebbe stata più efficace. Lui leggendomi avrebbe compreso meglio e io scrivendo avrei impegnato ogni la mente. Scrivere Melvin è stato un atto di liberazione e di catarsi. Ho svuotato l’armadio dai tanti scheletri. Ho fatto pulizia, ho condiviso con il mondo le mie” vergogne” e oggi forse sono un uomo migliore, ma sicuramente più forte.
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
Spero solo che i lettori possano leggere il mio libro e sarebbe già un grande successo. I significati e le considerazioni sono molto personali e soggettivi e preferisco non influenzare il lettore, ma una cosa mi preme sottolinearla con forza: andare in terapia, farsi seguire da uno psichiatra, prendere psicofarmaci non significa essere “pazzo” o un “reietto”. Il disagio mentale è prima di ogni cosa una malattia dell’anima e bisogna prendersi cura della scintilla divina che c’è in noi. Chi è in terapia o pensa di andarci non abbia timore o vergogna di dirlo, chi punta il dito è il primo ad avere seri problemi da risolvere come l’ignoranza e il pregiudizio.
5. Come credi si possano superare momenti di grande difficoltà personale, quando tutto sembra crollare e fuori dal nostro controllo, come accaduto al protagonista del tuo libro?
Se hai la possibilità economica (farsi curare è costoso e faticoso) di poter scegliere un buon specialista è opportuno farlo, per intraprendere insieme un percorso di analisi e confronto con te stesso e di non avere paura di assumere farmaci, a volte, necessari. Non è facile trovare il giusto terapista. In giro ci sono molti ciarlatani e “seriosi” terapeuti che si curano solo di far crescere il proprio portafoglio e pensano di avere tutte le verità in tasca. Io ho avuto la fortuna di incontrare medici dotati di umanità prima ancora che esperti del settore. Poi devi armati di pazienza e volontà ci vuole tempo e fatica e augurarti di avere vicino una famiglia e degli amici veri che ti stiano vicino lungo l’interminabile traversata nel deserto.
6. Quali sono i tuoi progetti? Stai scrivendo un altro libro, oppure ti stai dedicando alla promozione di “Essere Melvin tra finzione e realtà”?
Fin dall’inizio della mia avventura nel complicato e complesso mondo dell’editoria e della scrittura, ho applicato le regole studiate da proprietario terriero impegnato giornalmente a migliorare la sua azienda” lavoro, sacrifico, applicazione e costanza” . Credo molto nel progetto “Melvin” e i consensi e gli attestati di stima che sta ricevendo da numerosi blogger indipendenti mi confermano le sue potenzialità. Mi divido tra comunicazione giornaliera sui social per Melvin e scrittura di recensioni sul mio blog. Sì, ho in cantiere una raccolta di racconti sull’Amore, spero di poterlo pubblicare per San Valentino.
7. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
La Gazzetta dello Sport. Lo so può sembrarvi strano, ma io nasco lettore di giornali sportivi e poi in seguito del Corriere della Sera. In casa mia il quotidiano non mancava mai. Quel poco che so di scrittura e stile l’ho imparata dai giornalisti sportivi e da chi scriveva il “Corriere dei Piccoli” e le rubriche di “Topolino”. Io dico sempre non importa cosa leggi, ma purché tu legga.
8. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Non esistono libri belli o brutti a mio avviso. La scelta di un libro è molto personale. Ognuno di noi ha un libro nel cassetto,il che è ammirevole, ma siamo diventati pigri nel leggere il lavoro altrui. Io sono molto pigro eppure mi salva la curiosità. Se mi capita di vedere un film trattato da un libro, molto spesso poi leggo il libro perché magari il film mi ha annoiato. Posso solo invitare a non far morire la curiosità che alberga in noi perché senza quella siamo zombie.
9. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Vittorio De Agrò è davvero il galantuomo che mantiene la parola d’Onore come sostengono tutti coloro che l’hanno incontrato?
Lavoro ogni giorno affinché ciò diventi realtà. Grazie per il tempo che mi avete concesso. A presto.