Intervista scrittrice Sabrina Luri

Intervista autrice Sabrina Luri.
Sabrina Luri Tonelli
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La redazione del sito RecensioneLibro.it intervista la scrittrice emergente Sabrina Luri autrice del libro “La casa è dove sei tu”

Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “La casa è dove sei tu”, cosa diresti?

“La casa è dove sei tu” è una storia di ritorni, di legami che resistono al tempo e di seconde possibilità.
Alessandro, ristoratore di successo a Londra, viene richiamato in Toscana da un’eredità inaspettata. Qui ritrova Elena, il grande amore della sua giovinezza, e riscopre una parte di sé che credeva perduta. Ma il suo vero ostacolo non è il passato o le circostanze: è lui stesso.

Prima di poter cambiare vita, Alessandro deve affrontare le sue paure e fare pace con le tempeste interiori. Perché la casa non è solo un luogo fisico, ma prima di tutto siamo noi: se non stiamo bene con noi stessi, non potremo mai sentirci davvero a casa con chi amiamo.

Attraverso i paesaggi della Toscana, i sapori della cucina e i ricordi di un amore mai dimenticato, Alessandro scopre che la vera casa è fatta di radici, di affetti e della capacità di guardarsi dentro. La casa è dove sei tu parla proprio di questo: della casa che siamo per noi stessi e della casa che costruiamo insieme a chi amiamo. È un invito a fermarsi, a riflettere e a riconoscere che, a volte, il viaggio più importante è quello che facciamo dentro di noi.

Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a raccontare questa storia di legami, passioni, amore per la cucina e ritorni?

L’ispirazione per questo romanzo è arrivata in modo del tutto inaspettato, quasi per caso. Non avevo mai pensato di scrivere un libro, ma la vita a volte ti sorprende con percorsi che non avevi previsto.
Tutto è iniziato con un racconto che utilizzavo nella formazione del personale alberghiero, Benvenuti al Venezia, tratto da Una tisana calda per l’anima sul posto di lavoro. Quel racconto, che ho letto e riletto per anni, un giorno mi ha fatto sorgere una domanda: Chi è quest’uomo? Come si chiama? Qual è la sua storia?

Improvvisamente, ho sentito il bisogno di saperne di più. E, senza pensarci troppo, ho iniziato a scrivere. È stato in quel momento che, quasi senza volerlo, è nato Alex.
Alex potrebbe essere uno dei tanti volti che ho incontrato nei decenni dedicati all’ospitalità. Condividiamo lo stesso ambiente, lo stesso forte senso di responsabilità, il perfezionismo, la cura maniacale per i dettagli, la grande dedizione all’accoglienza, l’empatia. Ma c’è qualcosa di più profondo che ci lega: la consapevolezza di quanto un lavoro totalizzante possa diventare una vocazione, ma anche una prigione.

Quando ami quello che fai, il confine tra passione e sacrificio diventa sottile. Ti immergi completamente, dedichi ogni energia, ogni pensiero a quell’universo che, giorno dopo giorno, diventa la tua vita. Ed è facile non accorgersi del prezzo che stai pagando.

Ho visto tante persone vivere così, come Alex: professionisti eccellenti, instancabili, capaci di trasformare l’ospitalità in un’arte. Ma ho visto anche chi, a differenza sua, è rimasto intrappolato in questa routine, incapace di immaginare un’esistenza diversa. Perché, come dico sempre, l’essere umano è un animale abitudinario: ci aggrappiamo alle nostre certezze, ai ritmi che conosciamo, anche quando ci stanno lentamente consumando.

Alex, però, ha avuto il coraggio di fermarsi. Di guardare la sua vita da una prospettiva diversa e chiedersi se tutto quello che aveva costruito fosse davvero abbastanza. A cinquant’anni, ha sentito che voleva anche altro.
E poi accadono certi eventi, quelli che definiamo casuali… ma forse il caso non è altro che un disegno che ancora non riusciamo a vedere.

