La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Mario Grasso autore del libro “Il mondo di Kissa”
Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Il mondo di Kissa”, cosa diresti?
I sentimenti e la solidarietà umana sono la “rete emotiva” che, sia pure con fatica, fa del mondo un unico grande villaggio, più ancora della tecnologia digitale.
Da dove nasce l’ispirazione che ti ha spinto a raccontare una storia così impegnativa dal punto di vista politico e sociale?
Nasce da una formazione sociologica, che tende in modo spontaneo a scavare e interpretare fenomeni non del tutto noti, e dal mio sogno adolescenziale di fare l’inviato speciale, ruolo che lascio interpretare al personaggio maschile principale che è un giornalista investigativo, le cui “avventure” sono narrate anche in precedenti romanzi. Anche in questo romanzo dedico una particolare attenzione allo scavo psicologico dei vari personaggi.
Quando l’ispirazione diventa stesura?
La scrittura non risponde a un processo razionale che ha un inizio e una fine. L’ispirazione non diventa necessariamente subito scrittura, può essere un appunto, un graffio emotivo, un’immagine che trova posto nella memoria, un pensiero che scompiglia quelli già presenti e dà loro un ordine diverso. La scrittura comincia quando senti che qualcosa può accadere se metti mano alla penna o alla tastiera.
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Una cosa che i più già sanno ma che volontariamente isolano in un reparto remoto della coscienza: che il mondo non è solo quello dei nostri telegiornali e dei talk show interrotti da merendine, acqua che fa fare plin plin e auto… auto… auto. Spero di riuscire a invitare i lettori a riflettere sul fatto che il colonialismo esiste ancora, anche se indossa divise diverse, e che il turismo ha generato una nuova schiavitù, sessuale e di progressiva perdita dell’identità di numerosi popoli. Nella storia di questo romanzo ci sono allo stesso tempo, poesia e dolore, cruda realtà e speranza.
C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Dare un assetto definitivo alla storia tra i due protagonisti, l’antropologa masai e il giornalista italiano, che ora rimane affidata alla sensibilità individuale del lettore. Ma la conclusione la conosceremo durante la prossima avventura del nostro giornalista, che avrà come scenario Kabul e la nuova presa del potere da parte dei talebani.
Se Mario Grasso dovesse utilizzare tre aggettivi per definire “Il mondo di Kissa”, quali userebbe?
Avvincente, emozionante, cruda.
Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Anche i libri di svago devono proporsi di aiutare il lettore a comprendere il mondo in cui viviamo. È una storia che cresce pagina dopo pagine, ma sin dalle prime promette… e ciò che promette lo mantiene.
Hai nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo romanzo? Puoi anticiparci qualcosa?
Non uno ma ben quattro! Due sono già presso gli editori, uno aspetta la mia ultima lettura prima di essere inviato, uno è ancora alla ricerca del “perché” conclusivo. Di questi, uno è ambientato a Kabul, gli altri tre nella mia amata Puglia.
Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo periodo?
Ho riletto “Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhava che, oltre a farmi vivere sulla pelle la tragica sorte del popolo palestinese, mi ha confermato che nel mio “Hata Meshuga – Voi siete matti” ho trattato con onestà intellettuale il conflitto israelo-palestinese che continua a bagnare di sangue la terra della Palestina dal 1948, nella sostanziale indifferenza dell’Occidente.
Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
“Non c’è libro tanto cattivo che in qualche sua parte non possa giovare”, ammoniva Plinio il Vecchio. Naturalmente con ciò non intendo che tutto ciò che propone il mercato sia di buon valore. Però un consiglio mi sento di proporlo: frequentate di più le librerie “di terra”, dove oltre a buoni libri si possono trovare ottimi consigli.
Adesso è arrivato il momento di porti una domanda a cui avresti sempre voluto rispondere ma che nessuno ti ha mai fatto…
Perché ho pubblicato soltanto con piccole case editrici non a pagamento? Perché l’accesso alla grande industria libraria mi è negato da politiche editoriali più attente a budget, break even point e fatturato che alla qualità delle opere stampate; politiche che accolgono a braccia aperte nomi noti al grande pubblico (cuochi, vedette televisive, calciatori, pornostar…) piuttosto che nomi nuovi che hanno qualità narrative. Ricordo che Annie Ernaux, ultimo premio Nobel per la letteratura, viene pubblicata da una piccola casa editrice e del tutto ignorata dalla grande editoria… come tanti altri premi Nobel.