La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Giovanni Capurso autore del libro Il sentiero dei figli orfani
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro Il sentiero dei figli orfani, cosa diresti?
A distanza di alcuni anni, Savino diventato adulto, ha scelto come molti abitanti di una terra del Sud capace di “lasciare orfani” i propri figli, la via dell’abbandono per cercare altrove la propria vocazione. Durante il ritorno per il trigesimo di suo padre rivive in maniera nostalgica il suo passato come riscoperta delle proprie radici.
È dunque un romanzo circolare, non solo nello stile letterario, ma anche nell’aspetto psicologico perché ho provato a spiegare come il nostro presente è sempre il risultato spesso contraddittorio del nostro passato. Il passato in tal senso è un intero che comprende sia aspetti piacevoli che sgradevoli. È quello che dice Gustav Jung utilizzando la metafora dell’ “ombra”: saremo più felici solo quando accetteremo quella parte della nostra personalità dolorosa.
2. Da dove nasce l’ispirazione per questo libro in cui sembra esserci molto di personale nella narrazione delle storie e delle persone coinvolte?
Nella gran parte dei miei personaggi manca una cesura netta tra il bene e il male. L’esperienza, più che i libri, mi ha portato a capire che queste due opzioni morali non sono mai nettamente separate e divise nelle persone. In ognuno di noi c’è qualcosa di buono e di cattivo.
Penso anche che un romanzo debba comunicare una tensione etica, un messaggio politico, civile o sociale. Diversamente non mi interessa. In questo senso nasce da delle mie profonde convinzioni.
3. Sì, effettivamente ne Il sentiero dei figli orfani c’è molto di personale…
In altre occasioni ho scritto più per un potenziale lettore come si può scrivere un thriller o un giallo. Questo romanzo invece l’ho scritto per me: avevo qualcosa da dire a me stesso. Tutti i personaggi che ho creato sono parti di me come in un puzzle, non nel senso biografico, ma come proiezioni del mio io; a partire dal protagonista, Savino, poi dal padre scontroso e che non mantiene le promesse e lo zio, il più colto della famiglia, ma che in un contesto così semplice di un paesino assume dei tratti bizzarri. Sono tutti personaggi in cui rivedo qualcosa di me stesso. E magari nella storia ci sarà anche qualcosa che vi ho proiettato inconsciamente.
4. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Purtroppo oggi la letteratura si è appiattita molto sull’intrattenimento perché gli Editori per necessità devono inseguire le logiche del mercato, e quindi del profitto immediato. È una premessa importante, per dire che Il sentiero dei figli orfani è uno di quei libri che si possono apprezzare nel tempo perché si sviluppa attraverso dei temi generatori che possono lasciare una traccia a lungo termine nel lettore.
5. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Tutto è perfettibile e tutto e migliorabile. Ma credo proprio di no. Credo ci sia tutto quello che volevo dire: avrei solo aumentato il tasso di verbosità.
6. Se Giovanni Capurso dovesse utilizzare tre aggettivi per definire Il sentiero dei figli orfani, quali userebbe?
Riflessivo, cosa che mi porto in dote da professore di Filosofia. Coraggioso, perché va controcorrente le mode. Presuntuoso, nel senso che ha l’ambizione di sfidare il lettore con qualcosa di impegnativo. Chi lo leggerà naturalmente avrà il diritto di smentirmi.
7. Hai nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Ho almeno tre quattro storie che mi ronzano nella testa. Questa fase può durare anni. Una è in fase di stesura da un annetto, sulla quale posso dire che affronta un tema di impegno e riscatto sociale e la cui protagonista è una giovane donna. Poi ho un saggio filosofico quasi ultimato. Vedremo tra i due quale andrà in porto per primo.
8. Qual è il romanzo che Giovanni Capurso ha letto e lo ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
Ho ancora sulla mia scrivania il romanzo di Giuseppe Berto, Il male oscuro, riletto di recente. Un capolavoro assoluto, ma caduto quasi nel dimenticatoio.
9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Dai temi che tratto nei miei libri è già molto chiaro quali siano i miei orientamenti. Ma sconsigliare un libro in particolare non mi sembra deontologicamente corretto.
10. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Nessuno ha avuto il coraggio di chiedermi se ti senti pienamente compreso nel tuo lavoro di scrittore… La risposta sarebbe stata negativa. Mi sento un po’ incompreso. Ma di questi tempi può essere una virtù.