1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di leggere la tua opera. Suono la batteria in una rock band, e la sera, se capita, dipingo dei quadri dai titoli evocativi o forse orripilanti: cose del tipo “Maroso” o “L’incanto del primo mondo” o “La città perduta”. Tutto questo mondo ha molto a che fare con come scrivo e penso la letteratura. 2. Dovendo riassumere in poche righe il tuo libro “Storie di uomini in crisi” cosa diresti? Che non è tanto un raccolta di racconti, come potrebbe anche immaginarsi, quanto piuttosto sei storie sul viaggio dell’esistenza. Sei pallottole d’un revolver che ognuno di noi porta nella mano da quando nasce, costituito dalla nostra vita e dai sentimenti che la compongono: l’amore, l’amicizia, il coraggio, la nostalgia, il tarlo dei ricordi, l’identità. È una bussola, o un buon compagno di viaggio per chi è in cammino e intende percorrere la sua strada nel mondo d’oggi, ossessionato dal karma continuo della crisi. I personaggi che ruotano attorno alle storie, i vari Matta, Ludo, Rocco Marchegiano eccetera, non sono altro che l’Adamo primigenio. Sono ognuno di noi, di fronte ad un momento topico e fondamentale della vita.
3. Il tuo libro pone al centro la crisi, che può avere varie sfumature ed essere vissuta in maniera differente. Quanto di questa crisi che viviamo ti ha spinto a raccontare queste storie? La crisi attuale, quella che ci propinano incessantemente ogni giorno al telegiornale, è stata forse il detonatore, ma le Storie non parlano propriamente di questo. Anche perché la crisi d’oggi appare sbiadita ed inquinata nella sua stessa sorgente finanziaria, logora e appiccicaticcia. Non è altro che una macchietta, in fondo, una parodia di quello che veramente s’è rotto nel profondo dell’animo umano, e che sta molto più in giù. Per uno scrittore, la crisi moderna è senz’altro una fucina inesauribile di stimoli. Uno scrittore è abituato a rovistare nella immondizia della civiltà, e non c’è niente di meglio che una crisi epocale e globalizzata per metter tutto nella giusta prospettiva. È come il temporale nel Macbeth, se vuoi. Serve a fare da setting, ma dopodiché la storia deve muoversi da lì. Per questo soltanto una delle sei storie del libro si svolge nel tempo d’oggi, durante la crisi di questi anni. È un piccolo romanzo di formazione, dove un ragazzo tredicenne quasi senza nome inizia ad aprire gli occhi e a comprendere. Naturalmente ha tutto sottosopra, e non capisce la realtà delle cose. La crisi c’è sempre stata, e sempre ci sarà, e il libro non è una cronaca di questo. La crisi pone dinanzi all’aut aut. È uno specchio del disagio interno, ed esiste perché lo consentiamo noi stessi, esattamente com’è per i fantasmi della mente. 4. Cosa vorresti che i tuoi lettori cogliessero leggendo il tuo libro? Quale messaggio non totalmente svelato? La nota di sottofondo che spero si colga, è l’impagabile valore dell’esperienza umana individuale. Spero si possa intuire quanta dose d’amore ci vuole perché ognuno di noi faccia i suoi passi, e quanta forza invisibile ha attorno a sé la dinamo cosmica universale che tutto muove in perfetto silenzio. 5. Quale credi sia la giusta reazione alla crisi, personale o condivisa che sia? Nessuno dei sei personaggi delle Storie fugge dinanzi alla sua prova, ed è questo il nocciolo della questione. Molti dei personaggi si creano addirittura la Nemesi in casa, nelle elucubrazioni della loro testa. La nutrono, la studiano e saggiano, e poi, una volta che finalmente la crisi esplode e sta lì, l’affrontano. Le Storie trattano di prove diverse, ed hanno a che fare con sfaccettature anomale e non tanto battute della personalità umana. Ma ogni personaggi comprende il momento della catarsi che sta per compiersi, e l’affronta come prova esistenziale, come Cavallo Pazzo in Little Big Horn. 6. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura? Da ragazzino scrivevo molto, imbevuto di Re Artù e Ivanhoe, storie assurde di dirigibili al tempo di Ivan il Terribile. Poi portavo le mie storie in classe e ammorbavo con quelle i miei poveri compagni. Poi per lungo tempo ho smesso, leggendo saggi e trattati di diritto. Poi un giorno m’è capitato tra le mani Un eroe del nostro tempo di Lermontov, e credo di non aver più smesso di leggere romanzi da allora. 7. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno? Tra quelli contemporanei che purtroppo ho dovuto leggere (consigliati dai soliti conoscenti che “conoscono i miei gusti” …) segnalo come ottimi lassativi sia “Il gioco dell’Angelo” di Zafon sia l’imperdibile “La biblioteca dei Morti” di Cooper. Roba forte. Attendo l’uscita dei relativi film, naturalmente. 8. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere… Credi nella reincarnazione? No. Se è vero, com’è vero, che Dio non gioca a dadi, figuriamoci allora se ha bisogno di reiterare lo stesso sbaglio due e più volte. E poi che noia, direbbe il professor Monti…