La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Antonio Viglino autore del libro “La rivelazione della Sfinge”
Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “La rivelazione della Sfinge”, cosa diresti?
Direi che è un libro duplice: si può leggere come la descrizione di una importante scoperta in terra d’Egitto, la quale sfocia in una madornale conferma della bontà delle pratiche esoteriche; oppure si può leggere, a ritroso, come un testo di esoterismo pratico che è fondato sul primo passo degli yoga, cioè sul superamento della rappresentazione, l’Opera al Nero dell’Alchimia.
Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a scrivere questo saggio?
Come la materia del mio libro è duplice, così anche duplice è la sua ispirazione. Il primo sprone alla stesura del mio testo fu naturalmente il rinvenimento del documento custodito dalla Sfinge, sprone che però non fu sufficiente ad indurmi a scriverne per il fatto che sarei rimasto in mezzo al guado, come usa dire, cioè non sarei stato in grado di giungere ad offrire un quadro completo della valenza del documento stesso. Il secondo sprone, decisivo, fu una certa comprensione delle dottrine segrete della Scienza Sacra, che vidi appunto convergere con il messaggio della Sfinge: quindi il circolo era chiuso e scrissi il libro.
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Come scrivo ad un certo punto, la dedica del mio libro è “al beneficio degli esseri senzienti”, come sono soliti dedicare i testi i lama tibetani. Questa formula significa semplicemente che lo scopo ultimo del mio libro è quello di indicare un viatico per chi si trovi sul cammino della Via Regale, o per chi si senta da esso attratto. Al di là di questo proposito trascendentale, mi piacerebbe che il mio libro contribuisse a far sì che il mondo occidentale si rendesse finalmente conto che le cose del passato remoto non necessariamente debbano essersi svolte come esso crede di sapere ed impone.
C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Francamente non aggiungerei nulla, forse anche solo per il fatto che dopo la pubblicazione mi sono astenuto dal leggerlo… cosa fatta capo ha. In effetti non aggiungerei nulla perché il criterio formale che ho seguito nella stesura è stato quello di rendere i diversi argomenti reciprocamente misurati, sì che una singola aggiunta avrebbe l’effetto di sbilanciare le proporzioni.
Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “La rivelazione della Sfinge”, quali useresti?
Adamantino, lussureggiante, pre-teoretico.
Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Credo si debba leggerlo per avere un prontuario di argomenti, ritengo tutti molto seri e molto logici, tali da consentire a chi lo voglia di rendersi conto che c’è un altro modo di vedere la realtà oltre a quello asfitticamente meccanicistico e puramente riduzionistico proprio del modo di vedere del pensiero occidentale mainstream.
Quali sono i tuoi prossimi progetti in fatto di scrittura?
Ho nel cassetto la prima sezione di quella che considero la mia opera capitale, Il Tantra del pensiero occidentale, incentrata sul raffronto tra Platone, Heidegger e la conoscenza tantrico-esoterica. La scrissi prima del mio attuale libro sulla Sfinge, ora vorrei arricchirla.
Qual è il libro che hai letto quest’anno che ti ha più colpito e consiglieresti?
Per restare in un ambito ulteriore rispetto ai confini del pensiero occidentale, direi senza ombra di dubbio Savitri, un poema di Sri Aurobindo, di recente tradotto in italiano in versione integrale; altrimenti, Camminare di Thomas Bernhard.
Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.
Cosa pensi io del pensiero e delle conoscenze scientifici, alla luce delle copiose critiche ed invettive che sono svolte nel mio libro. E la risposta è già nel mio libro stesso, quando, unitamente agli yogin ed agli esoteristi di ogni epoca, si afferma che la ragione in sé, e quindi il pensiero scientifico e le sue conquiste, non siano per nulla “sbagliati”, e che anzi innumerevoli benefici abbiano apportato alla vita degli uomini. La critica esoterica è che la ragione diventa un mostro quando si arroga di diventare tribunale unico del vero e del falso, del bene e del male, e ciò per il semplice motivo che in tal caso essa si attribuisce un ruolo che è estraneo alle proprie capacità, con l’esito di tendere a trasformarsi in prevaricazione.