La redazione del sito Recensione Libro.it intervista la scrittrice Angela Rosauro autrice del libro “Catàmmari catàmmari Nel fondo del pozzo”
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Catàmmari catàmmari Nel fondo del pozzo”, cosa diresti?
Beh in due righe è un po’ complicato. Forse il senso è proprio nelle parole che pronuncia la protagonista all’inizio del romanzo: “… è una storia mediocre, non si aspetti grandi cose né coerenza, non ci troverà niente di tutto questo. E men che mai i miti. I miti non esistono se non come aspirazione a essere. Invece siamo solo persone”. Cioè, ho provato a raccontare in controluce, tentare di leggere oltre l’immediato, “svelare” l’anima dell’eroe che rimane pur sempre umana: fragile, contraddittoria e talvolta opaca.
2. Da dove nasce l’ispirazione per raccontare una storia dai temi non semplici quali la mafia e la violenza?
Si tratta di tematiche a me molto vicine che provengono dalla lunga militanza in associazioni contro la violenza sulle donne e di testimonianza civile. In realtà “i fatti” narrati sono realmente accaduti ma ovviamente nella costruzione del romanzo hanno trovato nuova collocazione dispiegandosi funzionalmente lungo un asse narrativo inedito. Non sono tematiche semplici è vero, ma credo che oggi più che mai le donne sentano il bisogno di confrontarsi con esperienze e prospettive altre, che possano far crescere sempre più la consapevolezza di essere persona a prescindere dai ruoli o argini entro i quali si sentono costrette.
3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Che la forza per affrontare le difficoltà della vita, siano esse piccoli inciampi o grandi tragedie, ce la costruiamo da soli. La vita non ci chiede permesso, irrompe e non sempre dispensa dolcezze. Ma dentro di noi, nel profondo o meglio “nel fondo del pozzo” come suggerisce il titolo, abbiamo una energia vitale di cui spesso non ne conosciamo l’esistenza né immaginiamo la forza. Eppure esiste ed è la possibilità che è data all’uomo di reagire e “agire” sulla propria vita indipendentemente da quanto essa si presenti irta di difficoltà.
4. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Non lo so. In genere quando rileggo una mia opera o rivedo un mio dipinto mi sembra sempre che manchi qualcosa o che qualcosa al contrario sia di troppo. Credo di essere perseguitata dal senso d’incompiutezza, non posso fare a meno di guardare oltre, immaginare nuove strade, percorsi inediti, ulteriori possibilità. La forma compiuta sia essa sotto forma di romanzo o di poesia o di dipinto non riesce a colmare il senso d’inquietudine: quella raggiunta è piuttosto un equilibrio precario, transitorio, pronto alla prima occasione a essere rimesso in discussione. Unico rimedio è affidarla agli altri affinché se ne approprino conferendole una meno precaria oggettività.
Seconda parte intervista scrittrice Angela Rosauro
5. Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Catàmmari catàmmari Nel fondo del pozzo”, quali useresti?
Ruvido, intenso, nostalgico. Ruvido come una razza ispessita dalla fatica, come l’argine di difesa che ha costruito intorno a sé la protagonista per poter sopravvivere ma che di tanto in tanto lascia intravvedere un animo sensibile e tormentato;
intenso come lo sfondo di una terra bruciata dal sole, incrocio di mari e di venti che sembra alimentare il contrasto dei sentimenti che animano i personaggi: l’amore, la vendetta, l’odio si rincorrono senza tregua e senza sconti;
nostalgico come i ricordi che di tanto in tanto tornano a fare compagnia e donano nuova dolcezza alla realtà e a quella terra unica e aspra che respinge e lega indissolubilmente.
6. Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Perché è una bella storia che cresce capitolo dopo capitolo, diventa appassionante ma nello stesso tempo lascia il modo per riflettere su noi, sui modi, sulle scelte che ciascuno di noi affronta giorno per giorno.
7. Hai nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo romanzo? Puoi anticiparci qualcosa?
A giugno ho pubblicato “Il mondo è fatto a spigoli” Nonsolopoesie Edizioni che raccoglie un lavoro di qualche anno fa; si tratta di un libro “misto” dove la poesia si alterna alla prosa e alle immagini per creare un unicum espressivo di forte impatto emozionale. Inoltre è prevista la pubblicazione del mio secondo romanzo per il prossimo anno dal titolo “Il raglio del bardotto”. Anche in questo romanzo la figura femminile assume un ruolo centrale ma il focus è leggermente spostato sull’asse amore malato e uso strumentale della malattia mentale.
Terza parte intervista
8. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
Mah, non saprei. Forse “Quello che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina non tanto per una scrittura particolarmente coinvolgente quanto piuttosto per una visione poetica rispetto a una tematica così “difficile” trattata con grande delicatezza e umano sentire.
9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
No, non potrei. Ho dedicato una vita alla formazione delle nuove generazioni ripetendo quasi come un mantra “leggete, non importa cosa, ma leggete” non potrei sconsigliare in assoluto qualcosa. Con ciò non voglio dire che qualsiasi cosa si trovi sul mercato valga la pena di essere letta ma credo che ciascuno debba fare quest’esperienza in solitaria: solo leggendo di tutto incominci a comprendere le differenze, a fare delle scelte, a costruirti la tua propria identità.
10. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Non saprei… forse potrebbe essere la domanda, ma me l’hanno già fatta, circa il fatto di non aver cominciato prima a pubblicare e se con il tempo me ne sia pentita. E la risposta è sempre la stessa: a quel tempo, secondo i miei convincimenti, era la migliore decisione che avrei potuto prendere. Ora è cambiato il contesto, sono modificate nel tempo motivazioni e condizioni, giudicare ora quella stessa decisione non avrebbe senso. Oggi, questo è il nuovo, precario senso del mio vivere e del mio narrare.