Recensione Libro.it intervista Elga Battaglini autrice del libro “Il canto della terra”

Intervista alla scrittrice Elga Battaglini.
Helga Battaglini
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1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.

Mica facile parlare di sé. Diciamo che il mio approccio alla scrittura ricalca un po’ quello alla vita… Curioso, aperto a tutte le esperienze, soprattutto quelle artistiche e sempre abbastanza contro. Può bastare?

2. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro “Il canto della terra” cosa diresti?

E’ la risposta ad una serie di interrogativi sul mondo attuale, il frutto di una lunga riflessione sul secolo scorso. La parabola del ‘900, con le sue fedi, le sue ideologie, le sue contrapposizioni, i suoi innegabili progressi è l’insieme che ha generato il nostro presente, eppure pare che abbiamo dimenticato tutto. Negli anni che stiamo vivendo c’è la tendenza a rinnegare ciò che appartiene al passato in nome di un futuro che pare non avere radici.

Questo nonostante gli aspetti materiali della nostra vita, le nostre categorie mentali, la scienza e la tecnologia di cui ci avvaliamo, le nostre contrapposizioni politiche, affondino le loro radici proprio nel secolo scorso… Dobbiamo riprendere in mano tutto ciò che è stato, rivalutare il tutto e solo allora, solo dopo aver salvato le cose buone, scartare quello che c’era sbagliato. Altrimenti gettiamo il bambino assieme all’acqua del bagnetto e questo fa molto comodo ai potenti e ai signori della guerra che prosperano sull’ignoranza…
Personalmente, ne “Il canto della Terra” ho salvato due cose: la Conoscenza e la Musica.

3. Nel tuo romanzo racconti una storia d’amore vissuta in un paese di campagna durante l’occupazione nazista. Quanto credi sia stato importante il valore dei sentimenti per affrontare il dramma del Novecento?

Credo che i sentimenti siano importanti in ogni epoca e in ogni congiuntura storica. L’amore è la pulsione dell’essere umano alla continuità della vita, alla sopravvivenza della specie. E’ più forte della guerra, delle calamità naturali, delle epidemie. Anzi, oserei dire che proprio in quei frangenti drammatici la spinta a riaffermare la supremazia dei sentimenti si fa più forte, più necessaria, perché si avverte il bisogno di riaffermare la vita stessa. Ma c’è di più: in un regime totalitario, l’amore, gli affetti, l’amicizia, acquistano una portata rivoluzionaria, perché possono diventare motivo di disobbedienza.

Tutti i totalitarismi del ‘900 nessuno escluso, hanno tentato di minimizzare, di relegare in ambiti sempre più ristretti l’affettività umana, negandone l’importanza, sostituendo agli affetti “naturali” quelli “di regime”, proprio per questo motivo. Ne “Il canto della Terra” c’è una pagina durante la quale un fascista si rifiuta di assistere alla fucilazione di un prete e si scusa, motivando il suo rifiuto con i ricordi personali: quel prete, dice, l’ha sposato, ha battezzato i suoi figli.

Per quanto l’esecuzione sia “doverosa”, non se la sente proprio. Questo provoca nell’ufficiale tedesco l’ironico commento “Italiani sentimentali… tutti figli del melodramma.” E, poche pagine più avanti, lo stesso personaggio, riflette sulle azioni dei tedeschi: Certo, per i tedeschi, doveva essere tutto più facile. Non erano cresciuti assieme alle proprie vittime, loro. Non ne sapevano la storia, per loro erano solo nomi, definizioni. Partigiano, bandito, comunista, ebreo: nemici. È più facile se non hai mai giocato con loro. Se non li hai visti bambini. Ti ordinano di fucilarli, di gassarli, di torturarli a morte e tu esegui, tutto qui. Nessuna esitazione, nessun ripensamento. E’ uno dei passaggi ai quali sono più affezionata.

Mi ha sempre colpito una frase letta in un libro che sta purtroppo tornando di attualità, il famosissimo “Lettera a una professoressa” dei ragazzi di Don Lorenzo Milani. Uno di loro, (la guerra era finita da poco più di un decennio) commentando l’importanza di fare esperienze di lavoro-studio all’estero, diceva pressappoco queste parole. “Se io vivo un periodo in un paese straniero e mi faccio là degli amici, sarà ben difficile che qualcuno riesca a convincermi a sparar loro, a tirar bombe sulle loro case.” Insomma amore, amicizia, sono deterrenti fortissimi contro la guerra specie se abbinati all’intelligenza…

4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?

