La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Furio Detti autore del libro “Controcanzoniere”
Dovendo riassumere in poche righe il senso della tua raccolta di poesie “Controcanzoniere”, cosa diresti?
Ho pensato il libro quale omaggio a un maestro della Poesia, Umberto Saba, e alla sua città, Trieste. Riguardo Saba l’ho sempre considerato decisamente sottovalutato e soprattutto frainteso, tanto dalla critica quanto nella fortuna letteraria; oltretutto in favore di poeti assai meno sinceri e sin troppo cerebrali – ovviamente è il mio parere personale. Quanto a Trieste, ho voluto ricordare mia madre, profuga istriana, e la persona di mio nonno. Sono morti entrambi, tutta la famiglia del mio ramo materno è morta.
Quindi per me Controcanzoniere è la piccola rata di un debito d’amore inestinguibile e una sorta di memoria familiare consacrata al mondo degli antenati; a una realtà urbana sin troppo trasformata e tristemente lontana; e, infine, a un’appartenenza acerba e ormai mancata, o forse impossibile.
Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a raccontare di te, dei luoghi che ami e delle passioni che ti vibrano dentro?
Dai luoghi medesimi, certamente, e dall’occhio e dai sensi attraverso cui “faccio esperienza del mondo”. Avete detto giusto, però: finisco per amare più i luoghi e le pietre delle persone!
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Vorrei che ritrovassero, attraverso questo viaggio interiore, l’ispirazione per ripercorrere il loro personale pellegrinaggio nel passato e nel presente. Vorrei che essi stessi traessero consolazione e ispirazione dalla memoria, vorrei che ne cavassero fuori la sensazione che forse, ogni tanto, si è meno soli e che il mondo magari ci guarda con la stessa attenzione e cura con cui noi lo “sopportiamo e soffriamo”. C’è una tenerezza unica nelle pietre dei luoghi antichi vissuti da generazioni, vorrei che la cogliessero.
C’è qualche poesia che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Alcune, sì. Ma a dare retta alla fame di poesia, non si chiuderebbe mai un capitolo,
né si finirebbe mai un libro. Oltretutto sentivo che se ho rischiato, per inadeguatezza, ho rischiato di perdermi dovendo riassumere tramite un’antifrasi talvolta ironica qualcosa di monumentale e inesauribile come l’opera sabiana. Cosa che ho tentato di fare, lo ammetto, con tutta l‘imperizia e indegnità della mia statura confrontata al soggetto e alla materia. Però lo scrivere poesie è un cantiere sempre aperto, per me, oltre che occasione di temerarie e naturaliter donchisciottesche imprese.
Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Controcanzoniere”, quali useresti?
Non spetta a me. Sarebbe giusto che lo facessero i lettori. Sono curioso e avido come un bambino, a riguardo.
Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Nessun dovere di fronte ai libri, se non quello di ricordare e nonostante ciò essere felici. Due obiettivi contro cui il tempo e gli uomini cospirano con metodo. Le mie poesie vorrebbero essere di aiuto a farlo, forse potrebbero ispirare qualcuno a scrivere versi migliori. Questo io spero con tutta la forza. E se la fatica verrà ricordata un poco, sarà stata una bella avventura.
A quali scrittore o poeti ti ispiri per i tuoi libri?
Tutti quelli che sento appartenere a un’autentica tradizione di parola e che abbiano avuto un’esistenza non facile, dolorosa e solitaria, isolata, anche umanamente: Dante, Pascoli, Leopardi, e Pasolini. Sì, il Pasolini poeta e drammaturgo. Oltre a Saba. Questi i fari, fra gli italofoni. Fra gli stranieri: Pound, Rilke, Rimbaud, Kavafis, Esenin, Evtushenko e Yeats.
Louis-Ferdinand Céline, fra i romanzieri, primo assoluto!
Vivere con dolore per le proprie ambizioni è una delle porte per la Poesia, nonostante il “maledettismo” superficiale poi diffusosi. Sbaglierò, ma credo che la contemporaneità abbia prodotto, dopo lo stereotipo romantico del “poeta maledetto”, un sottoderivato persino più spaventoso e micidiale: quello del poeta-artista organico e coccolato dai media e dalla cultura elitaria ufficiale. L’intellettuale dall’esistenza facile, pieno di dolori e furori, ma tutti invariabilmente finti, fabbricati, costruiti, il quale deve tanto successo a una rendita iniziale di talento finita nel servilismo verso le manovre più luride dei poteri costituiti. Non faccio nomi, ma ne avrei… meglio restare coi giganti classici!
Quale libro che ti è piaciuto particolarmente consiglieresti?
Per la letteratura, due: l’Odissea e il Ciclo arturiano, opera quest’ultima che mi ha reso ciò che sono. Per la vita, direi: gli aforismi di Nietzsche e tutto Céline.
Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.
Ottima idea, grazie, che bello! “Perché si ama?” Perché l’amore è il dolore più necessario. Grazie e un abbraccio nel nome della Poesia.
Vorrei chiudere con una poesia inedita e speciale per la Redazione di Libro.it:
A un santo martire in Santa Croce a Casarsa
Io ti ingiurio, santo mio,
t’offendo,
è vero. E scambio
le tue lacrime
col cielo. Peggio però
delle verghe fiorite
di pelle, della carne
umida, rossa, strappata
(le vedo in mano ai barbari
ceffi legionari, o Turcs tal Friul –
tu nuovo Pier Paolo Cristo,
lo sai!)
e delle urla
calde di ostia seviziata
che hanno condito i ferri
del carnefice,
è la palma:
questa
che ti han messo
in mano
come alle marionette
dello spettacolo
in parrocchia.
Altrettanto
in apparenza
incolpevole, esso:
Legenda minor
semplice e fatta
per semplici,
come questo tuo premio
celeste, disegnato
a sinopia
in forma di corona
e voto.
È con la palma,
sai?
Non con le bestemmie,
che si ammutiscono
i santi.