La scrittrice Daniela di Benedetto intervistata dalla redazione del sito Recensione Libro
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro Il tabù della carne cosa diresti?
Direi che vuole descrivere lo sfascio della società italiana, multietnica, desolata, in crisi economica, priva di valori, in cui anche le classi più agiate hanno perso ogni illusione di felicità, ma per questa denuncia ho usato la storia di un amore impossibile fra una borghese italiana frustrata e il suo cuoco indiano, che si sente strappato dalle sue tradizioni, mentre è amato invano dalla domestica tunisina, ex prostituta considerata da lui una “paria”.
2. Da dove nasce l’ispirazione per questo romanzo che parla incontri di culture differenti?
La genesi è lunga, l’idea ebbe origine nel 1990 e poi il romanzo ha avuto quattro stesure. Nacque perché nel villino accanto al mio un domestico indù chiese alla padrona di casa il permesso di far venire dall’India la sua promessa sposa. Arrivò la ragazza, scoprì che lui era un cameriere e si rifiutò di averci a che fare perché il mestiere non era adatto alla sua casta. La cosa mi incuriosì talmente che mi volli documentare sulle usanze indiane.
3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Vorrei far capire che la cosa più terribile del mondo non è la morte: esiste la tragedia di chi resta vivo e infelice, come i miei personaggi. La vita è una lotta da cui usciamo tutti sconfitti.
4. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Non aggiungerei alcun capitolo ma mi sarebbe piaciuto approfondire la questione della religione indù. E’ di una complessità tale che la si potrebbe comprendere pienamente solo vivendo in India. E purtroppo io non ci sono mai stata.
5. Se Daniela Di Benedetto dovesse utilizzare tre aggettivi per definire Il tabù della carne, quali userebbe?
E’ passionale, struggente e spietato.
6. Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Perché è scritto come una sceneggiatura cinematografica, azione e dialogo, senza parti superflue, e riesce a provocare emozioni. L’e-book è stato venduto col passaparola dei lettori senza che io mi sia mossa.
7. Hai nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo romanzo? Puoi anticiparci qualcosa?
Sì. A dicembre uscirà il mio ventesimo libro intitolato Preludio alla follia. (Pietro Vittorietti Edizioni). Vi si descrive il passaggio graduale dalla depressione al raptus, ma per non annoiare il lettore ne ho fatto un thriller in cui si aspetta il colpo di scena da un momento all’altro. Anche questo è un argomento attualissimo.
8. Qual è il libro che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
Io non leggo i libri nello stesso ordine in cui escono in libreria e ultimamente ho letto testi degli anni Trenta, ma ho un buon ricordo di quello uscito a giugno, Punizione di Elizabeth George. E’ strutturato in modo abile e i personaggi sono praticamente “ vivi”. I primi libri della George sono ancora più belli.
9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Detesto i romanzi in cui il dramma assume una dimensione minimalista e non riesce ad accoltellare il cuore del lettore perché mancano le tinte forti. Un esempio potrebbe essere La solitudine dei numeri primi.
10. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
D’accordo. Se qualcuno mi chiedesse perché il mio stile è così diverso da quello degli altri autori italiani, risponderei: perché ho imparato dagli americani. A dodici anni leggevo Steinbeck, Hemingway, Faulkner, Irwin Shaw, ora leggo gli americani moderni, almeno 60 romanzi all’anno.