La redazione del sito Recensione Libro.it intervista lo scrittore Mauro Resta autore del libro “Grazie, strega”
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Grazie, strega”, cosa diresti?
“Grazie, Strega” è un romanzo sulla resilienza, che è ormai diventato un termine abusato, spesso a sproposito, quindi mi limito a definirlo un romanzo sulla sopravvivenza. I tre protagonisti conducono un’esistenza inizialmente svuotata, a causa del rispettivo tragico vissuto, e sembrano unicamente concentrati a mettere metaforicamente un passo davanti all’altro nel loro cammino esistenziale. Questo fin quando l’incrocio delle loro esistenze riesce a imprimere a ciascuna di esse un nuovo significato, restituendo finalmente una motivazione positiva al loro percorso.
2. Da dove nasce l’ispirazione che ti ha spinto a raccontare una storia che lega tre protagonisti a un luogo che cela violenza?
L’idea di scrivere è nata nel corso del lockdown del 2020. Ho trovato necessario, ed essenzialmente terapeutico, impegnarmi in qualcosa di costruttivo in un momento di totale sospensione esistenziale. In un paio di giorni ho costruito il plot. L’idea di partenza è stata Marco: ho scelto un bambino perché da lettore mi sono sempre trovato a mio agio con il genere di formazione, e ho deciso che fosse cieco perché mi piaceva l’idea che la narrazione avesse una percezione sensoriale differente da quella visiva.
Laura è stata quasi una conseguenza necessaria: un protagonista così debole aveva bisogno al suo fianco di un personaggio salvifico, quasi un angelo custode. Diego è nato come figura complementare, andando a riempire gli spazi vuoti lasciati dagli altri due protagonisti – adulto, forte fisicamente, impulsivo – per creare un sodalizio autoconsistente, una particella atomica, una cellula. Le avversità che si trovano ad affrontare, così come il contesto di violenza citato nella domanda, rappresentano semplicemente delle condizioni al contorno, l’ambiente sperimentale in cui si ritrova immersa questa cellula nel momento in cui viene osservata dal lettore attraverso il vetrino della narrazione.
3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
“Grazie, Strega” è un libro con molti livelli di lettura. Interfacciandomi con i lettori mi diverto molto a scoprire quanto siano riusciti a decodificare, mi appaga quando scoprono qualche citazione nascosta – il libro ne è pieno, dall’empirismo britannico, alla cultura pop, chiaramente nella connotazione specifica degli anni 80/90 in cui è ambientato – e mi gratifica la comprensione di tematiche più profonde, come il riscatto umano. Ovviamente il fine ultimo è l’intrattenimento. Nella maggior parte dei casi ho avuto riscontri positivi sulla storia e sulla scrittura, che sono probabilmente i due punti chiave attorno ai quali ruota l’essenza di un bel libro.
4. C’è qualcosa che Mauro Resta avrebbe voluto aggiungere al libro, quando lo ha letto dopo la pubblicazione?
Il libro è nato di getto, con un impeto francamente inaspettato per me che ero alla prima prova con la forma romanzo. Avevo scritto precedentemente dei racconti, e mi aspettavo di dovermi confrontare con un’esperienza emotiva analoga: ovvero mettermi al lavoro quotidianamente sulle pagine vuote per adattare al contenitore l’idea del plot che avevo precedentemente schematizzato.
Mi sono reso conto dopo poche pagine che il ruolo dell’autore, nella stesura di un romanzo, non è affatto quello del guidatore. Ma semplicemente quella del passeggero, con l’unica responsabilità di consultare la mappa stradale per fornire di quando in quando indicazioni sul percorso. I personaggi sono costantemente alla guida: si muovono ed interagiscono in maniera autonoma. La bravura dello scrittore è unicamente quella di riuscire a cogliere i dettagli per imprimerli sul foglio. Già quando sono arrivato alla fine della prima stesura la storia era completa e consistente, addirittura blindata nell’equilibrio dei suoi incastri. Non avrei più potuto aggiungere né togliere nulla.
5. Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Grazie, strega”, quali useresti?
Spietato, intenso, commovente.
6. Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Perché è divertente, e commovente, appunto. Inoltre colpisce allo stomaco, e scalda il cuore. E, soprattutto per quelli della mia generazione, perché riporta nostalgicamente alla fine degli anni Ottanta, ad un periodo di comunicazioni dirette, di telefoni a gettoni, di dischi in vinile e di compilation su audiocassette che ci servivano per comunicare con grande coraggio quello che non potevamo limitarci a scrivere con il polpastrello sul display di uno smartphone.
7. Mauro Resta ha nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Sono piuttosto curioso di scoprire come sarà recepito il mio primo romanzo per valutare se possa avere senso dargli un seguito. Mi è sempre piaciuto considerarmi un musicista più che uno scrittore. Nel cassetto ho almeno un paio di dischi completi che, per un pudore che evidentemente non ho avuto in ambito letterario, non hanno ancora avuto pubblica visibilità. Potrebbe giungere il momento in cui decida di affacciarmi al mercato discografico, magari senza dover attendere che sia la spinta emotiva di un evento collettivo pesante come un lockdown a darmi il coraggio.
8. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
“Voglio guardare” di Diego De Silva è un piccolo capolavoro, scomodo e coraggioso. Mi è capitato di leggerlo in vacanza subito dopo aver completato “Grazie, Strega”, e curiosamente ci ho trovato degli intenti comuni. Mi ha lasciato una sensazione dolce e amara molto simile a quella che ho provato per qualche giorno, in maniera chiaramente molto più intensa, dopo aver completato il mio romanzo.
9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Difficilmente acquisto libri che non mi interessano, quindi non mi capita di avere esperienze così negative da arrivare a sconsigliarne qualcuno. Posso dire che non mi piace la deriva Social che ha preso certa editoria, che pubblica libri destinati a Followers piuttosto che a lettori.
10. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Nessuno chiede ad un autore esordiente circa le aspettative che nutriva nel corso della stesura della sua opera prima, circa il fremito, misto alla frenesia e all’urgenza di vedere il proprio libro negli espositori delle librerie dedicati alla classifica dei libri più venduti. Probabilmente perché c’è tanta illusione che accomuna la migliaia di scrittori neofiti prima di conoscere la realtà cannibale del mondo editoriale, che si tende a considerare quell’aspettativa sciocca e infantile.
Il mio romanzo, a due mesi dalla pubblicazione, è al momento una storia di discreto successo. Nella parola discreto è incluso tutto il realismo ormai metabolizzato relativamente a un percorso di crescita che evidentemente deve passare per numeri di copie a tre cifre prima di poter raggiungere quelle sognate. Eppure non ho accantonato del tutto il ricordo di quel fremito, l’ambizione latente di potermi vedere collocato in mezzo agli scrittori che leggo da una vita. La soddisfazione nel crogiolarmi all’interno del mio sogno sciocco e infantile.