1. Che cosa è cambiato nel mondo e nella tua vita in questi ultimi anni, dopo aver scritto sei libri sui paesi coinvolti nel secondo conflitto mondiale?
Il mondo bipolare uscito dalla seconda guerra mondiale oggi fa parte del bagaglio storico europeo. L’Unione europea unisce sotto il suo tetto le due anime del vecchio continente rimaste divise per tutta la seconda metà del secolo breve. L’Europa nuovamente respira con entrambi i suoi polmoni, quello occidentale e quello orientale. Il ruolo della Russia in Europa rimane ancora oggi fondamentale per le sorti del vecchio continente, si può dire che i destini dell’Unione europea e la Russia sono legati tra loro. In altri termini la pace nel vecchio continente dipende dai rapporti che riusciranno a mantenere entrambi.
Nella mia vita non ci sono stati stravolgimenti epocali. Continuo ad interessarmi di storia.
2. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro “La Polonia un paese tradito. La questione polacca tra Occidente e Oriente” cosa diresti?
Il destino della Polonia è il tipico esempio come le potenze storiche di turno trattano i paesi da loro non considerati potenze o super potenze dello stesso rango ma solo merce di scambio o di controllo geopolitico.
3. Leggendo i tuoi libri si ha l’impressione di aver studiato la Storia a scuola in maniera un po’ cieca. Sono tante le informazioni che i professori non ci hanno voluto dare, oppure diventa complicato spiegare tutte le ragioni di un conflitto e le sue conseguenze durante gli anni di studio?
La storia studiata a scuola è il risultato del percorso di apprendimento previsto dei programmi ministeriali perciò certi argomenti specifici, argomento di studio dei ricercatori storici, non vengono approfonditi nei banchi di scuola, ma solo all’università.
Lo studente riceve un’infarinatura globale degli eventi storici considerata da ogni stato fondamentale per il suo sviluppo personale. Nei programmi scolastici generalmente si pone l’accento sulla storia nazionale collegata agli eventi storici continentali e mondiali, dunque lo studio non è così approfondito, ancora oggi però prevale la visione eurocentrica della storia. In altre parole si parte sempre dall’Europa per poi allargare il discorso ad altri continenti. La ricerca storica si concentra invece su determinati periodi storici o anche studia singoli eventi di interesse scientifico in modo dettagliato ed approfondito. In sostanza possiamo tranquillamente parlare di due livelli di apprendimento storico, quello scolastico e quello universitario.
I miei libri affrontano argomenti specifici del secondo conflitto mondiale. Le informazioni veicolate sono dettagliate ed argomentate da fonti bibliografiche, perciò scientificamente controllate. Il discorso storico che porto avanti in tutti i miei libri è di rendere al lettore il corso degli eventi più comprensibile e chiaro, perciò uso uno stile scorrevole adatto alla lettura che però non stanca ma spinge il lettore alla riflessione. Anche chi non è addetto ai lavori ovvero esperto in materia può prendere in mano i miei libri e avventurarsi tra le pagine storiche della seconda guerra mondiale. In sostanza io cerco di divulgare la storia rendendola accessibile a chiunque.
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il libro? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
In questo libro affronto un argomento specifico, cioè il ruolo avuto della Polonia nella seconda guerra mondiale. Il discorso però da me viene allargato in ambito globale, dato che prendo in esame l’approccio avuto verso lo stato polacco da parte delle potenze belligeranti nel seconda guerra mondiale. Il destino crudele riservato a un’intera nazione viene da me evidenziato con forza in tutto il precorso di lettura del testo.
Tra le righe traspare l’aspetto razzista e di genocidio programmato e messo in atto da Adolf Hitler in Polonia. Un acuto lettore può sicuramente cogliere il messaggio nascosto tra le pagine del libro: a quali atrocità può portare un’ideologia fondata sul disprezzo etnico.
5. La parte introduttiva del tuo libro sulla Polonia è molto interessante, soprattutto nell’attirare l’attenzione su un particolare non trascurabile: la differenza di ragioni che hanno spinto alle due guerre mondiali. Ce le vuoi riassumere brevemente in modo che i lettori possano avere una visione più completa dei fatti?
Il XX° fu insanguinato da due sanguinosi conflitti mondiali che hanno cambiato la fisionomia geopolitica del continente europeo. Nella prima guerra mondiale vi fu un scontro bellico in prevalenza tra imperi retti da monarchi. Gli imperi multietnici si scontrarono tra loro per ottenere il predominio continentale e marittimo. In sostanza si trattava di una guerra di tipo coloniale tra nazioni rette da sistemi politici affini, mentre la seconda guerra mondiale fu un conflitto ideologico razziale, dove si contrapposero due visioni del mondo, quella nazi-fascista e quella delle democrazie parlamentari occidentali alleate si con l’ideologia comunista staliniana.
