Di cosa parla “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo
“La coscienza di Zeno” di Svevo è stato scritto nel 1919. Si tratta di un romanzo che nasce come suggerimento terapeutico del Dottor S. al protagonista della storia narrata magnificamente da Italo Svevo.
Il libro ebbe successo grazie a un articolo di Eugenio Montale. Il poeta, attraverso le sue parole, ne esaltò la qualità, e grazie all’amico di Svevo, James Joyce, che fece conoscere il romanzo in Francia.
Trama libro “La coscienza di Zeno”
Zeno, il protagonista del libro, è malato e contemporaneamente ha consapevolezza del suo malessere interiore, per cui si rivolge a uno psicoterapeuta per cercare di guarire. La sua malattia è racchiusa nella propria volontà… e alla fine del libro scopriremo che per il protagonista questa malattia interiore è legato al progresso che miete le sue vittime tra gli uomini.
L’auto-racconto di Zeno riesce a sovrapporre il passato con il presente in un monologo interiore in cui si evidenzia la crisi dell’uomo contemporaneo e lo sdoppiamento della personalità di Svevo in Zeno.
Zeno percorre in forma rovinosa tutte le tappe fondamentali della propria esistenza: dipendenza dal fumo, morte del padre che lo reputa un “pazzo-fallito”, storia di un matrimonio “filiale” (la brutta moglie Augusta per certi versi è confusa con la madre), un’amante, Carla, che fugge con un altro uomo e un’attività economica rivelatasi un vero disastro.
Così Zeno Cosini abbandonerà la psicoterapia perché convinto che si guarisca solo quando non si diventa più materia di analisi.
Alla fine del libro, “La coscienza di Zeno”, nel maggio del 1915, Italo Svevo profetizza una terribile esplosione che riporterà la terra in forma di nebulosa.
E… questo forse è il risultato di uomini sani di mente?
Commento libro
La narrazione di Svevo ne “La coscienza di Zeno” avviene in prima persona. E’ come una sorta di confessione in cui il protagonista dimostra come cerchi in tutti i modi di voler trovare la guarigione alla propria malattia utilizzando qualsiasi tipo di intervento, alcuni dei quali alquanto irragionevoli.
Recensione scritta da Concetta Padula