1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
La passione è ciò che ispira il mio lavoro, passione ed amore per le persone che ho da sempre collocato su una rete della quale io stessa costituisco un nodo, per andare poi, con pazienza a tessere una trama con linee di riferimento teoriche e filoni di indirizzo culturale ed ideologico con la quale io stessa vivo la mia umana esperienza di persona, di terapeuta e di volontaria, insieme agli altri ed ai miei personaggi.
2. Dovendo riassumere in poche righe la trama dell’opera “Profumo di brodo” cosa diresti?
Narrazioni sull’umana esperienza del vivere la vita che ci è data.
3. Nel tuo libro racconti storie di persone affette da disagio psichico. Quanto verità c’è in questo libro? E qual è l’idea alla base di questo progetto?
Le persone di cui narro le emozioni e le azioni, di cui racconto le dinamiche dell’anima e del corpo sono giocatori d’azzardo patologici e persone con disagio psichico sono persone vere, che ho incontrato nel mio percorso di vita e di professionista e alla cui storia mi sono liberamente ispirata, lasciando naturalmente spazio a qualche pennellata di fantasia. La verità è tanta e lo sguardo del lettore può attraversare questi luoghi di incontro con l’altro, dove c’è soprattutto la relazione che cura. Nella prefazione scrive Peppe Dell’Acqua, “le persone o ci sono e si possono narrare, riconoscere, porre la loro urgenza di stare nel mondo o il lavoro dei servizi mentali e degli operatori ripropone distanze, poteri, oggettivazioni”. Nel libro ho tentato di dare comprensibilità ed attraverso questa una possibilità di vivere con dignità umana, qualunque esperienza, per allontanare gli stigmi, le incomprensioni, l’allontanamento difensivo degli altri, di quelli che in qualche modo ancora si pensa siano diversi e come tali inaccettabili per la cosiddetta “società dei normali”. Non si può operare nel mondo delle dipendenze o del disagio mentale se non si è disposti a fare da cassa di risonanza delle emozioni, delle esperienze e della fallibile umanità dell’altro e nella reciprocità e nella condivisione che si può operare quella operazione relazione che sta non nel “curare” che presuppone distanza e potere, ma nel “prendersi cura” dell’altro.
4. Cosa vorresti che il lettore cogliesse entrando in contatto con le parole del tuo libro?
Il lettore sarà coinvolto emotivamente, sgelando il proprio cuore e osserverà da vicino anime e vissuti con occhio che diventa macchina da presa, sarà dentro la storia, ne parteciperà visceralmente e sarà un mettersi in gioco in location e prospettive forse mai visitate.
5. “Profumo di brodo” è un libro autentico. Cosa ti ha indotto a voler raccontare le storie di persone di cui spesso non si parla? Quale esigenza ti ha spinto a voler condividere la tua esperienza con gli altri?
La possibilità che ti dà la scrittura e la narrazione è quella di cogliere il senso della vita, innanzitutto della propria vita e poi, per chi ha la fortuna di poter fare la mia professione, aiutare gli altri accompagnandoli per fargli cogliere il senso della propria vita. Tutto ha un senso, il fallimento ed il successo, la ripresa di una relazione e la rinuncia alla relazione con la vita, il darsi ed il fondersi nella dipendenza affettiva e in quella da gioco, il perdonare ed il potersi amare ed amare ancora l’altro, il lasciare ed il riprendere, il continuare a tradire o agire il conformismo, tutto ciò che ispira insomma le otto narrazioni. L’operazione che sottende il libro è sicuramente di tipo storico culturale e ha le radici nella mia storia personale, di chi ha avuto l’opportunità di incontrare Basaglia e viverne l’esperienza e lasciarsi poi sedurre dalla rivoluzione culturale e sociale che egli ha operato e si configura anche in un voler dare dignità di protagonismo e parola a chi in realtà vive la propria vicenda nello stigma, nell’incomprensione che aumentano, nel silenzio e nella discriminazione, i disagi e le patologie.
6. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Tanti e nessuno. Nella Fiaba in Postfazione di Profumo di Brodo ho ripreso quasi inconsciamente la storia del Vecchio e il Mare, ma mi sono resa poi conto che sono andata oltre la rassegnazione di Hemingway al cieco destino, per dare possibilità di empowerment al protagonista. La ripresa delle possibilità, la riabilitazione, lo stravolgere la propria esistenza, la resilienza sono armi potentissime dentro ognuno di noi, dove ognuno possiede una voce interiore, un Medico interiore si definisce nelle pratiche di terapia cranio-sacrale o Spirito guida o Angelo custode nelle religioni, che ti può sorreggere in un percorso di guarigione, che ti porterà solo e soltanto ed ovunque tu vorrai.
8. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Credo che ogni libro abbia un proprio valore e che possa in qualche modo risuonare e segnare l’animo del lettore… portare il nuovo, rinnovare il vecchio, toccare corde arrugginite o mai comparse nel cuore di chi legge… la cultura è un patrimonio che nessuno ti può pignorare e togliere.
9. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Che cosa pensi della tua vita? È un bellissimo viaggio che mi ha dato la possibilità di attraversare la conoscenza di me stessa e l’onore di stare con gli altri nel loro percorso di vita.