Di cosa parla “Il rumore delle perle di legno” di Antonia Arslan
Nell’ultimo libro “Il rumore delle perle di legno” di Antonia Arslan sul genocidio armeno si mescolano i ricordi d’infanzia di una bambina italo-armena a quelli più remoti di suo nonno Yerwant e sua zia Henriette. Le storie raccontante dovrebbero far parte del vissuto dell’autrice, ma a volte sfiorano l’inverosimile.
Storie di una bambina vivace e dispettosa, solo se necessario, che riesce a mettersi in tasca il nonno materno (Carlo) ed è l’unica a riuscire a creare un contatto con il patriarca, il nonno paterno (Yerwant) dagli oscuri ricordi, che la bambina lascia volutamente in un dimenticatoio. Finché non riaffioreranno in una danza smirniota, e i ricordi faranno parlare il suo cuore di cantastorie.
Ma è anche il racconto dei continui sotterfugi di una bambina primogenita che gelosa dei suoi fratelli, che cerca di attirare l’attenzione della mamma che ai suoi occhi non sarà mai “sufficientemente” presente.
Di una pre-adolescente che scopre il fascino dei libri, lasciandola in disparte dalle compagne ochette.
A mio parere il lettore è meno coinvolto in questo romanzo forse perché meno commovente dei primi due “La masseria delle allodole” e “La strada di Smirne”.
Nonostante a tratti ironico, in alcuni punti “Il rumore delle perle di legno” diventa banale, quasi noioso. Le storie accennate sembrano fungere da decoro, come se tutto ruotasse attorno al classico rapporto conflittuale madre-figlia. Un voler equilibrare le due identità: quella italiana predominante e quella armena offuscata da un pesante velo di malinconia.
“Il rumore delle perle di legno”: ambientato dal febbraio 1945 ai giorni nostri, pubblicato nel 2015 da Rizzoli 180 pagine.
Recensione scritta da Paola Maddaluno