Intervista scrittore Enrico Graglia autore del libro “Il deserto degli striati”

Intervista a Enrico Graglia.
Il deserto degli striati di Enrico Graglia
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La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Enrico Graglia autore del libro “Il deserto degli striati”

Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Il deserto degli striati”, cosa diresti?

Direi che è un romanzo che mescola dark, fantascienza, pulp e avventura e unisce il fantastico di intrattenimento a tematiche forti e viscerali. In un mondo minacciato dal morbo della striatura, l’ex militare Nikolaus viene ingaggiato per trasportare organi attraverso il deserto, guidando una spedizione disperata fino all’Eden, struttura segreta in cui si cerca una cura per la pandemia. Un viaggio da incubo, che porta il protagonista e la sua squadra a confrontarsi col proprio passato tormentato, dove niente è come sembra e l’incontro-scontro tra umani e striati, che si contendono ciò che è rimasto del pianeta, deflagra in tutta la sua potenza.

Da dove nasce l’ispirazione che ti ha spinto a scrivere questo distopico in cui un intero sistema è messo in pericolo?

Le fonti di ispirazione sono molte: dai film di Romero a libri come “L’ombra dello scorpione” di King o “La strada” di McCarthy. L’idea di base risale a una quindicina di anni fa, ma ho finito il romanzo durante il lockdown e questo ha reso tutto molto più realistico. La pandemia Omega non è però il fulcro della narrazione, ma solo lo sfondo sul quale si muovono il protagonista e gli altri personaggi… una specie di combustibile che alimenta i loro conflitti e le loro emozioni, mettendole a nudo e portandole all’estremo.

Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Voglio che il lettore si diverta, prima di tutto. Ma non solo. Mi piacerebbe anche che si immedesimasse nel protagonista, nel suo passato tormentato, nella sua lotta per la sopravvivenza in un mondo devastato, nei suoi difetti e nelle sue emozioni. E poi sarei felice che leggesse tra le righe un significato più profondo, che va al di là del semplice intrattenimento: lo scontro fra umani e striati, nel romanzo, vuole essere metafora del confronto con il diverso, che, per quanto spesso venga dipinto come tale, non è mai il vero nemico. Accanto a questa forte tematica sociale, credo emerga chiaramente quella ambientalista, da cui mi sembra impossibile prescindere, se si vuole essere scrittori che, nello specchio della finzione letteraria, riflettono la realtà attuale.

C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

No, perché con Alessandro Manzetti, titolare della casa editrice ed editor del romanzo, abbiamo lavorato in sinergia per dare alla narrazione il giusto ritmo e il giusto equilibrio, inserendo tutti gli elementi necessari per una storia senza inutili lungaggini, con l’acceleratore sempre a tavoletta. Non una parola in più del necessario, non una di meno, insomma.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Il deserto degli striati”, quali useresti?

Me ne bastano due: veloce e forte. Il primo perché intrattiene in modo scorrevole ed è un viaggio al cardiopalma, una macchina narrativa col motore spinto al massimo. Il secondo perché tocca temi forti ed è pensato per lasciare un segno nel lettore, che va oltre l’intrattenimento e la passione per uno specifico genere letterario.

Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Perché è ora di capire che il fantastico italiano può dare molto anche al lettore più esigente o che non si è mai accostato al genere. Qui parliamo di un romanzo adatto a tutti, pubblicato da una casa editrice specializzata, che mescola elementi dark fantasy e fantascientifici con echi orrorifici e un mood pulp e avventuroso, frutto di un progetto ambizioso, tutto italiano, ma di respiro internazionale. Perché non leggerlo?

Qual è il libro che hai letto quest’anno che ti ha più colpito e consiglieresti?

Uno dei migliori titoli di narrativa che ho letto negli ultimi tempi è “Il canto di Swan” di Robert McCammon, un capolavoro distopico, una narrazione epica grandiosa, imperdibile; risale al 1987, ma è stato recentemente proposto da Fanucci in una nuova traduzione. Oltre a questo splendido romanzo, non posso fare a meno di consigliare la lettura delle opere di Dino Buzzati, che scriveva quasi un secolo fa come pochissimi, nel mondo, sanno scrivere oggi. Scriveva di genere, facendo letteratura. Scriveva horror e dark fantasy, prima che li chiamassimo così, prima che dovessimo cercare all’estero ciò che abbiamo qui da sempre. Scriveva come Richard Matheson e Stephen King, prima che loro iniziassero. Non a caso, è con un’epigrafe di Buzzati, che ho scelto di aprire il mio romanzo.

Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.

Una domanda che si fa sempre è “perché scrivi?” Una che invece non si fa mai è “perché pubblichi, pur sapendo che pochissimi leggono e che campare di scrittura in Italia è praticamente impossibile?” Ecco, la mia risposta alla seconda domanda è semplice: sono consapevole che non si campa di scrittura e non mi interessa diventare famoso, ma sono i lettori – anche pochissimi, anche uno soltanto – ad avere il potere di far vivere le storie che scrivo… e, più di ogni altra cosa, io voglio che quelle storie vivano.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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