1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
Sono persona abbastanza timida, discreta. Il mio stato d’ansia è la mia ombra e devo dire che mi tiene molta compagnia. Adoro, quasi fosse una missione, essere utile al prossimo, essere generoso dove posso. Detesto la monotonia della vita, degli orari, delle azioni meccaniche che ogni giorno ci obbligano a re-stare dentro ad un Sistema che è stato progettato prima che noi nascessimo; ovvero, noi, non abbiamo libertà né opportunità di modificarlo in virtù delle nostre esigenze. Detesto non poter disporre della Libertà di cambiare la vita se/quando/dove è necessario/doveroso. E’ come custodire un Gabbiano dentro una voliera cubica con il lato di 50 metri.
Mi piace scrivere, mi dedico alla fotografia, al Tango argentino; suono il pianoforte, compongo, arrangio, eseguo, ma non so leggere né scrivere il linguaggio musicale.
Mi piace il rischio, mi piace intraprendere una iniziativa uguale e contraria a quella che suggerirebbe il mio carattere; è come una sfida, sebbene intanto la produzione dell’ansia potrebbe tradursi in corrente alla casa, ma questo per me è lo spunto per ottenere consensi. Una persona come me, che ha sofferto e soffre ancora molto, ha bisogno di queste sollecitazioni emotive positive. Riuscendo a compiere d’istinto qualcosa di “insospettabile” e di positivo, mi fa vivere di rendita per alcuni mesi. Adoro la Luna, dedicarle mie poesie. Adoro Audrey Hepburn.
2. Dovendo riassumere in poche righe la trama dell’opera “Non è colpa mia” cosa diresti?
“Il Terremoto distrugge il corpo, la Depressione distrugge l’anima. Questo libro racconta la mia Ricostruzione”. Credo sia la didascalia più appropriata, più breve ed efficace per identificare il libro.
3. Quale sentimento ti ha spinto a scrivere questa storia?
Durante il mese di novembre del 2011 ho avvertito la limpida sensazione di dover raccogliere in qualche modo il mio percorso analitico; era proprio un “volume mentale” che sembrava chiedesse spazio, sfogo e subito sono riuscito a tradurre questa richiesta come una forma di scrittura. Un’idea in genere mi viene d’istinto, colgo l’attimo e la realizzo; iniziai a scrivere pensando al pomeriggio del 6 maggio 1976 come se in effetti la mia vita non fosse più trascorsa da quel momento. La scrittura, come edificio fatiscente, crollò ad effetto domino tanto in breve tempo, quanto in un modo efficace. Dopo pochi giorni ho capito che avrei potuto realizzare un libro. Dopo tre mesi era finito.
4. Cosa vorresti che il lettore cogliesse entrando in contatto con le parole del tuo libro?
Il mio grande desiderio è poter permettere al lettore di comprendere in un modo più profondo, reale, non presunto, la dinamica della Patologia depressiva che io, tengo sempre bene a precisarlo, ho de-scritto in qualità di paziente. Ritengo che solo colui che vive sulla sua pelle la Depressione, possa riuscire poi a trasmetterla affinché sia compresa davvero; soprattutto da coloro i quali si ostinano, con perseverante presunzione, a “fiocinare” sentenze lesive, improprie, presunte, diffamatorie contro il Malato. Desidero tanto, altresì, che il lettore possa cogliere l’aspetto piuttosto comune fra i depressi ovvero la presa d’atto di un proprio talento da poter esercitare, da esprimere al prossimo, affinché la propria Depressione possa essere convertita in positivo e come volano per condurre una vita un po’ più serena.
Infine vorrei tanto che il lettore prendesse possesso del fatto che la sua facoltà dell’uso della parola, che la Natura ci ha concesso, non dovrebbe essere intesa come un’azione negativa, che spesso porta a preferire il silenzio, bensì quella propositiva che conduce a risolvere un problema. Mi permetto: “Quando una persona non chiede, allora non comprende; quindi non impara; quindi non esercita; quindi non sbaglia e quindi non cresce”.
Mi piacerebbe tanto che questa didascalia giungesse agli Adolescenti e rispettive Famiglie.
5. Che cosa è cambiato nella tua vita dal giorno del terremoto in Friuli del 1976?
Purtroppo è cambiato tutto in peggio. Nel 1976 avevo 14 anni ma ne dimostravo 10. Una educazione rigida, severa, già negli anni precedenti al Sisma, mi aveva prodotto una crescita difficile, costipata, sempre associata al timore di sbagliare per evitare di ricevere rimproveri o botte. L’avvento del Terremoto, oltre che aver prodotto un terrore alieno, ha lasciato un Trauma che però non ho potuto riconoscere come tale, non è mai stato in qualche modo preventivato dagli Adulti. Aver adottato il Trauma, a mia insaputa, mi ha bloccato la crescita fisica, sessuale, caratteriale e questo ha influito in modo disastroso sulla presa di coscienza della propria autostima e sui rapporti con le coetanee che io, intanto, vedevo crescere. Ho vissuto in questo stato fino al 1994 ovvero per 18 anni ho accettato, per sfinimento, che io fossi “fatto così” per natura o lontana coincidenza ereditaria.