Un invito in Toscana, un viaggio che inizialmente sembra solo una breve parentesi. Un incontro inaspettato: l’amore della giovinezza, una persona che credeva persa nel tempo e che invece riappare, quasi a ricordargli chi era prima che il lavoro si prendesse ogni cosa. E ancora, il richiamo delle sue radici, la scoperta di un legame con quella terra che non aveva mai esplorato davvero.

Tutti questi tasselli, apparentemente scollegati, hanno dato vita a un nuovo inizio.
E ho visto tante persone fare lo stesso. Persone che, come Alex, un giorno hanno trovato il coraggio di cambiare le loro priorità. Che hanno capito che la carriera, per quanto appagante, non può essere l’unico orizzonte. Alcuni hanno riscoperto gli affetti, altri hanno cambiato strada, altri ancora hanno semplicemente iniziato a vivere con una nuova consapevolezza.
Perché, in fondo, il vero lusso non è solo quello che costruiamo fuori di noi, ma quello che riusciamo a costruire dentro: la nostra casa interiore, il luogo in cui possiamo finalmente sentirci noi stessi, liberi di essere felici.
Ancora oggi, quando ci ripenso, mi sembra incredibile: è stato come se la storia avesse scelto me, e non il contrario.

Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?

Vorrei che i lettori, leggendo questo libro, comprendessero che la vera casa non è un luogo fisico, ma qualcosa che costruiamo dentro di noi.

Spesso cerchiamo sicurezza e appartenenza all’esterno, nelle persone che amiamo o nei luoghi che ci fanno sentire al sicuro. Ma finché non troviamo pace con noi stessi, nessun posto e nessuna relazione potranno darci quel senso di stabilità che chiamiamo “casa”.

La casa è dove sei tu è un invito a riscoprire quella casa interiore, a costruirla con consapevolezza e a riconoscere che, a volte, il viaggio più importante è quello che facciamo dentro di noi.
Perché è solo quando stiamo bene con noi stessi che possiamo davvero sentirci a casa, ovunque siamo, e costruire legami autentici con chi ci circonda.
Mi viene in mente una frase che ho letto:
“Le persone non sono cattive, sono infelici.”
Ed è proprio così. Spesso, il dolore, la solitudine o la mancanza di consapevolezza portano le persone a chiudersi, a ferire, ad allontanarsi. Ma quando troviamo la nostra “casa interiore”, quando impariamo a stare bene con noi stessi, diventiamo capaci di portare luce non solo nella nostra vita, ma anche in quella degli altri.

Perché la felicità è contagiosa, e quando siamo autentici, ispiriamo gli altri a esserlo a loro volta.
Leggere questo libro è un passo verso quella consapevolezza, un invito a fermarsi, a respirare e a riscoprire ciò che davvero conta.
Perché, in fondo, la casa è dove siamo noi, ed è solo partendo da lì che possiamo costruire relazioni genuine e una vita piena di significato.

Cosa ti piace di ciò che hai scritto?

Ciò che amo di più di questo libro sono i suoi personaggi e la loro evoluzione. Alex ed Elena non sono semplici figure di fantasia: sono diventati quasi amici, compagni di un viaggio che mi ha emozionato e insegnato molto. Con i loro difetti, le loro scelte a volte imperfette e la loro capacità di rimettersi in gioco, hanno lasciato un segno profondo in me.

Alex, in particolare, mi ha trasmesso una lezione fondamentale: non puoi cambiare il riflesso nello specchio, ma puoi cambiare l’immagine che vi si riflette. Sembra un concetto semplice, eppure richiede un coraggio immenso. Alex ha capito che la vita è il riflesso delle nostre convinzioni più profonde e ha scelto di lavorare su ciò che non gli piaceva di sé. Con fatica e dedizione, ha trasformato il suo modo di pensare, di sentire e di agire, cambiando così la sua realtà.

Elena, invece, mi ha colpito per l’eleganza del suo equilibrio. Vivere nel presente, senza farsi trascinare dal passato, è un’arte che richiede consapevolezza e forza interiore. Lei mi ha mostrato che si può vivere con autenticità senza perdere mai di vista sé stessi.

