Recensione Libro.it intervista lo scrittore Francesco Testi autore del libro “Tentò ancora una volta”
Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Tentò ancora una volta”, cosa diresti?
Direi che è l’avventura di un uomo alla ricerca di se stesso… La nostra vita ha sempre un’altra vita che le cammina accanto, una dimensione di possibilità che per errore o per scelta non abbiamo portato nel nostro destino. Ad ogni modo, quella vita è la nostra!
Da dove nasce l’idea che ti ha spinto a parlare di questa storia così intensa? Quanto c’è di reale?
Nessuno sa veramente come si crea una storia o da dove vengano le idee… Puoi pure pianificare tutto a tavolino, ma c’è un dio nella macchina da scrivere, e scombina le carte come vuole lui, alla fine. Per esempio, sono partito con l’idea di scrivere un romanzo alla Houellebecq, ma già dopo i primi capitoli mi dicevo, citando Oscar Wilde: sii te stesso, gli altri sono tutti occupati!
E’ lì che ho capito che gli scrittori sono cannibali: prendono ispirazione da tutto! Da una chiacchiera al bar come da una fila alle poste, da un ramo gelato davanti alla finestra come da una donna che ci guarda in metro…
Però se mi chiedi quanto c’è di reale, il discorso si complica… Sono sempre stato un megalomane per legittima difesa, perciò ho sempre creduto di poter lasciare impunemente la mia impronta digitale sul lettore, ben nascosto dietro l’alibi della trasfigurazione o della fantasia… Il meno che si possa dire è che ho fallito del tutto! Con questo non voglio certo dire che Mariano Scartabellari sono io, ci mancherebbe!
Ma sicuramente sotto tanti aspetti mi sono tradito: abbiamo lo stesso umorismo, il gusto del politicamente scorretto, il brutto rapporto con la tecnologia, l’amore per l’inverno, un certo depressionismo di fondo… Per il resto, non ho mai fatto sesso con una minorenne né ho avuto amici che sono morti con un ditale in culo…
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Vorrei trasmettere il mio amore per la Letteratura, un’esperienza profonda, che può cambiarci anche radicalmente… E in particolare, vorrei testimoniare che la libertà intellettuale esiste ancora, nonostante tutto: l’attacco censorio di bigotti e perbenisti è stato tremendo, in sostanza mi hanno dato del pornografo…
Il numero dei benpensanti è sempre lo stesso: rivendicare torti ideologici e inneggiare ai buoni sentimenti. Purtroppo la banalizzazione semplificatoria e dimostrativa che mettono in atto, con l’ondata di conformismo che ne deriva, porta nel peggiore dei casi a sistemi orwelliani, e nel migliore ad un clima da caccia alle streghe… La loro mediocrità è senza rimedio. Non faranno mai loro la frase di Philip Roth che so a memoria: “Leggere è un piacere profondo e singolare, che non richiede più giustificazioni morali o politiche di quante ne richieda scopare.”
C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
No.
Se Francesco Testi dovesse utilizzare tre aggettivi per definire “Tentò ancora una volta”, quali userebbe?
Divertente, pulp, visionario.
Cosa hai pensato quando hai messo il punto a questa storia?
Che avevo scritto un libro apocalittico. Nel senso che l’ultima scena del libro è anche l’ultima scena del mondo…
Perché credi si debba leggere il tuo romanzo?
Non lo credo affatto.
Francesco Testi ha nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Sto lavorando al mio prossimo romanzo. Ma non posso anticipare nulla.
Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
“Le particelle elementari” di Michel Houellebecq. Davvero attualissimo… Un capolavoro!
Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Non saprei… Anche il libro più brutto può comunque essere un antidoto alla solitudine, come direbbe David Foster Wallace.
Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
La domanda è: “Hai anche tu la paura di vivere di Mariano, il protagonista del tuo libro?”
La risposta è sì. Non può essere altrimenti in una società algofobica e priva ormai di strumenti cognitivi adatti ad accettare la sua stessa mortalità. L’alternativa è la criogenesi o la definitiva automazione dell’umanità… Ma sto divagando. La mia paura di vivere è solo paura d’amare, in fondo… E dalla scrittura del romanzo qualcosa è cambiato; ora la penso come Nietzsche: “C’è solo un rimedio all’amore: riamare”.