Di cosa parla “Storie di uomini in crisi” di Fabrizio Cugia di Sant’Orsola
“Storie di uomini in crisi” di Fabrizio Cugia di Sant’Orsola è un libro complesso, ma allo stesso tempo scorrevole per il suo linguaggio ricercato e poetico, che cattura l’attenzione dalle prime pagine, quando si va alla ricerca del significato di pensieri che si trasformano in parole e parole che si trasformano in fatti.
Una delle voci narranti di “Storie di uomini in crisi” si pone domande su se stesso e sull’origine di una storia, che potrebbe anche essere frutto dell’immaginazione. Il dubbio s’insinua il lui che non sa se quei fatti misteriosi sono sufficienti a far capire di essere stati oppure no.
Ed ecco che si presenta la prima crisi, attraverso gli anfratti, il vento, il risparmio di consumi inutili, una crisi che nessuno riusce a vedere, ma si sente in maniera indiscussa, con tutto il suo peso ad adombrare ogni angolo.
Le storie si snodano in tempi diversi (dal passato napoleonico fino al futuro d’una New York irriconoscibile in stile Metropolis, abitata da popolazioni prive di censo e che abitano il Fondale, l’antico lastricato cittadino…), accomunate dalla presenza d’una crisi, intesa come strappo da ogni logica fino ad allora conosciuta.
Già dal setting temporale, è come se l’autore intendesse scardinare ogni riferimento possibile nel lettore, proiettandolo come una biglia di flipper dentro di sé, negli angoli più remoti del suo onirico, nella swinging London beatlesiana fino al Monte Circeo infestato dagli incantesimi della Maga Circe, dall’Olanda dei dipinti di Van Gogh fino all’Italia truce degli anni di piombo.
La crisi non è che uno specchio, pare dirci Cugia, né più né meno come lo stagno lo è per Narciso. Sta all’uomo volersi infatuare di sé, oppure alzare lo sguardo e fissare il resto del creato attorno.
‘L’hai visto quell’uomo?’ chiede a un certo punto un padre al ragazzo tredicenne, l’io narrante d’una delle storie, il Giorno che non arrivò mai. In quel momento i due personaggi stanno osservando un vecchio che s’aggira sul loro fondo con un bastone da rabdomante, uscito da qualche anfratto del passato. Il vecchio cerca la sua fonte d’acqua, che infatti non trova, perché la terra nel mentre s’è spostata…
Il libro arriva come un pugno allo stomaco. Come un lancio col paracadute fatto di notte, proietta il lettore nell’inevitabile, nell’esperienza borderline col proprio io nascosto. Viene in mente Pellegrinaggio in Oriente di Hesse, a tratti. O perché no, il Giovane Holden di Salinger.
Fabrizio Cugia di Sant’Orsola nel suo romanzo “Storie di uomini in crisi” ci pone dinanzi a uomini autentici, che devono fare i conti con il loro passato, individui la cui esistenza è segnata da ciò che li circonda e ciò che gli vibra dentro.
“Storie di uomini in crisi” è un libro pieno di messaggi da cogliere e che fa porre domande al lettore che vuole comprendere quali sia la sua frontiera reale. L’io narrante, che si snoda in tanti personaggi, non siamo che noi stessi, in fondo.
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