Ma non amo solo i personaggi: amo anche l’atmosfera che permea il romanzo. La Toscana, con i suoi paesaggi, le sue storie, i suoi sapori e i suoi profumi, diventa quasi un personaggio a sé stante. È una celebrazione della bellezza semplice e autentica che si trova non solo in questa regione, ma in tutta l’Italia.
Mi affascinano anche i piccoli piaceri che contribuiscono alla felicità: un pranzo cucinato con amore, un bicchiere di vino condiviso, una chiacchierata con le persone care, sia in un ristorante stellato che in un bosco di castagni. Perché la felicità non dipende dal luogo, ma dall’autenticità del momento. Ricevere una lettera scritta a mano, contemplare un quadro che ami… sono gesti quotidiani che sembrano piccoli, ma che in realtà rappresentano l’essenza stessa della vita.

E poi, c’è il messaggio di positività che il libro trasmette. I personaggi di questa storia amano la loro famiglia, la loro terra, il loro lavoro. Hanno affrontato sfide, ma scelgono comunque di guardare avanti, di credere nel cambiamento e di vivere con passione e autenticità. È un invito a fare lo stesso nella vita reale.
Scrivere questa storia è stato un privilegio e, in qualche modo, l’ho vissuta insieme ai suoi protagonisti. Hanno lasciato un segno in me e spero che possano ispirare chiunque li incontrerà tra le pagine di questo libro.

Vorrei concludere con una frase di Alex che credo riassuma il cuore del romanzo:
«Non smetterò mai di lavorare per noi, per quello che abbiamo costruito. Ogni viaggio che faremo, ogni sfida che affronteremo, ogni momento – bello o difficile che sia – lo vivremo insieme. Ovunque saremo, saremo casa l’uno per l’altra.»

Avresti voluto aggiungere qualcosa al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?

No, non avrei aggiunto nulla.
Ma prima di pubblicarlo, i dubbi mi hanno accompagnata a lungo. Sapevo che la sfida più grande sarebbe stata raccontare questa storia nel miglior modo possibile. Poi ho capito che non esiste un “modo migliore” assoluto: ogni storia può essere raccontata in mille modi diversi, e non ci sarà mai una versione definitiva che soddisfi tutti.
Avrei potuto scriverla diversamente? Certo. Ma anche così, qualcuno avrebbe preferito un approccio differente. Eppure, non è questo che conta.

Il valore di un romanzo non sta nel piacere a tutti, ma nel toccare anche una sola persona.
Se questa storia riuscirà a lasciare un segno in una sola persona, sarà già un successo. Se saranno due, ancora meglio. Se tre, sarà quasi un miracolo.
E forse oggi, nel 2025, potrebbe non arrivare a nessuno.
Ma chissà, tra vent’anni, potrebbe finire nelle mani giuste, quelle di un lettore che, proprio in quel momento della sua vita, troverà tra queste pagine una risposta, una riflessione, una spinta a cambiare qualcosa.
Questa è la magia delle storie, dell’arte. Vivono oltre chi le ha create, raggiungono le persone nei modi e nei tempi più imprevedibili. Lo vediamo ovunque: quanti libri, quadri, canzoni hanno trovato il loro pubblico solo anni dopo? L’arte non ha scadenza.

Le storie continuano a vivere, seminano idee, emozioni, speranze, anche quando non siamo più lì a vederlo.
E forse, proprio per questo, dovremmo avere il coraggio di aprire quei cassetti, tirare fuori le nostre storie e condividerle, senza aspettare che siano “perfette”.
Perché nessuna storia lo è mai davvero.

Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “La casa è dove sei tu”, quali useresti?

