1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
Ho avuto una formazione classica e credo che ciò si avverta in molti punti del libro: quando scrivo mi viene naturale fare riferimento all’antichità classica. Inoltre, sono un’appassionata di simbologia e di antropologia e adoro la Natura, nella quale cerco di rintracciare quel senso di appartenenza al Tutto, che mi fa sentire un piccolo ma importante anello della grande catena dell’Universo.
2. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro “Il Varcolac” cosa diresti?
Credo che la figura del Varcolac abbia profondi risvolti antropologico-religiosi, poiché vuol far capire al lettore l’importanza, oggi più che mai, di sentirsi parte di un gruppo sociale, di riconoscersi in un credo positivo, perché nascere e battezzarsi a una fede è come iscriversi á una scuola, quella della vita.
3. Il tuo è un romanzo che se da una parte mette i brividi e dà pathos, dall’altra scava in profondità nel passato e nei misteri legati a una leggenda rumena. Da dove è nata l’idea e come hai affrontato la stesura della storia?
Il Varcolac nasce nell’estate del 2012, come risultato della convergenza di una serie di fattori. Mi riferisco alla fine di un ciclo di studi universitari, che mi hanno molto avvicinato all’antropologia, che in quest’opera ha parte importante, a letture “alternative”, riguardanti fenomeni paranormali e alla visita di luoghi della mia infanzia, che hanno fatto riaffiorare in me intense sensazioni.
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
Non bisogna lasciare che il male del mondo ci faccia perdere la fede né negli uomini, né in quel qualcosa di invisibile, ma di cui avvertiamo la presenza, che alcuni chiamano Dio, altri Destino, altri ancora con altre espressioni. Dobbiamo sempre ricordarci che abbiamo il dovere di dare un senso alla nostra esistenza individuale, sia perché responsabili verso noi stessi che verso gli altri.
5. Nella nota che hai scritto nelle pagine introduttive del libro, parli dell’importanza dei riti, che hanno dato, in passato, agli uomini il senso di appartenenza. Credi che le cerimonie abbiano ancora questo ruolo nella nostra società? O sia cambiato il loro significato?
Purtroppo no. La società moderna è troppo pervasa di egoismo per dare importanza alle tradizioni e alle cerimonie in cui l’Io si dissolve e diventa un Noi, in cui si esaltano valori come la fratellanza e il senso di equilibrio e di appartenenza ad un superiore Organismo brulicante di vita, la Natura, verso la quale oggi non c’è più rispetto.
6. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Si tratta di quello che spesso viene considerato l’archetipo dei romanzi gotici, I misteri di Udolpho, di Ann Radcliffe, pubblicato nel 1794.
7. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Non c’è libro a questo mondo che sconsiglierei: ogni libro ha qualcosa da comunicare e, indipendentemente dal fatto che il lettore sia più o meno d’accordo con il messaggio, è un bene che l’uomo si costruisca una visione quanto più ampia possibile della vita.
8. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Giulia, credi davvero ai fantasmi? Sì, quantomeno a quelli che escono dalla mia penna… Sia lodata la Fantasia!