1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.
Vorrei semplicemente che il lettore (sempre che qualcuno si prenda la briga di prendere in considerazione il mio libro) riuscisse a capire di me quello che traspare dai miei testi e che ricevesse da quei testi un po’ di emozione e provasse un po’ di condivisione… L’autore non ha importanza: è il lettore che diventa autore reinterpretando quello che legge.
2. Dovendo riassumere in poche righe il senso delle poesie contenute nel libro “Fraintendimenti” cosa diresti?
Sono poesie che restituiscono al lettore, spero, l’incertezza dello sguardo di chi scrive… Poesie che nascondono un segreto e che, però, di quel segreto spargono, nel testo, sulla superficie, indizi abbastanza chiari per poter arrivare al… colpevole!
3. Le poesie hanno il vantaggio rispetto al romanzo di utilizzare un linguaggio che fornisce messaggi universali, per quanto ognuno poi ritrovi il suo senso. Da dove nasce l’ispirazione per questo libro?
Dalla lettura e dalle esperienze, dalla visione della realtà filtrata dalla propria condizione umana, dal proprio carattere.
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo le tue poesie? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
Vorrei, come succede a me quando leggo poesie, che, attraverso la descrizione di ciò che è visibile, attraverso le parole, riuscisse a provare una condivisione emotiva di ciò che “sta sotto”… O, almeno, che ricavasse un sensazione di bellezza, anche minima (anche aspra e non armonica), da ciò che sta leggendo.
5. Viviamo in un mondo precario in cui i fraintendimenti sono all’ordine del giorno. Cosa credi si possa fare per ristabilire l’ordine e vivere più serenamente?
Difficile dirlo. Si è continuamente fraintesi, si è quasi sempre mascherati, in lotta con se stessi e con il mondo che cerca di spremerti la vita… Cerchiamo di salvarci, almeno un poco, contemplando… Un po’ di solitudine per capire meglio noi stessi e per meglio accostarci agli altri.
Fare ordine, aspirare a un ordine soprattutto interiore, è impresa difficile ma non impossibile partendo dal dato di fatto che siamo nel caos e che tutta la tecnologia che ci sta attorno, anche se ci è di aiuto, contribuisce a costruire una catena di bisogni soffocanti, opprimenti….
6. Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai scrivendo un altro libro oppure ti stai dedicando alla promozione di “Fraintendimenti”?
Scrivere è difficile, è un processo di “sedimentazione” che richiede tempo. Per me non è immediato ma faticoso… Comunque scrivo, tento di scrivere, di “prendere spunto” da ciò che leggo e che lascia traccia e da ciò che vedo nel quotidiano. Un altro libro di poesie sarebbe pronto…. Ma poi a che servirebbe, forse solo a me stesso perché farsi leggere, nel caso della poesia di autori sconosciuti, è quasi impossibile e velleitario.
Ho cercato di promuovere “Fraintendimenti” ma con scarsi risultati nonostante i miei sforzi e quelli del mio editore (per lui mi dispiace, visto che mi ha dato fiducia – senza chiedermi alcun contributo economico, come, invece, sono soliti fare altri editore quando si tratta di poesia – che ha creduto nella mia “produzione poetica” fin da subito, con entusiasmo e condivisione).
7. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Non c’è un solo libro. Il primo che ha lasciato il segno (che ho letto da ragazzo) è stato “Zanna Bianca” di Jack London. Quello che più mi ha “rivoluzionato” interiormente è stato, poi, “La Peste” di Camus… Ma per la poesia soprattutto Cesare Pavese con “Lavorare stanca” e “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”.
8. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Ce ne sono un po’: quelli di autori comici (non vuol dire che non mi interessino gli autori “ironici”), quelli del genere “giallo” che non siano anche pretesto per dire cose più profonde (ad esempio non consiglierei un libro come “La saggezza di Padre Brown” di Gilder Keith Chesterton (non mi dice proprio niente).
9. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Ma chi te lo fa fare di tentare di scrivere poesie, di perdere tempo e fatica per qualcosa che tutti sanno scrivere (o almeno credono) e che nessuno legge?
Ebbene risponderei: non ne posso fare a meno dal momento che, con un pizzico di presunzione ma anche di debolezza, la scrittura in forma di poesia (sempre che la mia scrittura possa definirsi tale) è, per me, una sorta di “terapia dell’anima”.