1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
Proprio coloro che entreranno in contatto col mio libro, avranno modo di leggere qualcosa di me. Non in senso smielato, ma letterale; perché in questo libro c’è moltissimo non solo di storie legate a me o cose che io amo/odio, ma c’è proprio una gran parte di autobiografia. Sì, in un libro fantasy ho inserito più fattore “reality” (non da confondere con la serie televisiva ovviamente..) che altro. Un genere “fantasy realistico”, o una “realtà fantasiosa”. Certo, non è TUTTA la storia della mia vita, bisogna lasciare lo spazio anche alla fantasia e all’introspezione, bisogna anche lasciare che chiunque lo legga sia capace di trarre piacere o esperienza secondo la vita che ha vissuto.
E’ questo quello che vorrei e avrei sempre voluto lasciare al lettore, la sensazione di essere lui l’autore e insieme il protagonista. Non sarà divertente, non sarà facile oppure vi innamorerete come mai prima d’ora, vi mancherà una volta finito come il respiro sott’acqua, ma non è forse così che è la realtà, la vita stessa?
2. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro “Era del sole” cosa diresti?
Questa è una domanda difficilissima. Comunque in poche righe lo descriverei così:
Era ora!
A parte per il fatto che l’ho visto completo e pubblicato dopo un lungo “viaggio” durato 13 anni, e quindi era decisamente ora, ma anche perché è una battuta che m’hanno fatto dei fans che trovo semplicemente squisita e azzeccante nel suo complesso: era ora che uscisse un aspetto legato non a una sola cultura, ma che si possa riallacciare a tutte, specialmente a quella inesplorata (e terribilmente affascinante) come quella orientale/giapponese, era ora che qualcuno osasse affrontare tematiche reali, anche nel fantasy, tematiche forti e con cui veniamo a contatto ogni giorno, come l’amore e la morte, non quello che vediamo in tv o leggiamo nei libri, ma quello che proviamo “noi”, ora messo a nudo, era ora che non ci fossero solo personaggi stereotipati in una banale e monocromatica personalità…e ovviamente la battuta simpatica, era…ORA! Ora si legge!
3. Nel tuo libro fantasy siamo di fronte alla classica lotta tra Bene e Male, ma vi è molto di più. Alla base di questa storia c’è l’amore e i valori. Quale per te è un elemento imprescindibile del fantasy?
Per il fantasy è imprescindibile la fantasia. Sembra un paradosso da dire, ma ho notato che è tutt’altro che così scontato. Si continuano a leggere, o perlomeno continuo io a leggere, storie che si dichiarano fantasy, ma non sono nient’altro che un susseguirsi di copia e incolla. Si badi bene, non intendo tanto a livello di trama, è praticamente impossibile che un essere umano abbia un’idea che non sia già stata pensata/accennata/sperimentata da un altro, nel bene o nel male siamo tutti fatti della stessa anima e carne.
Io intendo nel senso proprio del termine, ovvero che noto con rammarico che proprio la tematica della fantasia viene ormai a esaurirsi in ciò che fa “tendenza”. Se qualche autore ha avuto successo con un tipo di “fantasia”, ci ritroveremo invasi con altri autori che seguiranno quella scia. Cambierà una linea della trama, potrà piacere di più, ma la “fantasia” è sempre quella. Nel fantasy a me piace vedere mondi impensabili eppure capibili, creature che sfiorino lo scibile umano nel senso della creazione, tu col fantasy (con ogni genere letterario, ma col fantasy hai una possibilità in più) hai la possibilità di creare un nuovo mondo, fatto secondo le tue idee… Non è meraviglioso? Perché limitarci allora a vampiri, lupi mannari e magie che sfiorano i fuochi d’artificio?
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
Per il momento nessuno mi ha ancora per bene parlato di un fattore che per me è stato cardine in questa storia. La morte. Non voglio fare “spoiler” e non dirò pertanto perché dico questo, ma accennerò un fatto molto importante che porterà il lettore ad affrontare proprio in prima persona il senso della morte. Io, sin da bambina, sono sempre stata terrorizzata dal senso della morte. Nessuno sa con certezza cosa si provi, cosa ci sia dopo. Nel tempo ho avuto anche diverse esperienze che mi hanno portato vicino alla morte, nelle sue sfaccettature, così da permettermi di valutare più attentamente l’importanza della vita. Questo libro infatti è un tripudio di valori legati alla vita di ognuno di noi, dalla “banalità” di vivere, nascere, crescere, di amare, odiare, combattere, studiare, mangiare, lavarsi i denti, stupidi litigi per un non nulla, attimi che non torneranno mai. E tutto questo non si può in nessun modo slegare anche dal senso della morte. Che è, letteralmente, la chiave che lega la narrazione del romanzo, così come lo è il senso della vita. E’ una cosa che tutt’ora mi è difficile spiegare… Mi piacerebbe poterlo spiegare di più.
