Intervista a Pietro De Sarlo
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro L’Ammerikano cosa diresti?
E’ un libro sui contrasti: tra epoche, generazioni e parti del mondo diverse. Tra questi contrasti, i protagonisti si muovono ricercando faticosamente una propria identità e una propria via per il perseguimento della felicità. In questo percorso sono continuamente combattuti tra l’abbandonarsi a quello che il destino ha in serbo per loro, e la volontà di reagire e costruirsi da soli il futuro. Forse è proprio nella domanda irrisolta su cosa guida effettivamente le nostre vite (il caso, il destino, la volontà, …) che c’è il senso ultimo del libro.
2. Da dove nasce l’idea che ti ha portato a scrivere questo romanzo che racconta di emigrazione, di ricerca della propria identità e delle differenze culturali spesso legate alla tradizione?
Dalla mia storia personale. Di uno che è stato fanciullo in un piccolo paese di montagna del Sud Italia, in un’epoca in cui la vita era sostanzialmente basata sui ritmi delle stagioni e la tecnologia era inesistente. Di uno che si ritrova a sessanta anni ad aver attraversato, per fortuna indenne anzi con discreto successo, tutte le rapide accelerazioni che la storia ha avuto nel frattempo muovendosi freneticamente tra Milano, Roma e il resto d’Italia e, in alcuni periodi della propria esistenza, del mondo. Di uno che alla fine non riesce più a sentirsi veramente a casa in nessun luogo.
3. Da quali elementi sei partito per scrivere il tuo libro?
Volevo raccontare la storia della mia generazione e delle drastiche mutazioni ambientali che ha dovuto affrontare ma senza annoiare. Quindi ho dovuto immaginare un intreccio che mi consentisse di raccontarla tra le righe di una trama che incalzasse il lettore e lo tenesse costantemente avvinto dallo sviluppo degli eventi narrati. Volevo che il mio libro portasse anche a riflettere sulla nostra condizione umana e sulla società in cui viviamo e i suoi riti. Per chi vuole leggere L’Ammerikano come se fosse un thriller può farlo, essendo certo di aver voglia di arrivare all’ultima pagina velocemente e nello stesso tempo di sentire già la mancanza dei protagonisti man mano che la parola fine si avvicina. Esaurita l’ansia di vedere come andrà a finire si può rileggere con più calma il testo cogliendo le riflessioni più profonde proposte.
4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo L’Ammerikano?
Mi contento di suggerire delle domande e dei punti di attenzione sul nostro mondo e sulla nostra epoca e sulle responsabilità individuali che ognuno di noi ha, con i propri comportamenti, sui destini di una collettività.
5. Se Pietro De Sarlo dovesse utilizzare tre aggettivi per definire il suo libro, quali userebbe?
Scorrevole con riguardo allo stile narrativo. Documentato con riguardo alla attenzione che ho messo nella ambientazione storica, e di tutte le ambientazioni, che rendono possibile lo svolgimento della trama. Appassionante per quanto riguarda l’intreccio. Aggiungerei anche onesto, nel senso che non baro mai con il lettore.
6. Perché credi che si debba leggere il tuo romanzo?
Nei miei continui viaggi e spostamenti di lavoro, i libri mi hanno fatto sempre buona compagnia e mi hanno consentito di vivere, con la fantasia perdendomi nella lettura, molteplici vite. Molti dei personaggi protagonisti dei libri letti sono stati presenti nella mia mente per molto tempo come delle conoscenze reali. Credo che un buon libro debba fare questo e credo che il mio libro lo faccia.
7. Da dove nasce la passione per la scrittura?
Più che la passione per la scrittura la mia vera passione, meglio sarebbe dire il mio vero bisogno, è raccontare storie o comunicare mie opinioni e mie competenze. Generalmente il mio pensiero e il mio modo di vedere le cose è minoritario e con dei punti di vista, specialmente in economia, completamente diversi dal pensiero corrente. Proprio per questo scrivo articoli per alcune testate giornalistiche on – line e devo dire, con molta soddisfazione, che potrei documentare come di frequente le mie tesi vengono enunciate anni dopo da altri economisti o opinionisti molto più autorevoli di me. Non sono un grande oratore. Ho una comunicazione verbale sintetica ed essenziale per cui riesco a soddisfare questi miei bisogni solo attraverso la scrittura.
8. Hai nuovi progetti in vista? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Progetti tanti. Il più concreto è, questa volta, un giallo ambientato a Roma, dove vivo. Di medio periodo un nuovo romanzo ambientato nella Lucania post unitaria. Su questo sto’ conducendo delle faticose indagini storiche. Di lungo periodo un romanzo ispirato ad un fatto di cronaca nera politico – giudiziario realmente avvenuto il Lucania alla fine degli anni settanta. Si tratta di progetti e non di impegni che mi sento di garantire perché ho imparato che la scrittura, e la creazione di un libro, ha dei suoi percorsi che sembrano vivere di vita propria e che a volte si aprono come delle praterie e a volte si chiudono e diventano più impenetrabili di una foresta.
9. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?
Tanti. Dall’Ulisse di Joyce per la apparente casualità degli incontri che finisce per determinare lo svolgimento dei fatti, il teatro di Eduardo De Filippo per la capacità di descrivere caratteri e personaggi attraverso i dialoghi, Melville (Moby Dick) per la meticolosità con cui documenta aspetti scientifici che rendono possibile e credibili gli eventi narrati, poi Verga per la coralità che rende i suoi libri come un quadro di Pelizza da Volpedo, e tanti altri. Non c’è un libro in particolare che mi ha spinto a scrivere ma sono tanti i libri che hanno influenzato la mia personalità e il mio modo di ragionare e scrivere e sono tanti i libri che mi hanno fatto desiderare a lungo di scrivere una mia storia.
10. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
In un Paese con così pochi lettori sconsigliare la lettura di qualsiasi libro mi sembra criminale. Ci sono invero alcuni libri (come La ragazza del treno, Cinquanta sfumature di grigio e molti altri, di cui, pur trovandoli di gradevole lettura, non riesco a capire i motivi dello strepitoso successo commerciale che hanno avuto.
11. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Non ho la domanda delle cento pistole che nessuno mi ha mai fatto. Come a tutti mi è però capitato, in alcune circostanze, di sentire l’esigenza di una domanda più da presso, ma sincera e che ti risolve uno stato d’animo del momento. Un semplice ‘Come stai?’ detto nella circostanza del bisogno da un amico, un affetto o un collaboratore o capo che sia, insomma da un essere umano che in quel particolare istante ti era fisicamente vicino. Questa domanda alcune volte, per fortuna, c’è stata altre invece no: quando c’è stata ha avuto un valore inestimabile.