In entrambi i conflitti al questione di fondo che portò allo scontro bellico fu quella di ottenere con la forza delle armi un nuovo ordine mondiale. L’equilibrio internazionale in vigore fu giudicato da alcuni paesi iniquo nei loro confronti.
6. Qual era la posizione strategica della Polonia in quegli anni?
La posizione geografica della Polonia né segnò il destino lungo l’arco della storia. La Polonia fu da sempre il punto di passaggio per raggiungere l’estremo lembo orientale dell’Europa oppure viceversa per raggiunge le coste occidentali del continente europeo. La conformazione del suo territorio, in maggior parte pianeggiante tranne la catena montagnosa situata nell’area meridionale del paese, facilitò l’opera di conquista degli invasori della Polonia provenienti da ovest, ma anche da est. La presenza di un forte stato polacco nell’area lungo i secoli può essere considerato una specie di barriera o stato cuscinetto tra l’Europa orientale e l’Europa occidentale.
La funzione di stato cuscinetto o barriera fu rilanciata dalla potenze vincitrici del primo conflitto mondiale, in particolare dalla Francia e dalla Gran Bretagna, per bloccare l’influenza bolscevica da est e limitare l’influenza tedesca nell’Europa centro-orientale. La Polonia diventò un anello della cintura di sicurezza anti- germanica e anti-sovietica messa in piedi in Europa dopo la pace di Versailles nel 1919.
La Polonia cercò sempre di mantenere un’equidistanza tra i due potenti vicini storici : tedeschi e sovietici. Varsavia volle sempre mantenere una libertà di manovra tra i due potenti vicini, ma anche nemici storici della Polonia. In caso di pericolo i governati polacchi confidavano sulla lealtà delle democrazie occidentali, quella francese e quella britannica. Questa ceca fiducia in Parigi e Londra da parte polacca influì negativamente sul destino del paese che si trovò a fronteggiare l’invasione nazista 1 settembre 1939 praticamente da solo senza alcun aiuto concreto dei suoli alleati occidentali che pur dichiarando guerra a Hitler preferirono adottare una tattica bellica attendistica consegnando di fatto la Polonia nelle mani di Hitler e Stalin che attuarono alla lettera il loro patto di non aggressione firmato il nel agosto 1939 dai ministri degli esteri dei entrambi paesi spartendosi di fatto il territorio polacco.
Per Hitler la Polonia era solo il punto di passaggio obbligato per il successivo attacco nazista all’URSS nel giugno 1941, mentre Stalin mirava ad riottenere qui territori, finiti nel rinato stato polacco dopo il crollo del impero zarista, considerati dal dittatore sovietico parte del suo paese.
7. Quanto tempo hai impiegato per raccogliere tutte le informazioni utili per scrivere questa tua ultima opera?
Per raccogliere tutto il materiale storico bibliografico utile alla stesura del testo di per sé complesso ho impiegato più di due anni. Mi sono pressa tutto il tempo necessario per consultare le fonti storiche straniere inerenti all’argomento da me trattato. Nel consultare le fonti ho cercato di cogliere il punto di vista storico caratteristico dei paesi coinvolti nel conflitto. Ciò ha richiesto un’attenta lettura delle fonti storiche in varie lingue.
8. Quest’ultima domanda è rivolta alla realtà attuale politica, sociale e ideologica. Da studiosa degli avvenimenti
salienti ci vuoi dire che momento storico stiamo vivendo?
Oggi stiamo vivendo un momento storico per certi aspetti simile al periodo vissuto dell’Europa tra le due catastrofi belliche mondiali del XX° scolo. Il crollo dell’impero austro-ungarico, russo e ottomano nonché la sconfitta della Germania del Kaiser nel 1918 portò all’epoca ad un vuoto di potere nelle regioni centro-orientali, orientali ed balcaniche dell’Europa. Questo vuoto di potere fu colmato con la nascita di una serie di nuove nazioni. Nell’area vi fu un periodo di assestamento dei confini tra le varie entità nazionali caratterizzato da scontri etnici tra le nuove nazioni nate dalle ceneri degli imperi. Tutti gli imperi crollati erano multietnici e multi religiosi. Nelle dispute territoriali il fattore religioso si unì a quello etnico alimentando la miccia dello scontro ideologico e politico.
Il crollo dell’URSS e della Jugoslavia, stati multietnici e nel 1991 provocò un cataclisma simile nell’area. In entrambi casi vi fu un periodo di violenti scontri etnici tra le nuove entità nazionali per definire i propri confini e gli equilibri etnici entro i confini nazionali dei neonati paesi. Il fattore religioso finì per ampliare la cassa di risonanza delle discordie storiche su base etnica. Con il crollo del comunismo il fattore ideologico passò in secondo piano. Il nazionalismo etnico-religioso prese il posto dell’ideologia comunista dominante per un lungo periodo nell’area.