5. Il tuo libro si differenzia dai classici fantasy per elementi tipici della mitologia orientale. Da dove nasce questa passione e come sei riuscita a inserirla nel tuo libro?
Nasce dai cartoni giapponesi che mi hanno seguito durante la mia infanzia e adolescenza. La cultura giapponese (e orientale, ma giapponese di più) è molto lontana dalla nostra, ciononostante l’ho sempre sentita molto vicina a “me”. Il senso della tragedia, dell’onore, del rispetto, del dolore, delle emozioni, dell’arte e della natura che hanno i giapponesi, è palpabile anche in un “semplice cartone animato”. Che di semplice tuttavia ha ben poco. Troverete sempre, anche nel cartone per l’asilo, uno dei loro concetti cardini, che non riguarda spesso il principe azzurro o “e vissero sempre felici e contenti”, ma tutt’altro affrontano fatti “veri”, anche con una certa empatia. Che sia lieto oppure no, ha sempre una morale, un senso. Questo mi aveva sempre affascinato e col tempo mi sono avvicinata sempre di più a questa meravigliosa cultura.
Sono riuscita a inserirla “reinterpretandola”, combinandola con aspetti della nostra altrettanto meravigliosa cultura. A dire il vero, non c’è una sola cultura che non mi affascini e non abbia, anche parzialmente, inserito nel mio libro. Come ho già detto, ho voluto combinarle tutte, senza distinzioni, inserendo e valorizzando anche quella che amo e adoro come quella giapponese.
6. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Se posso essere sincera, non ce n’è uno che l’abbia fatto. Credo di poter dire con una certa tranquillità d’animo che ho letto svariati libri, fantasy e non, e sarebbe un insulto a ognuno di loro dire che mi abbia ispirato uno rispetto ad un altro. E ancor di più sarebbe contradittorio visto che come ho accennato, (e confermo in toto!) è quasi globalmente tratto dalla mia vita!
Molti libri mi hanno forse fatto sognare di più rispetto ad altri, sicuramente quando ero bambina mi aveva estremamente colpito l’ILIADE (i personaggi-eroi temibili e coraggiosi che tolgono l’elmo perché spaventa il figlio neonato, per potergli dire addio, gli uomini che hanno tratti divini, gli dei che hanno tratti da uomini, gli aggettivi che caratterizzavano i personaggi, i personaggi che nonostante fossero passati millenni, erano più “vivi” che mai etc etc). Ricordo ancora la prima volta che l’avevo vista alle medie, ero rimasta incredibilmente affascinata dall’ira di Achille che muoveva l’intero romanzo, e gli scambi tra gli dei che decidevano i destini degli uomini come se fosse una partitella a scacchi.
Un libro che aveva ispirato a distanza di secoli il mio amatissimo Alessandro Magno, Virgilio e Dante stesso…
Sono schietta e sincera, a 12 anni mi piaceva molto l’Iliade, tant’è che mi aveva ispirato nel lessico (terribile errore…), però non è neppure lui stato il promotore primario della mia necessità di scrivere…
Non è un romanzo ciò che mi ha condotto alla scrittura.
7. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Se lo dicessi, rischierei la decapitazione! Consiglio sempre una cosa comunque: nel dubbio, leggete! Se non riuscite a leggerlo..allora è meglio tenersi i dubbi!!
8. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Mhmm…
“E’ vero che volevi mettere uno pseudonimo al posto del tuo nome?”.
Sì. Per diversi motivi, il più importante (forse) è quello che è difficile da pronunciare, non è una cosa da poco, provoca per lo più un certo imbarazzo (si pronuncia con l’accento sulla “i”, Errìu, così). Poi ho scoperto che in giapponese Erriu significa “conquistare il drago”…e non mi è più sembrato così brutto…