Nel libro si fa accenno ad alcune delle scoperte scientifiche più importanti del ventesimo secolo. Non solo la manipolazione del nucleo dell’atomo, ma anche i fertilizzanti chimici, gli anticrittogamici…verso la fine è menzionata la penicillina, portata di fresco dagli americani. Ecco, l’impressione è che oggi quelle innovazioni ci stiano drammaticamente presentando il conto. Senza arrivare a parlare di uranio impoverito, fosgene e altre armi non convenzionali, anche l’uso per scopi civili delle scoperte del ‘900 ha purtroppo generato disastri ambientali, nuove malattie…

Perfino l’uso degli antibiotici ha un rovescio della medaglia, oggi abbiamo dei germi quasi invincibili! Quando mettevo su carta (anzi su tastiera) i dubbi sull’eticità della scienza del mio protagonista, erano i giorni dell’incidente alla centrale nucleare in Giappone e quei dubbi erano i miei. Alla luce di fatti come quello, si è tentati di negare ricerca e innovazione per rifugiarsi in un nuovo oscurantismo di dubbia natura…Credo invece che da tutto ciò si esca solo intensificando ricerca e innovazione, non riducendole. I danni provocati dal non aver saputo gestire i frutti della conoscenza, non si curano certo con l’ignoranza! La scelta finale del mio protagonista è quindi una mia personale professione di fede…

5. Nel romanzo il prete del paese, mettendo in pericolo se stesso, aiuta gli ebrei a nascondersi dai nazisti. Ti sei ispirata a un fatto realmente accaduto, oppure hai solo immaginato il comportamento di molti uomini che in quegli anni hanno tentato di proteggere gli ebrei?

Entrambe le cose. Dalle finestre di casa mia vedo il campanile della chiesa di Fiano di Pescaglia. Qui, durante l’ultima guerra, era parroco Don Aldo Mei, fucilato dai nazifascisti nell’Agosto del 1944 per aver nascosto un giovane ebreo e per essere stato trovato in possesso di una radio… Il personaggio di Don Mauro mi è balzato in mente, a romanzo già inoltrato, proprio durante le celebrazioni per il centenario della nascita di Don Aldo. Mentre, dal punto di vista prettamente letterario, direi che questo personaggio deve molte delle sue caratteristiche all’indimenticabile Aldo Fabrizi di “Roma città aperta”.

6. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?

Questa non è una domanda facile… Ho lavorato per anni in libreria e non riesco ad identificare un solo romanzo fra i moltissimi che ho amato e che mi hanno influenzato. Spesso quando scrivo mi rendo conto (parrà strano, ma è così) di dovere moltissimo ad Astrid Lindgren, la mia autrice preferita dell’infanzia… mentre quando mi addentro nell’introspezione psicologica mi accorgo di avvertire gli echi del mio romanzo preferito durante l’adolescenza, “La prima moglie” della Du Maurier.

Al momento, tra i libri che mi hanno fatto venire genericamente voglia di scrivere me ne vengono in mente tre di Doris Lessing (“Il diario di Jane Somers”, “Se gioventù sapesse” e “Il quinto figlio” ) e almeno due di Stephen King (Carrie e Il gioco di Gerald). L’idea del mio primo romanzo, “I vessilli del cielo” ambientato nel XIII° secolo la devo invece alla lettura del bellissimo “Annus mirabilis” di Geraldine Brooks. Ricordo di aver pensato dopo averlo finito:“Ok, io conosco molte bene il medioevo, usi costumi, suppellettili etc, perché non provarci?”
Anche se, in realtà, in quello che scrivo confluisce sempre un sacco di roba… Ne “I vessilli” si incontravano a ogni piè sospinto espressioni tratte dal repertorio dei trovatori, ma c’erano anche la scuola siciliana, il dolce stil novo e il Dante delle Rime. Per “Il canto della Terra”, ho saccheggiato parecchie poesie del Pascoli, mentre per le incursioni nel mondo delle scienze esatte mi sono sparata un bel po’ di Einstein, Feynman , nonché le biografie di Fermi, Rasetti, Pontecorvo & c… Insomma un bel mix. Ma, torno a dirlo, in definitiva “Il canto della terra” è un romanzo che deve moltissimo al cinema.

7. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?

Posso avvalermi della facoltà di non rispondere? Con la penuria di lettori che c’è oggi credo che ognuno abbia il diritto di leggere quello che gli pare e piace, basta che legga! Personalmente non amo i libri troppo pubblicizzati, quelli dei personaggi televisivi, ma è una mia scelta, ognuno ha i suoi gusti! Però, diciamo la verità, il dilagare di scrittori-chef, mi pare veramente eccessivo: All’ultimo Salone del Libro di Torino pareva di stare al Salone del Gusto… e basta, come si dice dalle mie parti e ‘un se ne po’ più !!! Almeno mettetele su e-book tutte ‘ste ricette, così si risparmia qualche albero!

8. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…

Eccola : Qual è il momento più bello quando si scrive un romanzo?
Risposta: Quando un personaggio comincia a vivere di vita propria. Quando tu lo fai agire in un certo modo perché ormai lo conosci, ha il proprio carattere, i propri gusti, le proprie inclinazioni e sai già che non potrà agire che in quel modo perché lui (o lei) E’ COSI’.
Da lì in poi sai che funzionerà.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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