1. Per iniziare … raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con i libri che hai scritto.
Devo innanzitutto dire che il mondo della musica, soprattutto quella classica, senza togliere nulla alla validità e alla bellezza delle “altre” musiche, è a dir poco sorprendente e meraviglioso. Ho coltivato fin da bambino questa passione, qualcosa che ti attrae in modo irresistibile ma che non sai spiegare.
Dopodiché è stato automatico intraprendere gli studi musicali al conservatorio, diplomarsi e, nel mio specifico caso, studiare la storia della musica a un livello professionale frequentando i corsi specialistici. Ho quindi lavorato per molti anni come insegnante di storia della musica in conservatorio. Negli anni mi sono reso conto delle difficoltà che gli studenti musicisti incontrano a entrare in contatto con le questioni stilistiche e tecniche riguardanti soprattutto, ma non solo, la musica antica.
2. Dovendo riassumere in poche righe le tue opere “L’antica musica” e “La moderna musica” cosa diresti?
È impossibile fare un riassunto di un materiale così vasto. In sostanza si parte dalle incerte notizie riguardanti le antiche popolazioni per poi addentrarsi, e già qui i fatti diventano straordinari, nella Grecia classica, dove il ruolo esercitato dalla musica è enorme: dagli studi sull’acustica del suono, alla studio delle scale musicali, alla concezione etica, all’armonia dei pianeti… Dopodiché nei lunghi secoli del medioevo nascono importanti e suggestivi fenomeni come il canto gregoriano, la letteratura musicale cortese di trovatori e trovieri, la nascita della polifonia, finché con il Quattrocento e il Cinquecento, dopo due secoli di lento sviluppo, la polifonia raggiunge una complessità e un tecnicismo estremi.
Il Seicento vede la nascita del melodramma e del canto solistico e si ha una grande ascesa della musica strumentale. Poi, nella prima metà del Settecento, tra il proliferare delle forme e degli stili, compare la gigantesca figura di Bach quasi a concludere e riassumere l’intero ciclo storico dell’“antichità”.
Dopo Bach il “moderno” si presenta prima nelle vesti dello “stile galante” e quindi dello “stile classico” al quale si rifanno le realizzazioni perfette di Haydn, Mozart e del giovane Beethoven. È proprio Beethoven che imprime alla storia musicale un’accelerazione che, anche in virtù delle trasformazioni socio-culturali, si concretizza nelle grandi individualità del Romanticismo (Schubert Chopin, Liszt, Verdi e tanti altri). Ma dalla metà dell’Ottocento inizia la crisi dell’armonia tonale: un edificio grandioso sta per sgretolarsi, corroso dalla necessità di superare gli equilibri “classici”. In particolare Wagner e Liszt arricchiscono il linguaggio armonico lasciando intravedere la sua inevitabile fine che si completerà nella prima parte del Novecento…
3. Da dove nasce l’esigenza di scrivere queste due opere attraverso cui il lettore può conoscere la storia della musica dall’Antichità al Novecento?
L’esigenza è nata dal desiderio di consentire ad appassionati e studenti di disporre, in uno spazio relativamente breve, di un materiale sintetico e in qualche modo completo del ricco e articolato percorso storico della musica. Per quanto riguarda invece gli studenti, del conservatorio e delle università, ho sperimentato quanto sia problematico affrontare gli esami di storia della musica generale dovendo o sfogliare laboriose monografie o ricorrere a collane di testi che, per quanto pregevoli, scoraggiano chi debba cimentarsi con tante conoscenze. Vi sono poi in circolazione anche testi datati che presentano soprattutto vita e opere dei musicisti staccate dai contesti storici e culturali a quali appartengono.
4. Quali reazioni ti aspetti dai lettori dei tuoi libri dinanzi a due opere così dense e ricercate?
Mi aspetto due tipi di reazioni, una positiva di chi intende approfondire seriamente l’argomento e trova un abbondante materiale di studio, l’altra negativa di chi, poco attrezzato sul piano delle conoscenze musicali o privo di sufficienti esperienze d’ascolto, si accontenta invece delle biografie, degli elenchi di composizioni, dei riassunti delle opere teatrali, ecc.
5. Nei tuoi libri spesso si affronta il tema del cambiamento, ovvero di come la musica si sia evoluta negli anni di pari passo con la società. Secondo te qual è stato il cambiamento più radicale o più significativo?
Il cambiamento più radicale è certamente quello verificatosi ai primi del Novecento con le Avanguardie. Con questo termine, che proviene dalla storia delle arti figurative e letterarie, intendo ad es. Schoenberg, che pure è una lontana proiezione del tardo romanticismo evolutasi nello stile atonale ed “espressionistico”, e Stravinskij il quale, in polemica con il romanticismo, destruttura abitudini consolidate e impone un’attraente modernità. Ma non si può dimenticare Debussy, Mahler e altri che hanno contribuito non poco a distaccare la musica dalle sue più radicate tradizioni…
Se poi ci inoltriamo nel Novecento, il processo innovativo diviene fattore costante di un’evoluzione alla quale partecipa non più la sola Europa ma l’intero pianeta con risultati che hanno come loro peculiare caratteristica la diversità e la molteplicità.
6. Se dovessi fare un solo nome scegliendo tra i compositori più innovativi quello che maggiormente ha lasciato il segno, chi prediligeresti?
Si tratta di opinioni soggettive. Ad esempio, Palestrina è il massimo rappresentante dell’equilibrio della polifonia sacra rinascimentale, Monteverdi realizza al massimo grado l’espressione dei testi, Bach riassume in modo superlativo la secolare tradizione polifonica, Schubert appartiene alla schiera dei grandi melodisti, e così via. Ogni autore è a se stante e va considerato all’interno del suo tempo e della sua cultura. Non esiste un criterio assoluto, si tratta di scelte soggettive…
7. Cosa dobbiamo aspettarci dalla musica a cui stiamo andando incontro in questi anni?
La musica di questi ultimi decenni è imprevedibile tante sono le interferenze, le variabili planetarie che concorrono. Ma non bisogna attaccarsi alla tradizione per quanto Mozart, Beethoven, Mahler, Ravel, ecc. siano decisamente più facili da ascoltare e più semplici da capire. Le recenti risorse musicali, comprese quelle tecnologiche (nuovi strumenti, dispositivi e mezzi elettronici), se non ci fossilizziamo nelle abitudini consolidate e accettiamo la relatività delle culture e delle esperienze, non mancheranno di riservarci nuove ed emozionanti sorprese.