Recensione Libro.it intervista Pino Campo autore del libro “Il tribuno pretoriano”

Intervista allo scrittore emergente Pino Campo.
Pino Campo
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1. Per iniziare… raccontaci qualcosa di te, qualcosa che vorresti che i nostri lettori sapessero prima di entrare in contatto con il libro che hai scritto.

Ho tenuto il sogno di scrivere chiuso in un cassetto per quasi trentanni. Tanto è durata la mia assenza dalla scrittura, pensando e fantasticando su ciò che mi sarebbe piaciuto scrivere. In tutto questo tempo ho letto un’infinità di libri e romanzi. Le svariate letture mi hanno permesso di elaborare vari spunti, idee e storie che avrei voluto scrivere, convincendomi man mano che ci riflettevo, che mio primo dovere sarebbe stato riversare in un futuro romanzo tutto ciò che mi tenevo dentro da anni.
Il motivo principale per cui scrivo è proprio questo e, in secondo ordine ma non meno importante, la soddisfazione immensa e personale che provo nello scrivere, nell’atto in sé.

2. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro “Il tributo pretoriano” cosa diresti?

“Il tribuno pretoriano” è un condensato di avvenimenti che fanno da prologo alla storia del giovane Teodoro. Avevo bisogno di due elementi per arrivare allo scopo: un pretesto e la creazione di un personaggio di fantasia. Anticipando che si tratta del primo romanzo di una trilogia, tramite la narrazione delle avventure del tribuno pretoriano Livio Ventidio, posso affermare che ho cercato di rendere l’idea dell’aria che si respirava in quei frangenti di cambiamenti epocali, alla vigilia dell’ultima grande persecuzione patita dai cristiani.
In sintesi dunque, devo ammettere che il risultato è stato di far vivere al lettore una sorta di viaggio in paesi sconosciuti e affascinanti, come in effetti è nei desideri del protagonista.

3. Ci racconti come è nata la tua idea di scrivere un libro su Teodoro? E come ti sei documentato per avviarti alla stesura di questa storia così coinvolgente e piena di eventi significativi?

A San Teodoro, il mio paesello natale, su Teodoro esiste solo una leggenda e alcune notizie storiche raffazzonate qua e là. Per questo, è da tanto che penso di far luce su questo argomento, ho pensato che fosse necessario andare a fondo sulla vicenda. Partendo dalle notizie già note fra i miei compaesani, ho iniziato le mie ricerche, sbirciando fra biblioteche, vecchi libri e cercando prove su internet, mio grande alleato. Mentre studiavo tutto il materiale raccolto nel tempo, ho deciso che fosse stato meglio non scrivere il solito librettino pieno di date e fredde notizie, pensando invece a una più semplice narrazione romanzata per rendere più piacevole la lettura. Avrei potuto approcciare così anche persone che di solito non sono avvezze a questa buona abitudine.
Grazie a questa scelta, mi si è aperta la grande possibilità di narrare le vicende del soldato romano fin dalla sua gioventù, mescolando fatti storici certi con avvenimenti di fantasia.

4. Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo il tuo libro?

A parte la storia in generale – che insegna molto – credo che conoscere piccoli spaccati del passato, aperti sulle condizioni dei nostri avi, sul modo di pensare e di vedere la loro realtà contemporanea, ci indichi la strada del futuro. L’imperatore Diocleziano, a quel tempo, si trova a dover fronteggiare quasi tutti gli stessi problemi che ci ritroviamo oggi sul groppone: finanze alquanto disastrate e tasse troppo esose che gravano sulla popolazione affamata.

Fino a oggi questo Imperatore è stato considerato solo l’ultimo grande persecutore della religione cristiana, fondatore della tetrarchia e riformatore dell’esercito. Secondo le varie fonti da me consultate, invece, è stato sottostimato: da questo romanzo il lettore apprende che è stato anche un grande riformatore sociale e lungimirante precursore dei tempi moderni. Lui vedeva già la necessità di trasformazione della società, di un’amministrazione più giusta e pluralistica.
Prima di lui non si era mai sentito parlare di province, diocesi e nemmeno di soldo (ha fatto coniare lui per la prima volta il solidus).

5. Nella tua opera c’è spazio per le battaglie, l’amore, il complotto, l’avventura e tanto altro. A posteriori credi avresti potuto aggiungere altro per completare il libro o sei soddisfatto del risultato?

