La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Fabrizio Morlando autore del libro “Percorsi marginali”
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Percorsi marginali”, cosa diresti?
Si tratta di una poesia di speleologia emotiva in cui luoghi ed interiorità umane sono rese ai loro più intimi limiti, a fronte di una realtà a cui si sente di non aderire. Una poesia che vuole affrontare l’ombra, la lordura, i margini del marginale. L’umano e il disumano parlano a tutti in un modo o nell’altro perché non c’è bisogno di essere esperti di insetti per capire Kafka.
2. Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a raccontare la vita e i sentimenti in questa tua silloge?
Le parole vengono alla pagina fluenti direttamente da crepe della mente, da una impasse del pensiero. Il mio è uno scrivere in chiaroveggenza, aprire il rubinetto e lasciar scorrere direttamente dalla grande sinfonia distonica dell’universo. Le situazioni limite (amore e dolore), per dirla con Jaspers, lì sta tutto.
3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Sfacelo e grazia insiti in tutte le cose, come schegge impazzite dopo una esplosione. La parola come tentativo alla vita, un mezzo di sopportazione per sedare l’inquietudine e le crescenti follie che abitano il cuore.
C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
Ad essere sincero non ho mai riletto per intero la raccolta dopo la pubblicazione. Preferisco pensare di lasciar andare per la loro strada quell’agglomerato di lemmi, quell’accozzaglia di ingranaggi mal oleati che sono queste poesie.
4. Se lo scrittore Fabrizio Morlando dovesse utilizzare tre aggettivi per definire “Percorsi marginali”, quali userebbe?
Mio, tuo, nostro.
5. Cosa hai pensato quando hai inserito l’ultima poesia nel tuo libro?
Ho visto il puzzle prendere in parte forma sotto i miei occhi, tessera dopo tessera, verso dopo verso. Il poeta è un foglio ripiegato su sé stesso infinite volte, ne ho avuto ancora una volta la conferma.
6. Perché credi si debbano leggere le tue poesie?
Non credo certo che bisogna leggere le mie poesie a tutti i costi. Se ne può fare tranquillamente a meno. Vivo la scrittura come un mezzo di auto-liberazione, il pubblico non ha una parte decisiva. Non sono mica un intrattenitore dello spirito, un clown triste nello spettacolo nell’esistenza di qualcuno. Se ci si vuole imbattere nelle poesie di questa raccolta si è, di certo, i benvenuti, si troveranno braccia spalancate ma io sono un’isola, affondato dalla maledizione del naufrago.
7. Ti sei ispirato a qualche poeta o scrittore in particolare?
La poesia confessionale (Lowell, Plath, Sexton), Dylan Thomas e Philip Larkin. Tra gli italiani su tutti Sandro Penna, Amelia Rosselli e l’ultimo Montale, quello di Xenia e Satura.
8. Fabrizio Morlando ha nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Mi sto cimentando per la prima volta con la prosa. A gran fatica, lentamente. Sto scrivendo una raccolta di racconti brevi che spero vedano la luce al più presto (dopo ormai un lustro di buio).
9. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
“Camere separate” di Pier Vittorio Tondelli.
10. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
“Il libro dell’inquietudine” di F. Pessoa. Il mio libro preferito in assoluto, un apprendistato al mondo delle ombre. Non lo consiglierei a nessuno perché poi irrimediabilmente potrebbe finire per innamorarsene. E non essere più salvo. Ed è un peso che mai vorrei sulla coscienza.
11. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Interrogarmi con un silenzio indagatore, e rispondermi pertinentemente nell’unico modo possibile. Con un altro silenzio, di contrappunto.