1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
Sono un ragazzo semplice, direi. Una frase che mi piace spesso dire, parlando di me, è: “Sono un ragazzo facile e una persona difficile. Il problema è che non sono mai solo un ragazzo, ma sono sempre anche una persona.”
Questo solo per comunicare agli altri che ci sono nature diverse in me. Come credo ce ne siano in ognuno di noi.
Mi piace pensare di riuscire a farle convivere con armonia, queste nature. Ma non sempre è così.
Ed è qui che interviene la scrittura: mi serve per dare voce alle parti che a volte non riesco a far emergere con chiarezza, le rende vive e dà loro voce.
2. Dovendo riassumere in poche righe la trama dell’opera “La fine è il nostro inizio” cosa diresti?
Direi che è una storia d’amore, prima dell’inizio di una storia d’amore.
Una ricerca d’amore, in pratica.
E una ricerca di questo tipo può concludersi in modo positivo solo se prima si impara ad amare noi stessi.
3. Nel libro sembra che il messaggio lanciato sia quello che solo desiderando la felicità è possibile ottenerla. Visto che nei romanzi molte cose sono reali, viene da chiedere: impegnandosi si possono raggiungere veramente i propri scopi nella vita?
Assolutamente sì.
Anche se, più spesso, gli scopi che ci prefiggiamo nella vita non sono quelli definitivi: molte volte ciò che crediamo di volere serve solo ad indirizzarci sulla strada giusta per scoprire ciò che realmente vorremo in futuro.
4. Cosa vorresti che il lettore cogliesse entrando in contatto con le parole del tuo libro?
Mi piacerebbe passare al lettore una valigia piena di emozioni.
Dopotutto, chi scrive, lo fa solo perché ha una grande esigenza comunicativa alla base.
Solo in un secondo momento nasce il senso estetico per ciò che si scrive. Ma se non ci fosse lo slancio comunicativo, nulla verrebbe mai scritto.
Ciò che mi piacerebbe davvero è che i lettori, scorrendo tra le pagine del mio libro, pensassero: “Ehi! Ma questo è successo anche a me! Anche io ho provato queste emozioni!”.
Certo, se poi il libro dovesse diventare un best seller e io potessi diventare ricco e famoso, anche questo non guasterebbe!
5. I protagonisti del libro inizialmente si sentono smarriti, privati delle emozioni più semplici. Poi qualcosa cambia radicalmente le loro esistenze. Quanto conta la forza di volontà e quanto il destino nella rinascita di una persona dopo un momento negativo?
Sono due forze complementari. La forza di volontà attira a noi il destino che ci spetta.
E la forza di volontà non è semplicemente qualcosa di razionale. Come dice Francesco nel mio libro, esiste una volontà “involontaria” che lavora per attirare a noi quello di cui abbiamo bisogno. E quando succede qualcosa di brutto non dobbiamo temere: probabilmente è proprio ciò di cui avevamo necessità per affrontare il passo successivo.
6. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Nessun romanzo detiene in assoluto questo primato.
Devo premettere (con grandissima vergogna), che non sono un gran lettore.
Sono un lettore vorace, ma non seguo una dieta equilibrata: molto spesso attraverso periodi di grandi digiuni, seguiti da sporadiche abbuffate. Non sono metodico e non ho ancora sviluppato un gusto preciso e raffinato in fatto di letture.
In ogni caso, mi ricordo quando lessi “Due di due” di De Carlo. Quel libro mi colpì particolarmente. Come anche “Ti prendo e ti porto via” di Ammaniti.
Sembrerà strano, ma sono più portato a trovare ispirazioni nella musica, nelle canzoni (oltre che, come è naturale, nella vita reale).
Mi sento più che altro come se fossi un traduttore: dal linguaggio usato nelle canzoni posso elaborare un linguaggio adatto ad un libro.
7. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Nessun libro in particolare.
Credo che ogni libro possa incontrare il gusto di qualcuno. Come un vestito che a me può non stare bene, magari al mio vicino di casa starà benissimo!
E poi, devo ancora leggere così tanto, prima di affinare un mio senso di giudizio critico tale da poter consigliare a qualcuno cosa “non leggere”.
Nel frattempo, semmai, posso consigliare cosa leggere… C’è un libro nuovo, si intitola “La fine è il nostro inizio”… Ecco, questo merita assolutamente di essere letto!
8. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Bene, Franco. Cosa vorresti fare da grande?
Uhm… Vediamo… Mi piacerebbe continuare nel dubbio di sapere cosa farò da grande. Anche se, con buona approssimazione, mi piacerebbe scrivere. Sarebbe bellissimo fare questo come lavoro. Con qualcuno che mi prendesse e mi lanciasse dentro il mondo dell’editoria, per poi vedere come me la cavo.
Nessuno mi ha mai posto questa domanda perché ho un grande spirito di adattamento. E ogniqualvolta mi sono trovato in un contesto, mi ci sono abituato, l’ho reso in qualche modo “mio”. Così, visto da fuori, sembro sempre a mio agio ovunque io sia.
Da un lato, questo è un grande pregio, soprattutto in una società così dinamica come quella odierna. Dall’altro, però, il “non sapere cosa vuoi fare” è destabilizzante; l’unico vero vantaggio è che ti consente di mantenere la testa sempre fresca.