Qualcuno già mi rimprovera il fatto di aver costruito troppe trame, complicando l’intreccio che, invece, avrebbe dovuto essere assai più semplice. Ecco, a mio modo di vedere, il problema è che quando comincio a scrivere una storia, qualunque narrazione, non so mai dove mi porterà e che vie intraprenderò per rendere più interessante il romanzo. Mi viene naturale farlo perché lo scopo dello scrittore, di ogni scrittore, sia rendere più intrigante il componimento, rendendolo adatto anche ai lettori più esigenti. Non penso mai, ad esempio, al finale; tranne quando ci arrivo. La mia non è retorica, ma pura e semplice verità: è la storia stessa che mi suggerisce la trama da seguire, il miglior intreccio e il finale più adatto.
Poi, in confidenza, avendo già un chiaro e completo quadro di ciò che tratterà il sequel, mi sono riservato di usare “altro” nei prossimi volumi.

6. Ti senti di consigliare questo libro anche a chi non è appassionato di Storia? Se sì spiegaci i motivi.

Naturalmente. La trama di questo romanzo, ambientato a cavallo fra il terzo e quarto secolo, potrebbe benissimo esserla di qualunque altro periodo, anche odierno. Azzarderei anche che potrebbe benissimo trattarsi delle avventure, condite dagli stessi ingredienti ed esigenze – insiti in maniera naturale nell’animo umano – di un qualunque soldato mercenario dei giorni nostri che si trova, per scelta o costretto, in zone di guerra. I conflitti di certo non mancano in età contemporanea e nemmeno le storie legate a essi.
Qualunque scenario di guerra contemporaneo può essere quello giusto in cui ambientarci una storia simile a quella del mio romanzo.

7. Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai scrivendo un altro libro?

Ho molti progetti in cantiere. In sintesi posso dire che ne ho già un secondo in fase di correzione bozze e altri due in costruzione. A breve sarà pubblicato il secondo romanzo della saga di Pietro Nasca. Il primo è “Il giardino di casa”, un romanzo ambientato nelle mie terre natie, scritto in un misto di italiano e dialetto siciliano. Il progetto della seconda parte prevede la pubblicazione totalmente in italiano, affiancando, allo stesso tempo, una versione in siciliano per coloro che lo preferiscono.
Siccome poi, l’appetito vien mangiando, ed io di fame in questo senso ne ho tanta, credo che non smetterò mai.

8. Qual è il romanzo che ha “rivoluzionato” la tua vita conducendoti alla scrittura?

A dire il vero si tratta di una pluralità di romanzi, un mix di letture. Più che di romanzi parlerei di due scrittori al di sopra di altri: Andrea Camilleri e Valerio Massimo Manfredi. Dal primo è venuta l’ispirazione dello scrivere in dialetto (non mi ritengo proprio un suo epigono perché uso il vernacolo in modo assai diverso) e quindi di raccontare le vicende di Pitrinu Nasca. Di Manfredi invece mi piace il modo di narrare la storia. Cerco di imitarne lo stile, dal modo di esporre i fatti, soprattutto la consequenzialità lineare nel farlo, e le descrizioni di luoghi e personaggi.
Forse non ci sarò riuscito del tutto, forse completamente e che ne sia uscito fuori uno stile tutto mio, ma so che i margini di miglioramento ci sono e voglio sfruttarli al massimo.

9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?

Non ci sono libri brutti perché quel libro che non piace a tanti può costituire lettura eccelsa per altri. Potrei definire pesante un libro, ma c’è sempre un lettore che brama la lettura difficile e complicata. Dovendo però scegliere fra quelli del genere storico, “Il cimitero di Praga” di Umberto Eco, che mi è risultato del tutto indigesto e pesante, tanto da non aver avuto la voglia di finirlo.
Al contrario de “Il nome della rosa”, che è dello stesso autore, e pur pesante, lo definisco piacevolissimo e, per me, rappresenta il “romanzo storico” per eccellenza.

10. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…

Beh, non è facile. Ne avrei un mucchio, ma so che non posso indugiare oltre in questa intervista, abusando troppo dell’umana sopportazione dei vostri lettori. Comunque ne sceglierò una: “Qual è la storia che ti piacerebbe scrivere più di tutte le altre in assoluto?”.
A questa io risponderei così: un romanzo dal titolo “Il trionfo del bene”. Fin da quando ho cominciato a capire le cose del mondo, ho sempre sognato un eroe che riuscisse a sconfiggere il male maggiore che affligge l’umanità intera: l’istinto di sopraffazione, di supremazia di alcuni uomini su tutti gli altri.
Ebbene, da adulto, oggi, vorrei scrivere il romanzo che parla di quell’eroe!

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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