Intervista a Mario Pacchiarotti
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso della tua raccolta di racconti Fughe cosa diresti?
Fughe è un invito a considerare le cose nella loro complessità, prima di dare giudizi o prendere posizioni nette. In particolare quando si parla della natura umana, nulla è semplice. Purtroppo vediamo ogni giorno quanti danni possano fare persone prive di una sana razione di dubbi. Con i miei racconti cerco di porre domande, stimolare ragionamenti critici, nella speranza che questo possa rendere più evidente quanto possa essere difficile giudicare le azioni degli altri.
2. Da dove è nata l’ispirazione che ti ha spinto a scrivere queste storie così fantasiose e attuali allo stesso tempo?
Quasi sempre i miei racconti nascono dalla cronaca di tutti i giorni, soprattutto dalle reazioni delle persone a questi fatti. Reazioni che a volte assumono forme molto aggressive, basate su apparenti certezze. Io provo a sgretolarle, a inculcare il dubbio, perché penso che questo renda tutti più umani. Trovo nel fantastico il terreno ideale per inventare, creando quello che mi occorre per portare avanti le mie storie
3. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo i tuoi racconti? Quali significati non del tutto espliciti vorresti potesse cogliere?
Vorrei innanzi tutto che si divertisse. Non cerco la risata, piuttosto il sorriso. Quello un po’ sghembo che contiene anche un pizzico di amarezza. Non voglio trasmettere messaggi particolari, se non quello di non essere mai troppo crudeli nel condannare. Di lasciare un margine al giudizio, di dilazionarlo, cercando di approfondire la conoscenza del problema e dell’altro.
4. Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire il tuo libro, quali useresti?
Più che definirlo, posso dire come vorrei che lo vedessero i lettori: fantasioso, divertente, soprattutto stimolante.
5. Perché credi che si debba leggere Fughe?
Naturalmente io voglio essere letto, ma ai miei potenziali lettori dico: leggete pure quello che vi pare, purché leggiate. E magari, fatelo con un pizzico di curiosità, non vi fossilizzate su un genere o su una manciata di autori. Un brutto libro non può uccidervi, un pessimo pasto sì, eppure ristoranti nuovi ne provate, fate lo stesso con i libri. Le cose più belle si trovano percorrendo sentieri poco battuti.
6. Da dove nasce la passione per la scrittura?
La scrittura per me è un’estensione della lettura. Ho sempre inventato storie, me le sono raccontate per tanti anni prima di addormentarmi, un modo elegante per prendere in mano la regia dei miei sogni. E ho sempre letto tanto, specialmente letteratura fantastica, ma in realtà di tutto, senza preclusioni. Qualche volta da giovane ho scritto per gioco, con discreti successi, ma non avrei mai pensato di mettermi seriamente a scrivere. Come ci sono arrivato non lo so, non mi ricordo un momento preciso, un elemento scatenante. Non sono sicuro di aver preso una decisione in maniera conscia, mi sono ritrovato a farlo e basta. Di una cosa sono certo, se non avessi amato tanto leggere non sarebbe mai successo.
7. Hai nuovi progetti in vista? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Sto concludendo l’ultima revisione di un romanzo, la fase di editing. È il primo testo “lungo” che produco, ci è voluto un po’ di tempo per arrivare a questo punto. È una storia un po’ strana, ma questo non dovrebbe stupire chi ha letto Fughe. Non è fantascienza, tuttavia è ambientata in un vicino futuro alternativo. C’è un gruppo di settantenni che pianifica il sequestro di alcuni parlamentari, un commissario che indaga su di loro, incursioni nel mondo virtuale… Non è un giallo o thriller tradizionale, come mia abitudine cerco di far nascere domande, più che dare risposte. Penso sia un libro interessante e difficile da definire, vi toccherà leggerlo per decidere se vi piace, perché so già che la sinossi non sarà in grado di rendere bene l’idea di quello che è il romanzo.
8. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Non credo ci sia un libro specifico che mi ha spinto verso la scrittura. Tuttavia, ci sono stati libri importanti per la mia vita. Uno è L’arte di amare di Fromm. Non solo ha in qualche modo segnato la mia vita, ma è un libro che mi piace regalare, perché penso che contenga delle piccole verità che, se comprese, comportano un enorme cambiamento nel modo di vedere la vita e l’amore. Un altro libro cui sono legato in maniera speciale è La mano sinistra delle tenebre di Ursula Le Guin. Questo romanzo mi ha fatto riflettere profondamente sul rapporto tra i generi e sulle conseguenze negative che questo ha nella vita delle donne. Una consapevolezza che un uomo difficilmente raggiunge senza aiuto. Ce ne sarebbero tanti altri, ma mi fermo qui.
9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Le persone sono tutte diverse, non sarò mai sicuro che un libro, per quanto possa essermi parso brutto, non risulti di gradimento ad altri. E poi odio le rubriche che vanno a caccia dei libri peggiori, è un modo di infierire che trovo volgare. Semmai farei attenzione a quello che ci piace. Quando consigliamo un libro, infatti, facciamo spesso un errore madornale, finiamo per scegliere qualcosa che piace a noi e non consideriamo invece i gusti della persona cui lo indirizziamo.
10. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Questa è facile. La mia risposta è 42. La domanda cercatela!