La redazione del sito Recensione Libro.it intervista il poeta Giampaolo Giampaoli autore del libro “Emozioni difficili”
Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Emozioni difficili”, cosa diresti?
Le liriche descrivono la necessità presente in ognuno di noi, che ne siamo coscienti o meno, di riscoprire una sensibilità sopita, dimenticata con il prevalere del movimento continuo, non solo fisico ma anche del pensiero, a cui ci costringe la società postmoderna. Il contatto con la natura in tale contesto appare vivificante e rigenerante, la fuga della fantasia nella storia o nell’universo mitologico sono motivo di orgoglio intellettuale e pienezza emozionale; la conoscenza di sé diviene una nuova dimensione da scoprire.
Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a scrivere questa raccolta di poesie vibranti?
È difficile dire da dove nasca l’ispirazione di un poeta: nelle mie raccolte insisto nel riflettere sulla genesi dei versi, da me vissuta al pari di una liberazione spontanea attraverso la scrittura, come spontanee sono le emozioni che si collocano all’origine della poesia. Come ho già spiegato, probabilmente la raccolta nasce dall’istinto che mi conduce a riscoprire la sensibilità di cui ogni uomo ha bisogno, emozioni capaci di accendere la realtà intorno a me e illuminarla con la luce vivificante della poesia, una luce nuova e suggestiva. Per comprendere queste immagini e sentimenti è necessario elaborarli nella solitudine, assumerne ogni sfumature e darne testimonianza attraverso la scrittura, ed ecco che da questo si delinea la genesi della poesia, l’origine dell’ispirazione creativa.
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
La società dei grandi numeri impone regole di comportamento ben precise da seguire, sia in chi deve produrre, sia in chi deve offrire servizi o consumarli; regole che assumo il ruolo di modelli di comportamenti assoluti, capaci di plasmare le forme di pensiero dell’uomo. Vorrei far comprendere al lettore attraverso le miei liriche come tali imposizioni, che a volte possono anche apparire accattivanti fino al punto di renderci felici, sono in realtà legate a una visione estremamente limitata dell’esistenza. C’è molto di più nella bellezza intorno a noi del creato, che tendiamo invece a considerare marginale e dovuta quasi per un diritto naturale, e nella riflessione. Mi trovo in sintonia con una parte della produzione poetica di Cesare Viviani, che critica l’affannarsi dell’uomo moderno nell’eccessivo impegno nel creare, dimenticando quanto possa essere importante osservare la natura senza alterarne gli equilibri.
C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
A essere sincero no. Non credo nell’eccessiva revisione o nei ripensamenti dopo la pubblicazione, ossessioni che hanno caratterizzato l’opera di grandi uomini della letteratura, basti pensare a Tasso impegnato tutta la vita a riscrivere “La Gerusalemme liberata”. Non tutti gli autori hanno la stessa personalità. Sento che le miei liriche nascono dalla spontaneità delle emozioni, le rileggo varie volte per correggere piccole imprecisioni linguistiche, ma voglio che rimanga la forma emersa all’origine, per l’appunto spontanea; non solo la singola poesia, ma tutta la raccolta è espressione di un determinato momento della mia vita, quanto è emerso è quanto è necessario per narrare il me stesso di quel momento ed è tutto ciò che desidero.
Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Emozioni difficili”, quali useresti?
È sicuramente un raccolta spontanea (lo ribadisco), sincera e profonda.
Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Non esiste mai una ragione razionale per cui si debba leggere una poesia: nei versi viene meno anche la regolarità linguistica (licenza poetica), figuriamoci se può esistere una ragione razionale per giustificarne la lettura. Credo che l’unica spinta che può sollecitare un lettore verso la mia opera, come accade per l’opera di qualsiasi altro autore, sia scoprire una affinità emozionale, leggere nei miei versi condizioni da condividere. La poesia è sempre condivisione con l’altro, là dove l’altro ha la sensibilità per apprezzare l’opera dell’autore.
Quali sono i tuoi prossimi progetti in fatto di scrittura?
Sto già riflettendo su una nuova raccolta, ma non ho scritto niente. Una parte delle poesie del mio primo libro “La qualità dei sentimenti” è breve e per la sua forma incisiva mi sento molto vicino a questo tipo di componimento, ma non nel modello degli haiku – per me davvero troppo brevi – e nemmeno dell’ermetismo di Ungaretti: penso a una brevità che però mantenga un respiro sufficiente a sviluppare in modo completo un tema. Per il momento è solo un’idea, forse più una sensazione, ancora da elaborare.
Qual è il libro che hai letto quest’anno che ti ha più colpito e consiglieresti?
Sicuramente “La torre” di Yeats, che mancava al mio repertorio di letture: del premio nobel irlandese ho apprezzato l’immagine del poeta che, al di là della folla, osserva il tutto con distacco da una torre. Il poeta, come giustamente spiega anche Baudelaire attraverso il paragone con l’albatro, è sempre una presenza molesta per la moltitudine, che scopre la sua dote nel silenzio della solitudine.”
Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.
Nessuno mi ha chiesto se la mia fantasia ha mai dato una fisionomia alla poesia, se mi fosse rivolta questa domanda direi che immagino la poesia con le fattezze di una fanciulla bellissima, che accarezza chi sa darle voce.