1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
Io non sono uno di elevata cultura, niente più della scuola dell’obbligo. Ho studiato da tecnico, quindi ho una tendenza a cercare spiegazioni razionali a tutti i quesiti che mi si pongono. Ma sono anche un cristiano, e come tale mi ha sempre affascinato il tema della religione, di Dio, ecc., e per contro mi rattrista vedere l’ateismo intorno a me, ed è proprio per questo che ho cercato di dare qualche spiegazione.
Inoltre ritengo che certi argomenti non richiedano titoli di studio, ma solo occhi aperti, orecchie disposte all’ascolto, faccia tosta per rompere le scatole alla gente che ti circonda, per sapere cosa pensa, il motivo delle sue scelte. Spesso non occorre scomodare scrittori, scienziati e luminari, ma basta mettersi nei panni della gente semplice, che quotidianamente affrontano i problemi della giornata, per capire tante cose che gli studiosi sono troppo in alto per vedere bene.
2. Dovendo riassumere in poche righe l’opera “Ricerca intorno all’ateismo” cosa diresti?
Se molte persone non credono, non sempre è dovuto a un non interesse, scetticismo, o a scelte egoistiche e comode. Molte volte la responsabilità è dei cristiani tiepidi o incoerenti, oppure delle istituzioni religiose che non sanno trasmettere le realtà di Dio, schivando delle spiegazioni con termini tipo “mistero” – esentandosi così dal dover dare una spiegazione – e “dogma”. Chi lo fa mette in atto un prendere o lasciare per non rischiare di perdere fedeli quando non li si riesce a convincere.
Io credo che molte cose che la Chiesa o la religione non riesce a spiegare, hanno delle spiegazioni. Non ho la pretesa che tutto ciò che dico si vero, ma mi limito a dare esempi di come certe cose invece si possano spiegare, magari non completamente, magari figurativamente, ma certo meglio delle non spiegazioni ufficiali. In definitiva, il mio obiettivo è poter avvicinare alla fede qualche non credente, e aiutare i credenti a credere con più convinzione, e non sul “si è sempre detto così…”.
3. Da dove nasce l’idea e quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a scrivere quest’opera?
Dal dolore che provo ogni volta che qualcuno esterna verso di me il suo ateismo, o peggio ancora il suo odio per Dio. Capisco che questo, il più delle volte, è dovuto dall’ignoranza, da incomprensione, ma anche da testimonianze negative dei cosiddetti cristiani o dalle istituzioni religiose. Io sono un credente, cristiano, cattolico praticante, però ho dei dubbi rispetto a certe posizioni della Chiesa cattolica, su argomenti che mi fanno ammutolire quando qualche non credente mi espone le sue ragioni.
Ho cercato quindi di elencare le motivazioni che gli atei in varie occasioni mi hanno esposto, e ne è uscito una specie di elenco di domande, di dubbi, di cose a cui non sapevo rispondere. Così, meditandoci sopra, ho tentato di abbozzare qualche risposta, e mi accorgevo che molte cose le imparavo mentre che le scrivevo.
4. Cosa vorresti che il lettore cogliesse entrando in contatto con le parole del tuo libro?
Mah, forse lo sintetizzerei con due parole: libertà e verità. Il libro vuol essere infatti un’esortazione a vivere le proprie scelte su queste due dimensioni, senza cioè essere vincolati a dover dire o fare le cose in un certo modo perché così ti hanno insegnato, a liberarsi dalla paura di uscire dagli schemi (tra cui rigide liturgie, formule e riti), di dire ciò che si pensa, a non essere obbligati a dire certe cose per voleri istituzionali di cui però non si è convinti in prima persona.
Il dire certe cose perché si è obbligati a dirle, fare certe cose solo per seguire degli schemi, fare il bene non perché si è mossi dalla ricerca del bene della persona destinataria ma solo per meritarsi il paradiso… sono tutte forme di falsità, sono modi di fare che non convincono nessuno, e invitano ad allontanarsi.
5. Sembra che lo scopo del libro “Ricerca intorno all’ateismo” sia quello di capire le ragioni del dilagare dell’ateismo e di chi siano le colpe. Qual è il modo per far riavvicinare le persone alla fede?
