La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Matteo Gentile autore del libro “Anais, la strada per la libertà”
Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Anais, la strada per la libertà”, cosa diresti?
Il romanzo è un viaggio nel presente, attraverso i sentimenti e le emozioni di una donna che vanno oltre il tempo e lo spazio. La linea dell’orizzonte, più che un confine fisico, le appare come quella porta immaginaria che unisce il presente al futuro: ogni istante che passa la porta verso il prossimo, in un susseguirsi di punti che si rincorrono all’infinito senza raggiungersi mai.
Il tempo è una variabile emotiva della vita, da vivere cogliendo ogni attimo come se fosse l’eternità. Il romanzo racconta la strada in cui Anais cerca di ritrovarsi, con tutta la determinazione di una donna che vive non soltanto per sé ma per tutte le altre donne a cui la vita presenta spesso un conto troppo alto da pagare.
Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a scrivere questo romanzo che parla di coraggio, di sogni, scelte e libertà?
Non c’è un momento preciso, anche se in realtà un po’ dell’ispirazione proviene dal mio precedente romanzo, “La coscienza del male” e da un personaggio cosiddetto minore da cui ho tratto alcuni aspetti della personalità di Anais. E poi, ci sono due aspetti che ho tratto dalle tesi di laurea delle mie figlie, Mariachiara ed Eleonora, rispettivamente in lettere e in psicologia.
Della prima mi ha ispirato il “test di Bechdel”, di cui si parla anche nel romanzo, e chi avrà voglia di leggerlo lo scoprirà tra le righe. Della seconda, ho preso il tema della vittimizzazione secondaria, quel deprecabile fenomeno mediatico e sociale che spinge troppo spesso l’opinione pubblica, soprattutto in casi di violenza di genere, a colpevolizzare la vittima o quantomeno a metterla in condizione di inferiorità nei confronti del colpevole. Anche questo aspetto è affidato al lettore che voglia incuriosirsi e porsi delle domande, leggendo le vicende dei personaggi del libro.
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Una volta, al termine di una presentazione del mio precedente romanzo in un centro di igiene mentale, al momento del firma-copie uno degli intervenuti mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “voi scrittori dovete essere riconoscenti a noi lettori”. “Certo – gli risposi – perché se non ci foste voi i libri rimarrebbero negli scaffali”. Mi fissò, e aggiunse: “No, non è per questo… Noi siamo i custodi delle vostre emozioni”. Ecco, se ciò accade anche per un solo lettore, direi che la missione è compiuta.
C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
In realtà, nulla in particolare, anche perché la scrittura è stata frutto di almeno un paio d’anni di pensieri, scritture e riscritture, studio anche, per offrire al lettore qualcosa che non fosse un semplice “prodotto”, ma soprattutto un mezzo che dia l’opportunità di pensare, divertirsi, emozionarsi.
Il bello è che ogni lettore ci potrà aggiungere qualcosa di suo, e sarebbe interessante se ognuno mi inviasse una frase, un pensiero, uno spunto di riflessione scaturito dalla lettura. Per questo ne approfitto per ringraziare voi di Recensione Libro.it per avermi dato questa opportunità e per invitare i lettori che ne abbiano voglia di visitare i miei profili social per eventuali “ritorni”.
Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Anais, la strada per la libertà”, quali useresti?
Avvincente, sorprendente, intimo.
Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Sarebbe fin troppo semplice dire perché è stato scritto con passione, ma immagino che tutti gli scrittori lo facciano, a parte le operazioni commerciali – ma questa è un’altra storia -. Sicuramente, in mezzo all’enorme offerta dell’editoria attuale, leggere “Anais. La strada per la libertà” è un modo per poterlo giudicare soltanto dopo averlo letto. Se io fossi un semplice lettore che si è imbattuto in questo romanzo lo consiglierei perché mi ha fatto emozionare.
Quali sono i tuoi prossimi progetti in fatto di scrittura?
Al momento sono concentrato nelle presentazioni di questo romanzo, perché il contatto diretto con i lettori è fondamentale non soltanto per la sua promozione e per il passa-parola, ma soprattutto perché arricchisce prima di tutto l’autore, in quanto si ha la possibilità di confrontarsi direttamente con persone che, tendenzialmente, hanno una buona propensione per la lettura, o anche per invogliare chi è più restio a prendere in mano un libro e a staccare la mente per qualche ora dalla realtà, non per sfuggirle, ma per viverla meglio, se possibile. Leggere è nutrimento per l’anima, scrivere è un privilegio che spero di meritare.
Qual è il romanzo che hai letto quest’anno che ti ha più colpito e consiglieresti?
Ho letto un classico che mi ha molto commosso: “La luna e i falò” di Cesare Pavese. E’ sorprendente scoprire come, a volte, ci si renda conto di quanto sia importante riscoprire la forza delle proprie radici, delle tradizioni che vengono da lontano, e delle difficoltà che i nostri predecessori hanno dovuto affrontare per darci un mondo migliore. Ora sta a noi preservarlo e passarlo ai nostri figli così come lo abbiamo ricevuto, cercando di migliorarlo invece di distruggerlo, come, purtroppo, spesso la cronaca ci racconta. La riscoperta dei buoni sentimenti non è una mera operazione nostalgica, ma un modo per intraprende una strada che sembra smarrirsi tra i meandri infiniti della tecnologia esasperata e dalla ricerca compulsiva della cosiddetta globalizzazione: «Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».
Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.
Qual è l’investimento migliore che si possa fare nella vita? E risponderei: quello sui sentimenti e sulle emozioni. Tutto il resto è vanità.