Intenso, autentico, accogliente.
Intenso, perché è una storia di crescita personale, di scelte difficili, di sentimenti profondi che resistono al tempo. È il viaggio di Alessandro dentro sé stesso, alla ricerca di un equilibrio che gli permetta di essere finalmente libero e felice.
Autentico, perché i personaggi sono veri, con le loro fragilità e i loro punti di forza. Sbagliano, imparano, cadono e si rialzano, proprio come accade nella vita reale. Perché il romanzo celebra la bellezza delle cose semplici, quelle che danno vero valore a un’esistenza: l’amore, la famiglia, le radici, il coraggio di rimettersi in gioco.
Accogliente, perché tra le pagine di questo libro si respira il calore della Toscana, il profumo della cucina, la magia dei piccoli momenti che fanno sentire a casa. È un romanzo che avvolge il lettore, accompagnandolo in un viaggio fatto non solo di luoghi, ma anche di emozioni e legami profondi

Perché credi si debba leggere il tuo libro?

Credo si debba leggere La casa è dove sei tu perché è una storia che parla a chiunque, almeno una volta nella vita, abbia sentito il bisogno di fermarsi e chiedersi: “Sto vivendo davvero la vita che desidero?”
Alessandro, il protagonista, incarna quella ricerca interiore che appartiene a molti di noi: ha costruito una carriera di successo, ma si rende conto che qualcosa manca. Il suo viaggio non è solo un ritorno a un luogo, ma un ritorno a sé stesso.

Questo libro è un invito a guardarsi dentro, a riscoprire ciò che conta davvero: le radici, gli affetti, il coraggio di cambiare.
Ma soprattutto, La casa è dove sei tu ricorda che la felicità non è un posto da trovare, ma qualcosa che costruiamo dentro di noi.
Forse, chi lo leggerà si ritroverà un po’ in Alessandro, nei suoi dubbi e nei suoi sogni. E forse, alla fine, si chiederà:
“Dove si trova la mia casa?”

Quale libro hai letto quest’anno che ti ha maggiormente colpito e consiglieresti?

Più che un libro letto quest’anno, vorrei parlare di un libro che ho riletto dopo molto tempo: Lo scafandro e la farfalla (Le Scaphandre et le Papillon) di Jean-Dominique Bauby.
È un’opera straordinaria, un’autobiografia che Bauby ha scritto dopo essere stato colpito da un ictus che lo ha lasciato completamente paralizzato, prigioniero del proprio corpo a causa della sindrome del locked-in (letteralmente “intrappolato dentro”). Eppure, nonostante questa condizione devastante, è riuscito a comunicare scrivendo questo libro lettera dopo lettera, battendo le palpebre per selezionare ogni singola parola.
Lo avevo già letto anni fa, quando uscì, e avevo visto anche il film. Ma rileggerlo oggi è stato come scoprirlo per la prima volta. È vero quello che si dice: i libri ci parlano in modo diverso a seconda del momento della nostra vita in cui li leggiamo. Oggi, forse, ho colto sfumature che prima mi erano sfuggite, come se il tempo, la maturità, avesse aggiunto profondità alle sue parole.

Credo che Lo scafandro e la farfalla dovrebbe essere letto da tutti. È un inno alla forza interiore, alla capacità dell’essere umano di trovare un modo per esprimersi nonostante tutto. Bauby, con la sua scrittura limpida e poetica, ci regala una testimonianza intensa sul valore della vita, sulla fragilità e sul coraggio di affrontare l’impensabile.
È un libro che ci costringe a guardare in faccia la nostra vulnerabilità, ma che al tempo stesso ci ricorda quanto sia potente lo spirito umano. E credo che Bauby, in qualche modo, avesse trovato la sua “casa interiore” prima della malattia. Quella “casa” che, nel mio romanzo, rappresenta il luogo in cui siamo in sintonia con noi stessi, dove ci sentiamo al sicuro e autentici.

È proprio questa consapevolezza interiore che gli ha permesso di reagire alla tragedia senza incattivirsi, senza lasciare che il dolore lo trasformasse in qualcuno di arrabbiato e rancoroso. Molti, di fronte a prove così difficili, perdono la speranza e si chiudono al mondo. Lui, invece, ha scelto di aprirsi, di raccontare la sua storia con grazia e dignità, dimostrando che la vera forza non sta nel controllo delle circostanze, ma nel modo in cui decidiamo di affrontarle.

