Intervista a Walter Duprè
1. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro Nigredo, cosa diresti?
Per quanto un fantasy possa essere in apparenza frivolo, Nigredo rappresenta per me una critica al genere umano. È un libro misantropo, che tende a sottolineare il paradosso di specie decantatasi sociale ed evoluta, ma che al giorno d’oggi ancora affoga nei dogmi di culture primitive e soggiogate dai più ancestrali istinti.
2. Da dove nasce l’ispirazione per questo fantasy in cui le scelte sono fondamentali?
So che può sembrare poco originale come risposta ma Nigredo è nato da sé. Riferimenti di cultura pop degli anni ’80 e ’90 sono evidenti in molti capitoli, poiché sono gli anni che hanno contribuito alla mia crescita. Inoltre, tutta l’ambientazione è creata dalle ceneri folkloristiche europee, con maggiore attenzione alla cultura celtica. Cionondimeno, Nigredo non era stato pensato come un libro ma è nato semplicemente come sfogo, partorito da quel bisogno di gettare su una pagina bianca sensazioni, pensieri e vicende vissute.
3. Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo le tue parole? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Che al mondo c’è di più. C’è sempre di più. Trovo stupida ed inutile l’importanza esagerata che si ripone in certi aspetti della nostra vita, dal materiale al sociale, tralasciando ciò che realmente ha dei fondamenti capaci di modulare la nostra esistenza e che riesce a darci uno sputo di emozione e appagamento sinceri che non derivino da un oggetto privo di vita o da un’inutile simbolo di apprezzamento su un qualsiasi social network.
4. C’è qualcosa che avresti voluto aggiungere al libro, quando lo hai letto dopo la pubblicazione?
C’è ancora tanto che devo aggiungere alla mia storia. Nigredo non è che il primo passo, un prologo. Mi piace prendermi del tempo, lasciare che le cose vengano un po’ da sé, al momento opportuno. Ora come ora è definito in una maniera che trovo appagante – per me, almeno – e seppur abbia un finale aperto direi che no, non avrei voluto aggiungerci altro, dopo la pubblicazione.
5. Se Walter Duprè dovesse utilizzare tre aggettivi per definire Nigredo, quali userebbe?
Onirico, trascendentale, capzioso.
6. Perché credi si debba leggere il tuo libro?
Non invito nessuno a farlo per un qualche motivo. Un libro non deve essere letto per forza. Nemmeno i grandi classici devono esserlo se non se ne sente il bisogno. La lettura di un libro è soggettiva, la voglia di immergercisi lo è, e le sensazioni che traspaiono sono differenti da lettore a lettore. Nigredo cerca di essere diverso dal consueto filone del fantasy, o almeno questo è ciò che ho tentato di mantenere come punto di riferimento. Io adoro scrivere e se quello che scrivo è bello anche per qualcun’altro ne sono fiero, ma le motivazioni per leggere un libro sono tutte a discrezione del lettore.
7. Hai nuovi progetti? Stai scrivendo il continuo di questo romanzo? Puoi anticiparci qualcosa?
Come ho già dichiarato, Nigredo non è che il prologo di una storia più grande. È solo il primo capitolo e ogni cosa deve ancora trovare il suo completo svolgimento. Alcuni capitoli del secondo volume sono già in lavorazione, ovviamente, ma non so ancora dire con precisione quanti altri libri mi necessiteranno per giungere alla conclusione. L’unica anticipazione che posso permettermi è che tutto verrà stravolto.
8. Qual è il romanzo che hai letto e ti ha più colpito emotivamente in quest’ultimo anno?
Domanda difficile. Di sicuro si tratta dei racconti di Edgar Allan Poe, anche se è appunto una raccolta, non un romanzo, e pur avendolo riletto quest’anno, credo si tratti ormai della decima volta. Adoro il modo di scrivere di Poe, sebbene pesante, perché riesce a farti affogare nella storia, a renderti parte di essa. È piacevole ed estenuante al contempo e dopo averlo letto provi quasi affaticamento, ma – personalmente parlando – ogni singola volta un pochino più “completo”. Credo non esista un altro autore per il quale io provi maggiore adorazione.
9. Quale libro non consiglieresti mai a nessuno?
Ce ne sono parecchi. Alcuni anche molto famosi in tutto il mondo. Preferisco non fare nomi, per correttezza. Senza contare che il mio pensiero è e rimane qualcosa di soggettivo. Quello che io non riesco a sopportare in un libro, per altri potrebbe essere l’apoteosi della scrittura come forma d’arte. In sostanza trovo difficile portare a termine i libri scarni, privi di descrizione e vomitanti interi paragrafi di dialoghi. Li reputo sceneggiature, non libri. Eppure, se vanno per la maggiore, magari sono io a sbagliare qualcosa.
10. Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto, ma a cui avresti sempre voluto rispondere…
Nigredo è il primo libro che mi sia stato pubblicato, ed essendo ancora agli inizi, non esiste realmente una domanda inespressa alla quale vorrei rispondere. Tutt’al più posso prendere in esame una domanda che mi è stata posta una sola volta. Ed era “perché scrivi?”. Non ho saputo rispondere d’istinto. La creatività è sempre stata parte della mia vita, dal disegno alla composizione musicale.. scrivere è un diletto che si è fatto strada negli ultimi anni e, ora come ora, non saprei farne a meno. Scrivo perché quando non lo faccio mi sento vuoto. Avverto l’ansia dei personaggi che bramano una continuazione delle loro vite, riesco a percepire il loro desiderio di continuare a dare vita al loro mondo. So che può sembrare folle ma so per certo che non sono l’unico a sentire il bisogno in maniera così viscerale. In sostanza, scrivo perché scrivere mi quieta l’animo.