Di cosa parla “La fattoria degli animali” di George Orwell
“La fattoria degli animali” di George Orwell non è una simpatica e allegra favola per bambini in cui gli animali si comportano come gli uomini; non possiede nulla dell’innocenza delle fiabe della buonanotte con cui si accompagna il sonno degli infanti. Perché è cruda, reale, vitale.
Quegli animali di cui si racconta ne “La fattoria degli animali” sono uomini, non si limitano sterilmente a somigliar loro; sono maschere dietro le quali si celano, neanche troppo velatamente, gli spietati protagonisti dello scenario della rivoluzione russa novecentesca.
Per chi avesse dimestichezza con la scrittura di George Orwell e il suo coraggio, il suo voler gridare una verità che altrimenti rimarrebbe muta e insabbiata, lo stesso genio brillante e tagliente si ripresenterà nel libro “1984”, laddove la vera protagonista sarà – incessante, agghiacciante – la paura.
In “1984” forse più che in “La fattoria degli animali” (o comunque in maniera più chiara e netta) il biasimo verso la società strepita e calcia per trapelare dalle allegorie feroci che l’autore usa.
Orwell terrorizza il lettore ricordandogli in maniera dapprima cauta, poi aggressiva, che lui non è altro che quell’animale. Suddito di maiali che manipolano le informazioni esterne, le verità che scelgono di raccontare al resto della fattoria, zittendo quelle scomode, preferendo quelle vantaggiose per loro.
L’uomo è la cavalla perspicace che dopo ogni regola violata, va a curiosare nel capanno in cui queste erano state originariamente scritte, accorgendosi di incongruenze con i residui della sua memoria. L’uomo è quel cavallo che ha lavorato per tutta la vita con la stessa tenacia e diligenza, e che non per questo alla fine si è salvato dalla condanna al macello.
L’uomo è persino quell’asino stanco, disilluso ma intelligente che fin da subito sospetta quanto la vita sarà difficile, come lo è stata sempre, a prescindere dal regime. E non c’è libertà nel suo scoramento.
Perché, effettivamente, è per la libertà che gli animali originariamente lottano, per poi accontentarsi passivamente e in maniera incosciente di nuove catene, scacciando il regime vecchio per accoglierne un nuovo e farsi mortificare da esso.
Le parole di Orwell sono grida che non si sono lasciate ammutolire neppure dai cinque scettici editori che, prima della pubblicazione che effettivamente egli ottenne, l’avevano rifiutato. La censura è un’arma nera; ma le idee di George Orwell cercano la verità, la scarnificano, la spolpano, la presentano al lettore in tutta la sua violenza mordace con “La fattoria degli animali”.
Recensione di Viviana Veneruso