Da “Libero ha i miei occhi” di Antonio D’Oriano, terzo classificato nella categoria “Libri editi” al Concorso Letterario Autore di te stesso – Premio Campi Flegrei
Chissà come sono diventato io… è un bel po’ che non mi guardo allo specchio. I primi tempi ogni mese mi facevano specchiare ma poi si sono accorti che il mio cuore batteva troppo forte durante l’operazione, quindi per evitare di “danneggiarmi” hanno smesso.
Io mi specchiavo una volta al mese e guardarmi allo specchio per quei pochi momenti mi permetteva di sapere che esistevo ancora. Guarda, mi dicevo, ho ancora le orecchie! Quello è il mio naso, è sempre stato un gran bel naso. E questa pettinatura? Colpa del cuscino. Va beh! Non sarà più alla moda ma mi dà un fascino retrò!
Tutto questo mi faceva battere il cuore forte, mi faceva affluire il sangue in parti del mio corpo che ora ho dimenticato di avere. E con questo? Se il cuore che batte più forte del normale fosse un male allora la gente smetterebbe di innamorarsi, smetterebbe di farsi del male telefonando e stando zitti per lunghissimi minuti gridando silenziosamente: “Ti ho chiamato soltanto per dirti che esisto”.
E ora? Ora come sono fatto? Ho ancora le orecchie? E il mio naso… lo posso vedere solo di sguincio! Calma calma… è meglio non agitarsi o il cuore comincia a battere troppo forte, l’infermiera ammuffita se ne accorge e va a finire che, per evitare di “danneggiarmi”, mi infilano una sonda nello sfintere che mi impedisca di pensare.
Ma io li frego e penso calmo.
Il prossimo movimento del linguaggio delle pupille è molto semplice e consiste nel chiudere lentamente gli occhi e poi riaprirli. Significa “Non è lo scorrere del tempo che mi rende triste ma il non sapere quali effetti lo scorrere del tempo ha sul mio essere vivo”.
Forse ho dimenticato di dirvelo, ma fra cinque giorni muoio.