Di cosa parla Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis
2,588 milioni di anni fa. Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis (Adelphi) ha un’ambientazione particolare per un libro di altrettanto difficile classificazione.
Romanzo di fantascienza? Romanzo storico? Chissà! Ma non importa: è talmente divertente che non dà il tempo di soffermarsi sulla sua peculiarità.
C’era un volta… una comune famiglia di ominidi che abitava le caverne del centro-est africano, si cibava di piccoli animali, creava lance dalle selci per cacciare, si spulciava, andava a prendere il fuoco dal vulcano limitrofo e cercava di dare un senso ai sogni. Non è poi così comune in effetti.
Il più grande uomo scimmia del Pleistocene è un libro divertentissimo, scritto in maniera molto semplice ma non scontata: chi si aspetterebbe di sentire un ominide disquisire sul progresso, sulle possibilità ancora inesplorate che offrono quelle lingue calde e rosse che prima ribollivano nei vulcani e ora tengono lontani i più feroci predatori, sulla musica, sull’arte rupestre, sul significato dei sogni, quella specie di ombra interiore che Edward, un giovanotto appassionato di filosofia, si chiede dove vada a finire quando le membra decedono.
Commento del libro Il più grande uomo scimmia del Pleistocene
Questa simpaticissima famiglia con curiosità ed intelligenza scopre il mondo, lo vuole conquistare e imporgli delle regole che possano caratterizzarlo e civilizzarlo al loro passo. Anche se non tutti sono pronti, non tutti possono o vogliono essere al passo del più grande uomo scimmia del Pleistocene.
E noi, ominidi che viviamo – come scrive Terry Pratchett nella sua presentazione del volume – ad un certo punto dell’Olocene, leggendo tra le righe di questo strano libricino dobbiamo ammettere che Roy Lewis ha scritto un libro enorme, con altrettanto enorme significato per la nostra era e tutte quelle a venire.
Recensione scritta da Alice Marchelli