La redazione del sito Recensione Libro.it intervista la scrittrice Tania Szalay autrice del libro “Ci siamo viste morire”
Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro “Ci siamo viste morire”, cosa diresti?
Io credo che la Bellezza, intesa come sinonimo di amore, stia nell’equilibrio fra buio e chiarore. Questo romanzo ti scaraventa nell’oscurità più nera e poi in una luce accecante, per leggerlo bisogna essere all’altezza della sofferenza e avere occhi capaci di sopportare il bagliore più intenso. È un libro che conduce ad una profonda metamorfosi interiore.
Da dove nasce l’ispirazione che ti ha portato a scrivere questo romanzo in cui si affrontano tematiche delicate quanto il dolore, la violenza e la morte?
Io ho avuto l’opportunità di sbirciare l’inferno, l’ho visto impresso nel volto di mia madre quando il medico le ha detto:” Signora, ha un tumore in tutto l’addome, le restano poche settimane di vita”. Tra tutte le cose che poteva dire in un momento del genere, lei ha scelto di esclamare: “hai visto come ho sopportato bene il dolore?”.
In quel momento la sua sofferenza poteva essere descritta con un’unica parola: soddisfatta. Era quasi contenta che la sua oscurità avesse preso le sembianze di qualcosa: della malattia. Ora i suoi demoni erano semplicemente indiscutibili, finalmente urlavano ed erano assordanti. L’infelicità ha il volto soddisfatto di una donna che ha sopportato una sofferenza muta per tutta la vita. Con questo libro volevo capovolgere il punto di vista, dare nuova forma al suo viso, regalare una diversa narrazione al suo dolore e al mio.
Io credo che i libri siano medicine, possono davvero rappresentare l’inizio di un percorso di guarigione, perché ti permettono di osservare dall’esterno un archetipo, di prendere consapevolezza e produrre una metamorfosi. È necessario guardarsi dentro, fare amicizia con i propri demoni finché c’è il tempo di trasformarli in alleati. Questa è la grande missione del romanzo “Ci siamo viste morire”.
Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Vorrei trasmettere l’immagine di un simbolo di bellezza, forza, coraggio volontà, costanza. Padma, la protagonista, è scelta, è possibilità, è un sì all’amore. Tutti noi abbiamo una chiave in tasca, dobbiamo solo decidere di aprire il lucchetto per accedere a segreti incredibili. Questo romanzo è un invito a vedere oltre!
C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro?
Potenzialmente, questo libro, potrebbe non avere mai fine, è qualcosa di vivo che s’insinua nella vita quotidiana per ricordarti che la sofferenza può essere trasformata diventando un’alleata. Finché nel mondo si proverà dolore, ci sarà anche una pagina in più da scrivere e una conseguente metamorfosi da attuare. Ma le cose importanti penso di averle inserite tutte, il resto sarebbe solo “esercizio”, in questo romanzo trovi davvero le passwords per la felicità.
Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire “Ci siamo viste morire”, quali useresti?
Intenso, potente, necessario.
Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Al giorno d’oggi siamo desensibilizzati, in altre parole stiamo perdendo la nostra anima. Essa comunica attraverso le emozioni e l’essere umano sembra sempre meno capace di provarle e sopportarle. Droghe e alcool dilagano, perché si cerca smaniosamente un anestetico alla prima manifestazione di lieve dolore o delusione. Pensate ad un mondo completamente privo di empatia, apparirebbe come un covo di zombies senza sentimenti. “Ci siamo viste morire” è un tentativo di estrarre determinate emozioni, che essendo riflesse nella storia di qualcun altro, risultano più sopportabili da guardare in faccia. Lo definirei quasi una sorta di palestra per l’anima. Ti traghetta dentro te stesso, dove apparentemente è buio, ma è l’unico posto in cui puoi accendere l’interruttore della luce.
Hai già nuovi progetti e nuove idee?
Sì, ne ho più di uno, lavoro ad un altro romanzo, ad una serie di racconti e a una silloge di poesie. Ma si sa che come per ogni creatura messa al mondo bisogna dare a cadauna la giusta dose di attenzione, quindi per ora mi occupo di cullare amorevolmente il romanzo “Ci siamo viste morire”.
Qual è il romanzo che hai letto quest’anno che ti ha più colpito e consiglieresti?
Quest’anno mi sono dedicata alla lettura dei grandi filosofi: Platone, Socrate, Eraclito, Seneca e soprattutto Pascal sono quelli che hanno attirato di più la mia attenzione.
Adesso è il momento di porti una domanda che nessuno ti ha fatto ma a cui avresti sempre voluto rispondere.
Hai paura?
Nessuno me lo ha mai chiesto, eppure è la domanda fondamentale da fare a chiunque.
Talvolta sorge, ma appena si fa sentire mi abbandono in un atteggiamento di offerta, mi riempio di fede, respiro a fondo e cerco di affrontare tutto in uno stato di naturalezza. Dopo la morte di mia mamma le ho letto il Bardo Tosgrol per settimane. Si tratta del libro tibetano dei morti, che aiuta il defunto ad orientarsi al di là della Grande Soglia. Il messaggio che porta è proprio quello di non temere ciò che si manifesta e di restare in uno stato naturale di rilassatezza. È questo il segreto per morire e contemporaneamente è anche il segreto per vivere. Quando assumi questo atteggiamento ti senti davvero invincibile e le sfide quotidiane assumono un sapore assai meno amaro.