6. Quali sono le domande che solitamente le persone che leggono “Non è colpa mia” ti pongono?
Le domande sono abbastanza comuni nei vari contesti in cui io ho il privilegio di poter presentare il libro. “Ti è servito scrivere un libro su questo problema?”, “Il libro lo hai scritto per te oppure avevi intenzione fosse utile al prossimo?”, “Si può guarire da una Depressione così complessa e prolungata?”, “Che cos’è, per te, l’Imponderabile?” (il titolo del primo capitolo), “La Sensibilità ha un ruolo nella persona depressa?” .
7. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Non è proprio un Romanzo… “Godel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante” di Douglas Hofstadter. Può risultare il classico “Mattone” ma credo che ogni individuo, a prescindere dalla sua cultura, possa riuscire a cogliere una sua predisposizione all’arte, musica, pittura, comunque una forma di creatività riconducibile ad un suo talento, forse anche inconsapevole. Grazie a questo Libro io ho potuto scoprire la mia predisposizione a scrivere Acrostici (Depressione: Devi Esistere Per Resistere E Sopportare Sempre Intensamente Ogni Normale Esperienza) ma su tutto il contenuto mi ha affascinato l’uso dei dialoghi fra Achille e la Tartaruga, scritti in forma semplice e quindi di larga comprensione, per spiegare un concetto molto difficile. Ovvero la semplicità deve essere lo strumento da esercitare affinché la Conoscenza diventi possesso comune e non selettivo. Nel mio piccolo ci ho provato anch’io nel mio libro.
8. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Un libro di cucina che solitamente è “scritto” da un personaggio televisivo e che con la sua ostentazione pubblica riesce poi ad occupare gli spazi più preziosi di una Libreria o di un centro commerciale. Tuttavia, a mio avviso, l’elenco sarebbe lungo…
9. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
“Perché non riesci ad innamorati?” .
Se nella mia vita ci fosse anche l’Amore, proprio in qualità di Sentimento, sono sicuro che sarebbe migliore. Troppi fattori negativi, tutti concentrati nello stesso periodo, nel contesto di una Catastrofe, vissuta nell’età in cui io avrei potuto anche già aver superato la fase della pubertà, hanno contribuito a “resettare” la mia vita. La apparenza, rivelatasi tale, di un Matrimonio realizzato attraverso canoni imposti, guidati, tuttavia mai intrapresi attraverso iniziativa propria, mi ha dimostrato come io stessi vivendo una vita condotta come “Quella che i genitori avrebbero voluto che fosse”. Non era la mia vita, non era la vita che avrei voluto vivere io, che avrei voluto fosse il frutto di decisioni mie, di errori miei di cui mi sarei attribuito le responsabilità.
“Quale sarà il tema del prossimo libro?”.
Devo riuscire a scrivere bene, come un romanzo ma inserendo anche spiegazioni opportune, – perché – non so amare. Qualcun altro forse potrebbe riconoscersi e forse capire meglio sé stesso.
“Perché non riesci a guarire dalla Depressione?” .
Sebbene sia una domanda ovvia, forse banale, in realtà è quella che non mi viene mai posta.
L’approccio che si manifesta in modo piuttosto comune verso il paziente, porta le persone ad impostare la discussione basata come se stessero elargendo già delle – risposte – che loro usano come se in realtà stessero – anche – risolvendo il caso; la consapevolezza presunta di una esperienza che sembra essere acquisita presso la Facoltà di Psicologia; la preoccupante tranquillità che si legge nei loro visi, mentre pontificano, è aberrante e lascia intendere al paziente una risposta soltanto: la gente non sa ragionare e non vuole imparare su ciò che – non sa – . Non c’è persona come un paziente, assieme al suo Medico, che possa spiegare meglio quali e quante potrebbero essere le variabili, da suscitare domande, se e solo se, nelle persone ci fosse più consapevolezza ed Umiltà che un Male altrui, latente ed invisibile come la Depressione, è comunque superficiale perché non è il proprio.
Non riesco a guarire in modo definitivo perché per troppo tempo la mia Depressione è stata Maggiore, Cronica, associata ad attacchi di panico.
Però mi sto togliendo tanti sassolini dalle scarpe; quasi ghiaia…
Grazie per la Vostra cortese attenzione.