La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Mariano Fontaine autore del libro Le facce della menzogna
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro Le facce della menzogna, cosa diresti?
Che ho voluto dar voce direttamente ai carnefici. A quella parte “malata” della società. Per riuscire in questo, tecnicamente, ho dovuto impostare la voce narrante in prima persona multipla. In questo modo il lettore vive direttamente dall’interno, la catastrofe sociale e psicologica che affligge queste persone. Sono soprattutto loro quelli che parlano nel romanzo. Un dramma nel dramma.
2. Da dove nasce l’ispirazione per questo romanzo dai tratti molto americani?
Bella domanda. Se ti riferisci ad un raffronto cinematografico, posso dirti che non amo assolutamente l’ipervelocità dei film a stelle e strisce. Li trovo troppo concitati, estremamente sintetici, eccessivamente dinamici con evoluzioni strutturali frenetiche. E’ vero che nel romanzo ho voluto condensare quanto più possibile la storia ma probabilmente perché reputo il libro diverso da un film. In un romanzo, puoi restringere quanto più vuoi ma alla fine devi forzatamente spiegare, per cui ho badato poco alle descrizioni esterne, che pur ci sono, e andare invece direttamente al sodo: raccontare cosa succede nelle menti inferme (e non) dei personaggi. Come agiscono, cosa pensano.
Per quanto riguarda l’ispirazione, guarda, sono sempre stato affascinato dai serial killer e da soggetti afflitti da personalità multipla, nonché psicopatici, sociopatici, soggetti schizofrenici e così via. Mi piace anche scavare sempre nella psiche umana, come nei rapporti quotidiani con le persone che incrociano la mia vita. Trovo inoltre godimento nel disseppellire scheletri nascosti tra i meandri della società, andare a scovare le cose che non emergono, e se lo fanno, solitamente vengono poi camuffate dalla morale comune. Cosa succede ad esempio in un uno strip club e come vive una ballerina costretta a denudarsi per portare il salario a casa? Come vede le cose un pusher? Come è organizzata una gang armata ideologizzata? E come ragiona un tossico? Che colpe ha un barbone? Ecco, io son voluto andare vedere proprio lì dietro. Dove sovente non si va mai a sbirciare.
3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Mi piace scavare dentro tutte quelle situazioni di vita che si danno per scontate. Secondo me non esiste nulla di scontato in questo mondo. L’universo mentale e le dinamiche sociali che riguardano l’essere umano sono varie e andrebbero approfondite quanto più possibile. Mi piace raccontare storie di persone che vivono vite al limite e oltre, perché penso sempre (e i miei studi in merito me lo dimostrano) che dietro ogni disastro umano esiste una tragedia che riguarda tutti noi come comunità. E’ troppo facile puntare il dito contro a prescindere, così come accusare per partito preso.
Di conseguenza, è estremamente difficile far capire, oppure, in qualche modo comprendere, i gesti di quelle persone che vivono ai margini. Bene, a me piace far parlare proprio loro, gli ultimi, i reietti e ascoltare le loro voci che arrivano da famiglie disastrate oppure condizioni esistenziali vissute oltre il consentito. In sintesi estrema, vorrei, attraverso i miei scritti, lasciare qualche cosa di queste “anime pazze” a chi legge. Utopia assoluta poi, il capire cosa passa per la mente di queste persone significherebbe anche, in molti casi, prevenire quanto più possibili tali efferatezze, perché frutto di una società marcia.
4. C’è qualcosa che Mariano Fontaine avrebbe voluto aggiungere al libro, quando lo ha letto dopo la pubblicazione?
Sarò presuntuoso ma il romanzo è venuto fuori perfettamente come lo avevo concepito. Non avrei aggiunto né tolto nulla. Va benissimo così.
5. Se Mariano Fontaine dovesse utilizzare tre aggettivi per definire “Le facce della menzogna”, quali userebbe?
Attuale, coinvolgente, drammatico.
6. Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Perché parla di realtà. O meglio, di una possibile realtà. La storia è ovviamente una mia invenzione ma quanto descritto attraverso i personaggi, rappresenta appieno quella faccia degli States (e non solo) che in tanti non vogliono vedere. Bene, leggendo “Le facce della menzogna” un sacco di verità vengono messe a nudo, letteralmente scuoiate.
7. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
Quest’anno, causa Covid-19, ho letto più del solito: sette libri nei primi due mesi di lockdown. I miei miti rimangono Don Winslow e Joe Lansdale. Ma proprio durante la pandemia mi sono avvicinato (e innamorato) a Jim Thompson. Per cui mi vien voglia di evidenziartene tre di romanzi che mi hanno emozionato particolarmente in questo periodo: “Corruzione”, un mattoncino di cinquecento pagine del Maestro Don Winslow, “L’assassino che è in me” di Thompson e “Io sono Dot” di Lansdale. Mamma mia che storie. Come riescono loro a farti entrare nella psiche dei personaggi non ci riesce nessuno.
Seconda parte intervista scrittore
8. Quale libro Mariano Fontaine non consiglieresti mai a nessuno?
Penso sia una cosa prettamente soggettiva ma, se proprio devo, eliminerei tutti quei manuali di elettronica che mi accompagnarono alle superiori. Hahahahaha!!
9. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Nessuno me lo ha mai chiesto ma penso che tutti (amici e parenti) se lo siano domandato. Fino a quarantacinque primavere la musica è stata la mia vita. Era tutto ciò di cui avevo bisogno. Perché quindi, dopo due album e una marea di date fatte in giro per l’Italia ho deciso di posare la chitarra al chiodo e cominciare a scrivere? Semplicemente perché attualmente scrivere mi rilassa e allo stesso tempo mi attiva mentalmente.
Questa cosa, che prima accadeva quando abbracciavo la mia sei corde, mi rende libero di esprimermi e felice. Soprattutto poi, non devo più interagire con altre persone che viaggiano ad una sintonia diversa dalla mia, cosa che accadeva sempre quando suonavo. Vedi, io sono uno che si immerge completamente in un progetto e lo vivo al cento percento. Così era comporre e così è scrivere. Purtroppo in una band c’erano, solitamente, non meno di quattro teste da far camminare e purtroppo, spesso, ognuna camminava ad una velocità diversa dalla mia. Oggi invece, me la canto e me la suono (quasi) da solo, e va benissimo così. Ero un despota? Probabile. Ed oggi sono il despota di me stesso. Che voglio di più?