Trama, recensione e commento libro Il codice dei Cavalieri di Cristo
Carmelo Nicolosi De Luca si conferma sempre più il Dan Brown italiano, dominando un genere affascinante, in un thriller uscito a marzo, Il codice dei cavalieri di Cristo.
Il libro è stato pubblicato dalle edizioni romane Newton Compton, in uno dei loro solidi volumi a prezzo politico (384 pagine, 12 euro nel formato con copertina rigida, 4.99 nella versione eBook).
Eredità misteriche dei templari, linguaggi segreti, dottrine cristologiche devianti, un esoterista inglese, un’abazia non cristiana, riti di sangue: “Il mondo non è come appare, c’è molto al di là del visibile”.
Il giornalista siciliano (catanese di origine, lavora a Palermo), appassiona ancora i lettori e ne conquisterà certamente altri con questo sequel indipendente del primo romanzo, La congiura dei monaci maledetti (Newton Compton, 2017).
Lì una misteriosa setta che perseguiva scopi occulti senza badare a spargimenti di sangue e cadaveri, qui la “milizia povera” dei Cavalieri di Cristo, la congregazione monastico-cavalleresca che in Portogallo nel 1319 assunse l’eredità religiosa e morale del disciolto Ordine del Tempio, incamerandone tutti i beni.
Con un atto d’ingegno, re Dionigi mise di fronte al fatto compiuto papa Giovanni XXII, che voleva acquisire il patrimonio dei templari, condannati per eresia dopo le accuse del sovrano francese Filippo il Bello.
Due libri a confronto
Se nel primo romanzo il ruolo di personaggio guida di una narrazione eccitante e ben in condotta era assolto dal giovane cronista Sergio Nato (promosso e trasferito a Milano, per il contributo offerto alla soluzione del caso), nel nuovo, Il codice dei Cavalieri di Cristo, cresce il ruolo del vice questore Giovanni Barraco, 42 anni, capo della Mobile palermitana. Un gran bravo funzionario, che segue il suo istinto e fa bene.
E se la componente rosa di un cocktail narrativo sapientemente strutturato era affidata alla soprintendente Laura Novelli, volata al Nord col giornalista in ascesa, ora l’aggettivo bella va per prima alla statuaria Barbara Alessandri, sostituto procuratore a Palermo. Bionda ma con gli occhi neri, arriva dal continente, gambe lunghe e stomaco di ferro dal momento che la conosciamo sul luogo del ritrovamento di un cadavere in condizioni che hanno rivoltato lo stomaco a più di un poliziotto.
Diciamo ch’è un morto che poteva farsi ammazzare in un posto più comodo della grotta in alto sul monte Pellegrino, raggiungibile solo percorrendo un sentiero impervio, trasformato in un pantano da un diluvio notturno. Un paio di scarpe da buttare per Barraco, che non si aspettava di dover scalare la montagna con un tempo che avrebbe scoraggiato anche i lupi.
Di sicuro, l’assassino o gli assassini hanno voluto far ritrovare la vittima, visto che giace a un passo dall’abisso in accessibile della Pietra Selvaggia, dove i resti sarebbero spariti per sempre. Ha la gola tagliata, la camicia strappata, profonde incisioni sul petto. Gli occhi sono spalancati e la bocca aperta stringe un topo tra le labbra. Morto da parecchio tempo, il roditore. Da non oltre tre ore l’uomo. Ai piedi, scarponcini svizzeri.
Che significa quel topo? E i tagli? Non ci si possono aspettare risposte da chi ha rivenuto l’ucciso. Si presenta come Julian Brunner, archeologo e speleologo in visita all’antro tanto particolare. Arrivandovi, vi ha rinvenuto l’uomo riverso. Dichiara di insegnare geoscienze all’Università di Losanna, parla bene l’italiano, la mamma è del Canton Ticino, ma dimostra di non conoscere a fondo la nostra organizzazione amministrativa.
Barraco lo squadra con interesse, lo interroga con mestiere, senza fargli avvertire pressione. Risulta pulito, come la stanza dell’hotel che poche ore dopo lascia in tutta fretta. Effettivamente, un Julian Brunner insegna a Losanna, anzi insegnava, l’hanno trovato morto quella mattina stessa. Una malformazione cardiaca.
Seconda parte trama libro
Saltiamo a Lisbona, monastero Dos Jeronimos. Lo stesso sedicente Julian di prima è ora un giovane frate, affranto nel riferire al superiore che padre Manuel è stato sgozzato, il petto inciso con strani segni. E Gabriel è sparito.
Hanno fallito, si sono dimostrati deboli, il giovane si rammarica di non essersi comportato da uomo di dio.
Anche la polizia palermitana ha motivi di confusione: quel caso è un mistero e, in aggiunta, sulla spiaggia di Cefalù sono stati trovati i cadaveri di un uomo e una donna. Indossano tuniche viola, con una stella argento ricamata sul petto e incisioni profonde sul torace.
A Cefalù, l’esoterista inglese Crowley ha fondato un monastero non cristiano, dove uomini e donne iniziati praticano il culto oscuro di Thelema. Gabriel, quel Gabriel, vi si reca, incontra, chiede. Si parla di logge inglesi, di virtù dell’obbedienza e di regole del Maestro. Si consumano sacrifici animali, con
sangue che cola su corpi nudi.
Anche Barracco raggiunge Lisbona, per lavorare con la polizia locale e sulle scene del romanzo entrano i discendenti diretti dei templari. In quale ruolo, se antagonisti o protagonisti, buoni o cattivi, è tutto da apprendere.
Quanto alla dimensione esoterica, l’uomo è confinato entro certi limiti ma può superarli, entrando in un mondo diverso, della magia, della sapienza. Andando verso il bene o il male? La chiave è nei numeri.
Recensione libro di Massimo Valenti