Forse, più di tutto, questo libro è un invito a fermarsi e a riflettere su quanto siamo fortunati. Spesso diamo per scontate le cose più semplici, come poter parlare, muoverci, comunicare. Bauby ci ricorda quanto sia prezioso ciò che viviamo ogni giorno, anche nei gesti più banali. E lo fa senza retorica, senza autocommiserazione, ma con una lucidità e una grazia che lasciano senza fiato.

Lo scafandro e la farfalla è un libro che lascia il segno, che fa riflettere e che non si dimentica facilmente. È una storia che ci accompagna, ci interroga e che, in qualche modo, ci cambia. Per questo lo consiglio a chiunque abbia voglia di fermarsi un attimo, di guardare oltre la superficie e di scoprire quanta bellezza e quanta forza ci siano nella fragilità umana.
Perché, come scrivo nel mio romanzo, la casa non è un luogo fisico, ma uno stato d’animo. E Bauby, anche nella sua condizione, ha trovato il modo di sentirsi a casa dentro di sé, insegnandoci che la felicità e la pace interiore sono possibili, anche nelle circostanze più difficili.

Adesso è arrivato il momento di porti una domanda che nessuno ti ha mai fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.

Mi sarebbe piaciuto che qualcuno mi chiedesse:
“Ti sei divertita a scrivere questo romanzo?”
La risposta è sì, tantissimo.
Scrivere La casa è dove sei tu è stato un viaggio emozionante, intenso, a tratti sorprendente. Mi sono affezionata ai personaggi come se fossero persone reali: ho vissuto con loro, ho riso, mi sono emozionata, e quando sono arrivata alla fine, avrei voluto poterli risentire ancora, continuare a parlarci, ascoltare i loro pensieri. È stato come dire addio a degli amici, ma con la consapevolezza di aver condiviso qualcosa di unico.
Ho adorato creare l’atmosfera del libro, immergermi nei paesaggi, nei sapori e nelle storie della Toscana, una terra che amo profondamente. E poi ci sono stati quei momenti magici, in cui la storia sembrava scriversi da sola, come se i personaggi prendessero vita e decidessero per me. È stato come se, per un attimo, avessi perso il controllo della penna, lasciando che fossero loro a guidarmi.

Una delle esperienze più incredibili è stata scrivere nel cuore della notte. Ero talmente immersa nel romanzo che spesso mi svegliavo alle quattro o alle cinque del mattino con un’idea che non potevo lasciare sfuggire. Correvo a scriverla prima che svanisse, perché quando una storia ti prende davvero, non ha orari, non ha regole: ti chiama, e tu devi seguirla.

Di solito sono una dormigliona, non mi era mai capitato di alzarmi così presto e, soprattutto, di sentirmi immediatamente sveglia, lucida, piena di energia. È stato sorprendente scoprire quanto la passione potesse annullare la stanchezza, quanto fosse naturale per me mettermi a scrivere appena aperti gli occhi, come se quella storia avesse una vita propria e non potesse aspettare. Era come se, in quei momenti di silenzio assoluto, la mia mente fosse più libera, più creativa, e le parole scorressero senza sforzo. È stata una sensazione meravigliosa, qualcosa che non avevo mai provato prima.

Non sono contraria alla comfort zone: credo che abbia la sua importanza, ma ogni tanto uscirne può portare a scoperte incredibili. Alzarmi all’alba per scrivere è stato per me un piccolo salto fuori dagli schemi, eppure mi ha regalato alcuni dei momenti più intensi e ispirati di tutta la stesura del romanzo.
Ovviamente, ci sono stati anche momenti di impegno e riscrittura, ma alla fine è stato il piacere della scrittura a prevalere su tutto. E spero che chi leggerà questo libro possa sentire la stessa passione e lo stesso entusiasmo con cui l’ho scritto.
Perché, in fondo, scrivere è stato come tornare a casa: un luogo sicuro, autentico, dove ogni parola era un passo verso qualcosa di più grande di me.

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Recensione scritta da

Redazione - Recensione Libro.it

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