Recensione Libro.it intervista lo scrittore Matteo Carmignoli autore del libro La ragazza oltre il mare
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro La ragazza oltre il mare, cosa diresti?
La ragazza oltre il mare è un flusso di sentimenti che scorrono sfondando qualsiasi diga. Una cascata di parole cariche di emozioni. Un pianto di gioia alternata al dolore. E’ il tentativo di dare un senso ed una forma concreta a ciò che non ha un senso e una forma per definizione: l’amore. Infatti illusici di avervi finalmente trovato un senso ed una forma, tutto crolla così soavemente in un rantolo melodioso. E’ come ammirare il sole che brilla nel cielo, negando a noi stessi che prima o poi tramonterà, e successivamente piangerci addosso nella nostalgia della luce, una volta che il ciclo del giorno ha fatto il suo corso donandoci una gelida notte. Questo libro è Amore… Difficile riassumerlo lucidamente e darvi un senso razionale quindi…
2. Da quali elementi o sensazioni sei partito per raccontare questa storia in cui un amore vero si fonde con il romanzo?
Ho iniziato a scrivere questo libro solo una volta sicuro che i miei sentimenti per la persona a cui è ispirato si erano quasi del tutto spenti. Quindi, con l’aiuto di canzoni, luoghi e oggetti che mi ricordavano questa persona, ho tentato di far emergere la nostalgia e le sensazioni di quella relazione, facendomi violenza in un certo senso, estraendole da me con la forza quasi. Un modo atipico penserete voi… Beh… Era l’unico per riuscire a qualcosa in cui il soggettivo e l’oggettivo si bilanciassero, senza eccedere né nell’uno né nell’altro. Scrivere il libro ancora innamorato di lei avrebbe dato vita a qualcosa di stucchevole, come aspettare troppo tempo avrebbe dato vita a qualcosa di sterile e manieristico.
3. Quanto di te il lettore troverà in questo libro?
Poco… Qualcosa come spiego nella conclusione c’è, è ovvio! Ma ho cercato di distaccarmi il più possibile dal mio protagonista. Ho utilizzato anche componimenti dedicati a lei quando la relazione era ancora viva o alcuni scritti subito dopo la rottura, questo non lo nego… Ma sono una minoranza. Direi che il 70% del racconto l’ho scritto con distacco e freddezza. Anzi… Oserei dire di aver preso anche le distanze dalla visone cavalleresca e stil novista che il mio personaggio ha dell’amore.
A posteriori definirei il personaggio un po’ un inetto nel senso sveviano del termine, capace solo di sognare, parlare, progettare, ma non di agire. Allo stesso tempo per alcuni tratti ( ad esempio la tendenza al bere) lo accosterei alla categoria umana dei “caduti” di cui ho trattato nel mio primo libro.
4. Qual è il messaggio centrale del romanzo?
Ciò che voglio mettere in risalto è l’asimmetria e la superficialità di quello che oggi continuiamo a chiamare “Amore”, quando in realtà sta diventando un sentimento sempre più debole, vuoto, materialista ed opportunista. Mentre per lo scrittore protagonista del libro l’amore era quasi un’idea sacra e la ragazza conosciuta un angelo se non una dea, per questa la relazione vissuta, anche se sicuramente sincera, era più un passatempo, un modo per rompere per qualche mese con l’ordinarietà della propria vita, dandole un po’ di brio grazie alla storia con quell’eccentrico personaggio. Visto da lei, sotto sotto, come un intrattenitore. Un pagliaccio… Che si sforzava di sembrare un poeta…
5. Come mai hai deciso di dare a questo libro la forma di un diario ma allo stesso tempo di un romanzo?
Semplicemente perché credevo fosse il metodo migliore per riportare i pensieri e le azioni del personaggio dal momento che il tutto si svolge a relazione conclusa basandosi quasi esclusivamente su sogni, ricordi e rimpianti, avvolti in un’aurea d’intramontabile nostalgia.
