La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Paolo Durando autore del libro “Prospettiva Avadhi”
Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Prospettiva Avadhi”, cosa diresti?
Direi che, in sintesi, il senso sta nell’impossibilità di un esito della Storia. L’umanità può stare solo nell’attesa di qualcosa: attesa di cambiamenti, di rivoluzioni, di palingenesi. Magari di catastrofi, come accade, in prevalenza, oggi. La condizione umana, quindi, consiste nella tensione di questa aspettativa.
Da dove nasce l’idea che ti ha spinto a scrivere questa storia?
Nasce sostanzialmente dalla constatazione che oggi prevale la spinta all’omologazione, all’indifferenziato. L’umanità di Avadhi è riuscita ad eliminare anche la differenziazione di sesso e genere. Il movimento degli Unici vorrebbe ritrovare differenze e imperfezioni, anche attingendo alla conoscenza del passato e immaginando di poterlo modificare, almeno virtualmente. Ma questo si rivela, naturalmente, piuttosto problematico.
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Che la fantascienza è il genere più onnicomprensivo e “speculativo”, tanto da non essere più, in un certo senso, un “genere”. E, in merito al contenuto del romanzo, vorrei indurre a una riflessione sul passato, sulla Storia, su ciò che ci insegna. E su quanto passato e presente siano interconnessi. Ciascuno di noi ha inscritta la memoria degli antenati.
C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Dopo la pubblicazione c’è stato il più inaspettato degli tsunami storici: prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina. Ma non avrei comunque aggiunto nulla. Lo scopo della narrazione era, in sè, raggiunto.
Se Paolo Durando dovesse utilizzare tre aggettivi per definire “Prospettiva Avadhi”, quali userebbe?
Lo definirei un romanzo sintetico, lirico, multiplo.
Cosa hai pensato quando hai messo il punto a questa storia?
Che dovevo “incastrare” bene tempi e identità, perché fossero chiari i rimandi.
Perché credi si debba leggere il tuo romanzo?
Non si “deve” leggere nessun romanzo. Potrei consigliarlo a chi è affascinato dal tempo e dall’alterità.
Hai uno scrittore in particolare da cui ti senti ispirato?
Ovviamente ho letto molta fantascienza, da Ray Bradbury a Stanislaw Lem a Philip Dick. Ma attingo molto anche dal mainstream. Tra i miei riferimenti c’è il pensiero della differenza sessuale e l’autocoscienza femminile. E una scrittrice come Clarice Lispector non è estranea al mio percorso.
Paolo Durando ha nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Credo che scriverò ancora. Non so quale nuova “prospettiva” mi attirerà, ma di sicuro non riguarderà guerre stellari e imperi galattici. Non è quella la fantascienza a cui guardo.
Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
Ultimamente ho letto “Works” di Vitaliano Trevisan. Una testimonianza radicale e importante.
Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Io di solito non consiglio libri. Credo che ognuno abbia il suo percorso e che i libri si incontrino quando è il momento. Non ho quindi neppure libri da non consigliare…
Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
La domanda che mi faccio spesso è: perché scrivere? Pochissimi mi leggeranno. Un libro non è come un dipinto, immediatamente fruibile. La letteratura richiede tempo e concentrazione. E le parole oggi non hanno la forza, il peso specifico di un tempo. E se qualcuno decide di leggere qualcosa, non vedo perché dovrebbe scegliere proprio me, quando magari non conosce ancora Kafka o Dostoevskij. Sì, in effetti scrivere è assurdo. Ma il non-senso fa parte della vita. Non si può eluderlo ed è un bene, forse, che così sia.