Di cosa parla “Le anime morte” di Nikolaj Vasil’evic Gogol
L’intenzione di Gogol ne “Le anime morte” era quella di scrivere un grande poema sulla Russia, seguendo il modello dantesco, diviso in tre libri, partendo cioè dagli aspetti negativi del popolo russo per arrivare alla salvezza interiore di quel popolo stesso, una vera e propria evoluzione dall’Inferno fino al Paradiso.
“Le anime morte” doveva essere solo la prima parte di questo progetto, quella in cui lo scrittore descriveva la dimensione morale, quella più bassa del paese. Il lavoro, però, rimase incompiuto e a noi resta solo questo romanzo, in cui viene messo in discussione il concetto d’immortalità dell’anima.
Pavel Ivanovič Čičikov, il protagonista del romanzo “Le anime morte”, arriva nel capoluogo del governatorato di N. con l’intenzione di acquistare con pochi rubli le “anime morte”.
Le anime morte erano i servi della gleba ormai deceduti tra un censimento e l’altro, e per i quali i proprietari dovevano continuare a pagare la tassa governativa fino al censimento successivo. L’obiettivo di Čičikov è quello di crearsi, sulla carta, un buon numero di servitori in modo da farsi assegnare delle terre, così come prevedeva la legge dell’epoca, e quindi arricchirsi.
La critica ha voluto ritrovare ne “Le anime morte” una sorta di denuncia sociale e non ciò che probabilmente realmente vuole essere: un quadro della Russia devastata, zoppicante, popolata di personaggi spesso patetici. In ogni caso, da qualunque angolazione si voglia guardare questo romanzo, sicuramente bisogna evidenziare che questa è un’opera di rottura nella letteratura russa, che fino a quel momento sembrava non accorgersi della realtà dei fatti.
Un libro bellissimo, scritto in modo esemplare, capace di proiettarti nella Russia di allora, denuncia la corruzione che vive anche ai tempi nostri, la bassezza dell’umanità ed il poco valore che viene dato alla vita altrui, per non parlare della morte altrui.