Intervista scrittrice Roberta Russo Vizzino

Intervista autrice Roberta Russo Vizzino.
Roberta Russo Vizzino
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La redazione del sito Recensione Libro.it intervista la scrittrice Roberta Russo Vizzino autrice del libro “Di carne e parole”

Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Di carne e parole”, cosa diresti?

Direi che “Di carne e parole” è l’espressione del mio desiderio di impegno civile. Le tematiche che affronto sono quelle in cui credo, con ogni mia fibra. Sempre. Prima, durante e dopo la scrittura.

Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a scrivere questi racconti in cui le protagoniste vivono difficoltà che toccano la carne e l’anima?

Più che nell’ispirazione, credo nell’esercizio tenace. Nella necessità. Nella costanza. Il filo che lega tutti i racconti è un’esigenza di cura e libertà insieme.

In questo libro racconti storie che hai ascoltato in maniera diretta e vissuto in prima persona o ti sei rifatta a storie della vita?

In genere mischio suggestioni reali a molta invenzione. Cerco di avvicinare il fatto collettivo al fatto personale e scelgo tempi di narrazione recenti, come se la scena fosse ancora calda della presenza di quella gente. I personaggi non sono mai reali: hanno un pezzo di realtà. Come dire: un braccio, una gamba o un naso di realtà. Io che ci vivo insieme li sento reali. Attraverso e vivo con loro le esperienze usando la prima persona singolare, anche se quel fatto non mi è mai accaduto. Unica eccezione si trova nel racconto su Celestina, una ragazza mozambicana.

Io non so come ci si sente a ad avere la pelle nera con tutte le possibili implicazioni di ciò, nel nostro paese, oggi. La mia immaginazione non ci arriva. Per questo motivo, di lei parlo con la mediazione di un personaggio che porta il mio nome. Attraverso Roberta, conosciamo Celestina. Quest’ultima è stata creata con un’intervista di quattro ore a Lucia Joana Metazama – presidente delle donne mozambicane in Italia – che ha poi letto il testo in anteprima per segnalare eventuali inesattezze. In questo modo so che Celestina non esiste, ma potrebbe benissimo esistere e non è frutto di appropriazione culturale, bensì di sorellanza, dono e contaminazione tra popoli.

Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Se potessi davvero lasciare un segno profondo sarebbe questo: niente e nessuno vale quanto la libertà di scegliere.

C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

No, niente che volessi aggiungere alle storie. Sentivo di aver eviscerato tutto. La cosa che mi ha creato maggiore difficoltà sono stati i ringraziamenti. Ho tolto. Rimesso. Ritolto. I ringraziamenti, in questo libro, hanno una loro drammaturgia. C’era una riga – un nome – che tornava, anche respinto. Mi ero pentita di averlo escluso. L’unico uomo che ho amato oltre me stessa e che è morto a settembre di quest’anno. Non l’ho salutato, non ci parlavamo. Gabriele, il mio editor, è riuscito ad aggiungerlo all’ultimo secondo. Quindi, no. Non manca niente. Non manca nessuno.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Di carne e parole”, quali useresti?

Resistente. Terreno. Autentico.

Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Per riconoscersi adatte e adatti quando ci si è sempre sentite e sentiti fuori posto. Le persone sono fatte di sbagli: è per questo che si amano.

Quale libro hai letto quest’anno che ti ha maggiormente colpito e consiglieresti?

Tanti. Sempre tanti. Ho una biblioteca e un’antibiblioteca (per citare Nassim Taleb) che incombono tra i mobili di casa. Il libro che mi piacerebbe consigliare è “Donna si nasce (e qualche volta lo si diventa)” di Adriana Cavarero e Olivia Guaraldo. Il mio ultimo acquisto. Le riflessioni al suo interno sono attualissime, brillanti e – non scontato per la preparazione delle autrici – espresse in modo molto chiaro. Di particolare interesse i passaggi su GPA e neolingua.

Adesso è arrivato il momento di porti una domanda che nessuno ti ha mai fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere

Non mi chiedono mai direttamente come si coniuga un lavoro di sola immagine con uno di sola parola. Di base ci si aspetta che le modelle non parlino e le scrittrici non posino. Quando Alda Merini posò nuda per delle foto, gli scatti fecero molto clamore. Lei asserì che non fosse il nudo a destare scandalo, ma il nudo di un corpo imperfetto. Il mio è un corpo piuttosto conforme rispetto ai canoni di bellezza occidentali, eppure non sono estranea a questa scissione che va quotidianamente ricucita. Penso che il nodo stia da un’altra parte: il pregiudizio del poter scegliere di essere solo una cosa alla volta: o testa, o corpo. Per questo sono grata ad artiste e artisti che lavorando con me ascoltano le mie idee, rendendo le opere d’arte progetti comuni. E sono grata al corpo col quale faccio esperienza delle cose più viscide e incantevoli, per poterne scrivere. Questo è forse il senso più intimamente mio del titolo “Di carne e parole”: rivendicare anche la non-scelta come possibilità identitaria.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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