Di cosa parla “I Buddenbrook” di Thomas Mann
“I Buddenbrook” di Thomas Mann si fanno specchio di una generazione che vive la propria fatale, inevitabile decadenza attraverso il tempo; ed è proprio questo mostro invisibile a rivelarsi come effettivo protagonista del romanzo.
In quest’ultimo convergono gli aspetti più particolareggiati e veraci di un’epoca che vive (o subisce) il cambiamento necessario che si registra durante il passaggio da un secolo a un altro: l’esaurimento dell’800 con i suoi vecchi valori, la rivoluzione fomentata del 1848, la ribellione naufragata contro il trancio di borghesia ancorata ai propri privilegi…
I Buddenbrook vivono e raccontano tutto questo, nonostante le circostanze storiche si facciano da contorno a quella che è, poi, effettivamente, la storia di una famiglia con i suoi membri e il suo ricambio generazionale dettato dal tempo che scorre, mentre le parole di Thomas Mann vengono ingoiate da lettori che si farciscono, così, di un pezzo immortale di storia.
Dal capostipite del ceppo familiare, con la sua famigerata rettitudine e operosità nell’aver fondato la ditta di commercio che infatti porta il cognome della famiglia, fino all’ultimo erede maschio, un adolescente insicuro e che si pone come obiettivo della propria vita quello di trovare un RIMEDIO alla sua esistenza.
Dal sorriso florido della vita fino all’assottigliarsi di quest’ultimo, questo è l’itinerario che Thomas Mann segue e disegna, facendo muovere personaggi variopinti e descrivendoli in maniera magistrale, sia nel tormento psicologico sia nell’aspetto puramente esteriore e fisico.
Ne “I Buddenbrook” si trovano personaggi che desiderano ossessivamente obbedire ai parametri dell’epoca, alle aspettative dell’esteriorità e che agiscono soltanto nei riguardi del buon nome della famiglia, oppure altri che vorrebbero soltanto disperatamente essere felici ma non sanno davvero come fare, allora sono semplicemente loro stessi.
Recensione scritta da Viviana Veneruso