Intervista a Giulia Ferri
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro The butcher cosa diresti?
Il senso del libro è che a volte si compiono delle scelte convinti che portino a qualcosa di buono e costruttivo, ma tutto nasconde un lato negativo anche l’intenzione più bella e semplice; è difficile scindere le due cose, bene e male coesistono in noi e la vera sfida è imparare a conoscersi così profondamente da comprendere le nostre reali intenzioni. Per questo molto spesso le persone di cui ci fidiamo di più sono anche quelle che ci posso tradire con più facilità.
2. Da dove nasce l’ispirazione per questo romanzo pieno di colpi di scena e di tante piccole verità su cui riflettere?
Nasce dalla storia di un’amicizia infranta a cui tenevo molto, la sofferenza era tale che alla fine ho deciso di mettere su carta il mio dolore, di raccontare l’indifferenza, la noncuranza e la sufficienza di questa persona nei miei riguardi e il senso di tradimento che ho provato.
3. Dal romanzo è evidente un messaggio in particolare, che non è facile distinguere il bene e il male, poiché in alcuni casi albergano entrambi nelle persone e possono coesistere, manifestandosi in modo alterno. Credi che questo concetto valga per tutti o è solo una scelta per rendere intrigante il romanzo?
Dal momento che sono convinta che la natura umana sia certamente bivalente, per me questo concetto vale sicuramente per tutti.
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
Il dolore, l’incapacità di cambiare delle cose che in realtà dovrebbero essere diverse.
5. Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire il tuo romanzo, quali useresti?
Graffiante, sanguinoso, ingiusto.
5. Perché credi che si debba leggere The butcher?
Perché è un libro incalzante, si legge con velocità, ogni pagina scorre e la curiosità aumenta ad ogni capitolo, non vi è alcun mistero da svelare, più che altro ci si immedesima nel personaggio e ci si lascia guidare da lui sin nel profondo.
6. Da dove nasce la passione per la scrittura?
Ero al liceo quando per la prima volta mi è passato per la mente di scrivere, odiavo la scuola e il mio Prof. di latino e greco, volevo che il mondo lo sapesse e ho scritto il mio primo libro su un adolescente problematico.
7. Hai nuovi progetti in vista? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Di libri ne ho scritti già sei, ma The Butcher è stato il primo che ho deciso di provare a pubblicare, ora sono indecisa con quale continuare questa avventura; posso solo dire che non ho abbandonato la prosa ottocentesca e che ho cercato di spingermi più nel profondo della psiche umana per rendere i personaggi e le storie corpose e gli intrighi più complessi.
8. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Sicuramente Anna Karenina.
9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
I miserabili di Victor Hugo, un libro che non ho mai tollerato, troppo lungo e intricato, a metà ho perso la voglia di andare avanti è stato l’unico libro che sino ad adesso non ho letto per intero.
10. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
È facile scrivere un romanzo?
Sento dire spesso che scrivere un romanzo è impresa facile poiché al giorno d’oggi può pubblicare chiunque bravo o meno, perciò non è più necessario essere tutti dei piccoli geni letterari. Il problema non è essere o meno capaci di scrivere, per me la vera sfida da affrontare è la costanza; un romanzo ti scava nelle viscere, nella mente, ti svegli alla mattina e pensi a quello che oggi scriverai, ti addormenti e pensi a ciò che aggiungerai domani e ad un certo punto i personaggi stessi d’invaderanno la mente. È un lavoro, una passione e a volte una vera agonia; se al giorno d’oggi siamo tutti in grado di pubblicare è vero anche che non tutti hanno la costanza e la pazienza di lasciarsi risucchiare dal mestiere dello scrittore.