1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
1. Sono una trentenne della provincia friulana, laureata in Scienze politiche, attualmente lavoro in un supermercato e sono impegnata nelle attività sociopolitiche del mio territorio. In questi anni mi sono barcamenata tra lavoretti, stage e corsi di ogni tipo; inizialmente con l’animo pesante, ma poi inquadrando il tutto in una piacevole e appagante crescita personale.
Mi piace definirmi una libera pensatrice: mi piace dire quello che penso e spesso lo faccio senza filtri, anche per questo adoro scrivere, perché mi costringe ad elaborare con calma i pensieri e a dar loro nuova forma e nuova vita.
2. Dovendo riassumere in poche righe il senso della favola “Una goccia evaporata dal bianco cielo del Nord” cosa diresti?
Ricerca. Ricerca è la parola chiave di questo libro ed un po’ della vita di ognuno di noi.
Ho voluto esprimere in questo libro la paura e al contempo la curiosità di scoprirsi veramente, lavandosi via dalla pelle la sporcizia di una società bacchettona ma priva di umanità e l’ansia di una crisi economica che non lascia possibilità di scelta.
I protagonisti, oltre ad essere due individui con le complicazioni di menti sempre accese, sono anche specchi in cui la nostra società può essere riflessa.
3. Riferendoti alla necessità di appagamento che molti giovani non riescono a soddisfare racconti la storia di Alice. Quanto c’è di tuo in questo libro? Il romanzo ha qualcosa che lo rende in parte autobiografico?
Per questo libro ho preso le esperienze che ho raccolto in questi anni e le ho buttate in una specie di frullatore mentale. Di autobiografico, in tutta onestà c’è poco, quasi nulla.
I personaggi sono di pura fantasia, anche se prendono forma e ispirazione da ciò che ogni giorno osservo.
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il tuo libro?
Quello che mi premeva scrivendo il romanzo era semplicemente raccontare una storia. Una storia tra tante, uno spaccato di due vite, non per forza rappresentative. Vorrei quindi che il lettore si immergesse nelle parole, respirasse l’atmosfera del romanzo senza cercare un senso ulteriore e che ognuno ci trovasse un senso proprio, come si fa con una canzone.
E proprio come succede con la musica vorrei che si seguisse l’onda, senza pensare troppo al significato, e una volta fatto questo il senso più profondo emergerà e per me questo è la difficoltà che la vita ci pone ogni giorno, ma anche la bellezza che vi si infila prepotente.
5. Cosa bisogna fare per non accontentarsi, trovare la soddisfazione e l’appagamento evitando di vivere il proprio tempo a metà?
Non ho una risposta a questo, credo soltanto che sia importante seguire quella vocina interiore, quella che sappiamo dire sempre quello che è meglio per noi e che noi troppo spesso non ascoltiamo. Ma non è facile, c’è troppo rumore di fondo.
6. Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai scrivendo un altro libro, oppure ti stai dedicando alla promozione del libro “Una goccia evaporata dal bianco cielo del Nord”?
Attualmente ho poco tempo a disposizione anche se un’idea per un altro libro c’è.
7. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Forse citarne uno solo è restrittivo, sicuramente influente, forse più di ogni altro, è stato “Cime tempestose” di Emily Brontë: un romanzo travolgente, dall’essenza complicata eppure così vero. Sì, direi questo.
8. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Ognuno è libero di leggere quello che vuole; ognuno di noi è travolto da emozioni diverse, ha un vissuto unico. Detto questo, non consiglierei mai i romanzi sullo stile di “Cinquanta sfumature di…”, ma è puro gusto personale.
9. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
“Perché scrivi?”, una domanda banale che però nessuno mi ha mai fatto.
Scrivo perché la realtà è troppo piccola per contenere tutto quello che mi circonda e allora ho bisogno di far germogliare tutti i semi che raccolgo, farli crescere in altre realtà. Scrivo perché voglio dare a quello che esiste solo potenzialmente la possibilità di esistere “concretamente”, anche solo sulla carta.