Io lavoro molto sulla razionalità. Credo che a ogni scelta che l’uomo fa ci sia un motivo, e quelli della scelta dell’ateismo sono davvero tanti (ne ho sintetizzati una quarantina, ma ognuno li vive a modo suo, quindi sono molti di più), e non tutti senza fondamento, ma anche le ragioni del credere sono altrettanto valide, e possono essere pure razionalmente descritte. A ogni dubbio sollevato si può trovare una risposta, non infallibile, non assoluta, non sempre valida per tutti, perché lo stesso tema trattato invade sensibilità diverse, però un filo di logica comunemente accettabile si può trovare.
6. Ciò che si coglie leggendo il tuo libro è l’esigenza di evidenziare i valori della fede. Quali sono quelli più importanti per te?
Mah, sono tanti, il primo che mi viene in mente è la spontaneità. Se io faccio una cosa perché imposta dalla religione (perché non farla è peccato), a livello di fede è come se non la facessi. Fare il bene per meritarmi il paradiso, credo proprio che non mi faccia meritare il paradiso! Quello che deve muovere le mie scelte è l’amore vero verso le persone, e la convinzione in prima persona che ciò che ho deciso di fare sia giusto.
7. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Assolutamente nessuno. Io non gradisco i romanzi e i libri di narrativa in genere, perché raccontano fatti privati, in cui io non trovo giusto ficcare il naso. Possono essere interessanti solo quelli che ipotizzano situazioni diverse, o che tentano di dare spiegazioni a qualche evento, o quelli che mi possono insegnare qualcosa.
L’unico romanzo che ho letto è “Flatland”, scritto da Edwin A. Abbott, che ho usato ai primi tempi della stesura del libro, per approfondire i concetti di pluridimensionalità, a cui ho accennato nell’ultimo capitolo, per esporre un tentativo di spiegazione di tutta una categoria di “misteri”.
8. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Come dicevo, trovo la narrativa al 90% inutile e noiosa, ma non per questo la sconsiglio. Se devo sconsigliare qualcosa a qualcuno forse è ciò che trasmette messaggi negativi, quelli per esempio che alla fine ti trovi a provare odio per qualcuno o per qualcosa, oppure quelli banali, quelli cioè che quando li hai letti, resti esattamente quello di prima, senza né nuove certezze, né nuovi dubbi (anche quelli sono una maturazione).
Se mi chiedi un titolo preciso, mi trovi spiazzato, perché i libri che ho letto finora sono stati tutti edificanti. E nota che non parlo solo di quelli di matrice cristiana, ma anche quelli di grandi atei: anche i libri che espongono idee opposte alle mie mi aiutano a edificarmi, perché tutto ciò che mi mette in crisi mi aiuta a scrollarmi di dosso le mie convinzioni caduche, e mi sprona ad approfondire le basi delle mie convinzioni.
9. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Più che una domanda specifica è una linea di condotta. Mi sono chiesto in più occasioni cosa fare se la mia religione mi impone una scelta che secondo la mia ottica e la mia convinzione è sbagliata o ingiusta: fare secondo il dettame della mia religione, e così essere sicuro di non fare peccato, però vedendomi poi come una persona ingiusta, oppure fare ciò che ritengo giusto, tranquillizzando la mia coscienza, ma poi trovandomi un peccato da confessare?
Ebbene, in diverse occasioni in cui mi sono trovato davanti a questo bivio, ho scelto la seconda strada, perché io confido nella giustizia di Dio, e so che c’è una Bibbia con i comandamenti, e so che c’è una Chiesa che dà precetti che potranno anche avere un fondo di giustizia… nella varietà delle situazioni è il singolo individuo che deve giudicare. Confido anche nella Sua comprensione, perché io posso giudicare solo in base ai pochi elementi che ho a disposizione, e so che Dio lo sa. Sa cosa c’è dentro di me, le mie vere motivazioni, e so che Dio cerca principalmente la verità, mentre limitare il proprio operato alla sola esecuzione di ordini, non è un seguire la verità.