La crisi economica del 1929 può essere paragonata a quella odierna. Entrambe le crisi hanno un punto in comune: la bolla speculativa finanziaria. L’economia reale, quella produttiva fu travolta in entrambi i casi dall’economia speculativa finanziaria, che non produce beni di consumo, ma sposta fiumi di denaro da un pacchetto d’azioni all’altro creando profitto in denaro per chi investe in determinate azioni o le vende intascando il profitto e i dividendi azionari, ma non crea posti di lavoro, non produce e non crea mercato.
La rivoluzione tecnologica portata avanti dall’avvento del computer di massa può essere paragonata all’introduzione della catena di montaggio introdotta in fabbrica dal industriale americano Henry Ford. In entrambi i casi possiamo parlare di una nuova organizzazione della produzione industriale, che portò a una diminuzione della richiesta della manodopera. L’automatizzazione cambiò la visione della produzione industriale, ma anche dell’acquirente dei prodotti di consumo. La Ford Model T, nota come Tin Lizzie uscita dagli stabilimenti Ford nel 1908 trasformò la macchina da oggetto di lusso accessibile a pochi ad oggetto di largo consumo di massa abbordabile anche al consumatore comune. La produzione in serie diminuì drasticamente i costi dei prodotti industriali allargando così la possibilità di vendita e di acquisto sul mercato. Iniziò così l’era del consumo di massa ovvero del consumismo sfrenato di ogni tipo di prodotto lanciato sul mercato con un’accurata e persuasiva operazione pubblicitaria.
Oggi stiamo vivendo un periodo di cambiamento più radicale. Lo sviluppo dell’informatica incide in tutti i tessuti sociali, cambia radicalmente lo stile di vita e ne livella lo status sociale. Possiamo asserire che stiamo vivendo l’evoluzione automatizzata su base informatica del modello produttivo della catena di montaggio, dove l’operaio si occupava di un segmento della produzione e non produceva l’intero prodotto. Oggi il computer svolge le stesse funzioni di un operaio dietro la catena di montaggio. Ciò comporta inevitabilmente una diminuzione drastica della richiesta della manodopera non solo nell’industria, ma anche nell’amministrazione pubblica e privata in tutti gli settori. Il problema della forza lavoro in eccesso che il mercato non è più in grado di assorbire a causa dell’ automatizzazione informatica rimane il problema cruciale della globalizzazione nella quale viviamo oggi.
Nessuno fino ad oggi, (nei governi dei paesi, nei sindacati, nei partiti politici di ogni tipo di schieramento, negli esperti sfornati dalle università, nei burocrati e nei tecnocrati e nei commentatori di ogni sorta) ha trovato il nodo della matassa per poter risolvere in modo ragionevole e ponderato il problema della disoccupazione strutturale oramai diventata cronica causata dalla rivoluzione digitale che sta cambiando alla radice lo stile di vita di milioni di persone nel globo terrestre. Purtroppo siamo entrati in un vicolo nel quale ci sono innumerevoli incantatori di serpenti che offrono ricette di ogni tipo come quella dell’austerità e del rigore sfrenato, che fino ad adesso hanno solo aggravato la situazione del disagio sociale e non hanno dato la desiderata spinta alla ripresa produttiva industriale. Indubbiamente di solo rigore e del taglio delle risorse indiscriminato si muore.
Il pericolo di una dittatura o di un potere forte non può essere scartato nel futuro, se non si troverà in tempo la risposta giusta alla disoccupazione cronica diventata galoppante. La storia passata ce lo insegna. In Europa nel secolo breve abbiamo già vissuto l’avvento di dittatori spietati e sanguinari e di ideologie totalitarie razziste che hanno negato ogni dignità umana agli individui non appartenenti alla razza eletta predestinata al dominio mondiale. La Polonia fu infatti una delle prime vittime di questo genocidio programmato su base scientifica.
L’ombrello dell’Unione Europea per adesso ci ha salvato da avventure autoritarie dittatoriali scaturite dallo sconquasso economico e politico morale vissuto in Europa tra le due guerre mondiali. Dalla saggezza dei governati europei, che dovranno scegliere come costruire un’unione politico-economica ovvero formare uno stato unitario europeo dipende il futuro del nostro continente. Per l’Europa ci sarà un futuro di pace o di scontri bellici già vissuti nel passato sui campi di battaglia del vecchio continente? Questo lo dirà la storia, comunque Carlo Magno scoli fa ci ha mostrato la strada per ottenere una convivenza pacifica tra i popoli rispettando la specificità etnica e religiosa di ciascuno.