Intervista a Valeria Massa
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del libro Non raccogliere gli ananas, cosa diresti?
Userei una delle frasi finali del romanzo: “Non esistono colpe, solo tentativi di vivere più o meno riusciti”. Quasi tutti i personaggi del libro si portano dietro un fardello, qualche peccato, qualche decisione sbagliata, qualche errore con cui dovranno continuare a fare i conti. Si tratta di imparare a convivere con le proprie imperfezioni e, talvolta, con le zone più oscure della propria anima.
2. Da dove nasce l’ispirazione per raccontare una storia di verità, di sensi di colpa, di lontananza, di ritorni e nuove comprensioni?
L’ispirazione nasce dappertutto. Dalle sensazioni, da qualche brandello di discorso, dai ricordi (le estati della mia infanzia a Dogliani), da episodi slegati che poi vengono riassemblati. Anche da qualche nevrosi, probabilmente.
3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo il tuo libro? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Mi piacerebbe che riuscissero a cogliere l’aspetto umano delle vicende storiche del romanzo. Insomma, i grandi avvenimenti visti dal basso. Non le ragioni politiche, le strategie economiche o militari, ma le passioni che muovono il mondo, l’eroismo delle persone comuni, le vendette personali che si intrecciano con i fatti presentati nei libri di Storia.
4. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al romanzo, quando l’hai letto dopo la pubblicazione?
Ci sono certi caratteri secondari che avrei potuto approfondire e, nella parte centrale del romanzo, riflessioni che avrei potuto ampliare.
5. Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire Non raccogliere gli ananas, quali useresti?
Non è facile trovarli senza correre il rischio di auto-elogiarsi. Comunque direi: sobrio, delicato e allo stesso tempo dinamico.
6. Perché credi si debba leggere il tuo libro?
In Non raccogliere gli ananas si intrecciano temi eterni come l’amore e la morte, una pagina di Storia delle Langhe, un giallo e una riflessione sul senso e sugli errori di una vita. Il libro è anche un romanzo di formazione in cui, secondo una prospettiva un po’ diversa dal consueto, il protagonista non è un giovane ma un uomo maturo. In questa miscela di elementi il lettore potrebbe trovare qualcosa di suo gradimento.
7. Hai nuovi progetti? Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Al momento non sto scrivendo. Ho un’idea in mente, una storia che, a differenza di quanto avviene in questo romanzo, dovrebbe essere raccontata dal punto di vista di una donna. Sono nella fase della documentazione, devo ancora stabilire se potrà scaturirne qualcosa di buono.
8. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
L’Arminuta, di Donatella Di Pietrantonio. Un libro intenso e poetico sul vuoto che nasce dall’abbandono e dalla mancanza di radici. E sulla forza dell’innocenza.
9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Personalmente non amo lo sperimentalismo, la punteggiatura stravolta, i virtuosismi verbali e stilistici, ma credo che dietro ogni libro ci sia una fatica enorme che merita di essere riconosciuta. La stroncatura è sacrosanta, ma lo è anche il rispetto per un lavoro di mesi, se non di anni.
10. Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
“Perché scrivi?”
“Perché quando parlo è difficile esprimere chi sono. I miei gesti e il tono della mia voce spesso sono fuorvianti.”