6. Quanto è stato importante per te questo libro a livello emotivo? Scrivere questa storia è stata una forma di redenzione?
Diciamo che quella a cui è ispirato il libro è stata una relazione molto importante per me. Mi ha cambiato molto, mi ha aiutato a crescere e maturare, sia come persona che come scrittore. Tale relazione mi ha aiutato a diventare più sicuro di me, più conscio delle mie potenzialità, dal momento che, conquistare quella ragazza da me desiderata per circa un anno e mezzo, è stato forse il raggiungimento di uno degli obbiettivi più grandi della mia vita. Questo libro ha due facce. Vuole essere un omaggio ed una dedica a questa persona, ma anche un esorcismo: un modo “poetico” e rituale di spegnere definitivamente la mia fiamma verso quella persona e dirci “Addio”.
7. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Sinceramente no. Credo che prolungandolo lo avrei reso solamente stucchevole. Avevo già detto tutto ciò che volevo dire.
8. Che effetto ti fa leggere adesso questa storia?
Emotivamente non mi risveglia assolutamente nulla nei confronti della ragazza a cui è dedicato. Ma mi sorprendo di alcuni squarci poetici che, ancora innamorato di lei, sono stato in gradi di scrivere. Quelli talvolta mi fanno venire i brividi… Non so se sarei di nuovo in grado di dipingere immagini e scenari del genere… Nei miei prossimi lavori infatti vorrei puntare più alla trama e meno alla poesia e quindi all’estetica.
9. Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire La ragazza oltre il mare, quali useresti?
Nostalgico, melodioso e sfumato.
10. Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Beh… La ragazza oltre il mare è un libro piuttosto leggero e piacevole, anche se carico di nostalgia e malinconia. Ritengo possa essere consigliato per chi voglia rilassarsi, anche al mare sotto l’ombrellone, leggendo qualcosa di breve e semplice, ma non per questo banale, con cui magari emozionarsi se non addirittura commuoversi rispecchiandosi nel protagonista e ricordando piacevolmente qualche sua vecchia relazione amorosa. Aggiungo che se qualcuno fosse interessato al libro e questi non fosse reperibile presso i principali venditori dovrebbe essere acquistabile a prezzo scontato su Libro Co. o presso La Bancarella Editrice.
11. Quando e perché hai deciso che nella tua vita ci sarebbe stato spazio per la creatività e la scrittura?
Fin da ragazzino mi è sempre piaciuto immaginare storie e raccontarle. Ricordo che il mio sogno era quello di realizzare un film per dare una forma concreta alla mia immaginazione. Con il passare degli anni iniziai anche a scrivere storie che però non concludevo mai. La vera svolta però avvenne in quarta superiore, quando la professoressa ci dette da leggere durante l’estate alcuni libri di Pirandello (“Il fu Mattia Pascal” e “Uno, nessuno e centomila”), uno di Kafka (“La metamorfosi”) e uno di Svevo (“La coscienza di Zeno”). Ne rimasi colpito tanto da decidere di iniziare a scrivere un racconto che ho ancora nel cassetto ma che non all’altezza di essere pubblicato.
Poi, più per passatempo e sfogo che per intenzione di realizzare racconti o libri, iniziai a scrivere alcuni brani, spesso slegati fra loro, ma quasi sempre accomunati dalle atmosfere cupe che caratterizzavano il mio animo adolescenziale tormentato. Continuavo a scrivere nel tempo libero, quando ispirato o semplicemente annoiato, ma tenevo quei frammenti per me, fino a che, quasi per caso, alcuni conoscenti ne lessero alcuni e, apprezzandoli molto, mi incoraggiarono a dedicarmi più seriamente e con maggiore costanza alla scrittura. Da quei tetri frammenti, maturato e prese le distanze da quel mondo che descrivevo, una volta ripresoli in mano, assemblatoli, trovato un filo conduttore e conclusa la storia, è nato “I Caduti”.