Di cosa parla Ipazia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo di Adriano Petta e Antonino Colavito
Ipazia nacque ad Alessandria intorno al 370 d.C. Figlia dello studioso Teone, fu come lui matematica, astronoma e filosofa greca, la prima donna scienziata che a oggi si ricordi.
Istruita dal padre, divenne maestra di molte scienze e rappresentante della filosofia neo-platonica, fu capo della scuola alessandrina, la più importante comunità scientifica della storia in cui studiarono Archimede, Aristarco di Samo, Eratostene, Ipparco, Euclide, Tolomeo e altri sapienti, incrementando la cultura di quel tempo e portando a numerosi contributi in campi quali la geometria, l’algebra, la trigonometria e l’astronomia.
Ipazia viveva in un’epoca in cui la donna non poteva professare una religione, accedere alla scuola, all’arte o alla scienza. Non aveva libertà di pensiero e di scelta, era prigioniera del suo stesso tempo, vittima del maschilismo estremo che vedeva nella “donna sapiente e colta” un pericolo e un ostacolo alla sua supremazia. Con l’ascesa al potere della chiesa cattolica, inoltre, la donna diventa “la porta dell’inferno” ed è destinata a trascorrere la propria esistenza rinchiusa fra le mura domestiche, sottomessa, ignorante e reclusa.
Ma Ipazia, con la sua mente rara, intelligente e sapiente, vogliosa solo di conoscere il mondo e di divulgare questa conoscenza al prossimo, non riesce ad accettare questa ignobile società, sottostare alle leggi di quei tempi, “uccidere” se stessa col proprio silenzio e la sottomissione.
Con il “patto di sangue” tra chiesa cattolica e Impero Romano morente, inizia un periodo sadico, dove i cristiani si trasformano in fanatici inferociti pronti a punire con la morte chi non professa il loro stesso credo, arrivando a compiere le più atroci torture nei confronti dei non credenti. Non solo il paganesimo viene soppresso, ma è prevista anche l’abolizione delle biblioteche, delle scienze, dello studio dei grandi filosofi e scienziati, la libertà di pensiero e l’utilizzo della ragione.
Nel romanzo Ipazia: vita e sogni di una scienziata del IV secolo viene narrata la vita della giovane studiosa che, pur consapevole del pericolo che corre a causa dei suoi studi e della sua grande erudizione, non esita a recarsi all’agorà indossando il mantello dei filosofi, per incontrare la gente comune e insegnare, da perfetta oratrice che è, cosa siano la libertà di pensiero e l’uso della ragione, la matematica, l’astronomia e la filosofia.
Il suo cammino viene barbaramente interrotto dalla figura di Cirillo, vescovo e patriarca di Alessandria, istigatore alla violenza nei confronti dei pagani e dei sapienti, responsabile dell’uccisione di migliaia di anime per il semplice fatto di non credere nella sua stessa fede. Nonostante questo, oggi è venerato come santo e, nel 1882, papa Leone XIII lo ha proclamato dottore della chiesa.
Ipazia viene colta all’insaputa al rientro da un convegno, aggredita da un’orda di monaci indemoniati che la trascinano all’interno di una chiesa e la privano del respiro della vita nelle maniere più orrende che un essere umano può arrivare a compiere. Del suo corpo non resta più nulla ma il suo ricordo è vivido nel cuore della gente di oggi.
Con la morte di Ipazia si giunge alla caduta del paganesimo, alla fine della scienza e del libero pensiero, e si entra in un’oscurità che durerà mille anni.
Adriano Petta, romanziere, studioso di storia della scienza e medievalista, e Antonino Colavito, studioso di scienza e filosofia, ripercorrono la vita di Ipazia con precisione e cura, trasformando quella che è una biografia in un romanzo narrato in prima persona dalla stessa scienziata.
Il loro libro Ipazia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo, dal quale è stato tratto il film Agorà nel 2009, interpretato dalla bella Rachel Weisz, con la prefazione dell’astrofisica Margherita Hack, è un saggio e una testimonianza su quanto scienza e fede, uso della ragione e fanatismo siano sempre in contrasto fra loro dall’inizio dei tempi, quanto una donna sia disposta a rischiare la propria vita per “il sapere” e quanto un unico gesto di estrema brutalità possa distruggere quella vita e tutto ciò che a essa è connesso.
“Questa storia romanzata ma vera di Ipazia ci insegna ancora oggi quale e quanto pervicace possa essere l’odio per la ragione e il disprezzo per la scienza. È una lezione da non dimenticare, un libro che tutti dovrebbero leggere.” (Margherita Hack)
Recensione scritta da Margherita Acs
Leggo sempre con piacere le recensioni di Margherita, mi pare di capire che sia una ragazza che spazia tra diversi generi letterari, e questo credo sia molto importante per ampliare sempre più la propria cultura.
Davvero interessante la storia di Ipazia, che ammetto che non conoscevo. Terribile destino il suo, troppo comodo “chiudere la bocca” a chi la pensa diversamente da noi, e da cattolica praticante, mi dispiace molto e ammetto (non mi faccio problemi) che la Chiesa ha fatto e spesso continua a fare gravi errori.
Di questa recensione mi piace il fatto che si dica che il libro è raccontato come un romanzo storico; troppo spesso infatti non mi sono avvicinata a biografie, anche di personaggi molto illustri, per timore che fossero dei saggi, che a volte possono essere pesanti. Questo invece pare molto interessante, accurato e coinvolgente.
Ancora una volta, brava Margherita!!
Caspita che recensione! Interessante come questa vicenda viene qui presentata da Margherita, che leggo essere una biologa come me;)
Sembra quasi un mini-trattato di storia, e fa tristezza leggere come troppo spesso figure ecclesiastiche oggi venerate siano stati “esseri” (difficile chiamarli uomini) crudeli e meschini come il caro San Cirillo.
Ottima la frase conclusiva che riporta un piccolo estratto della scomparsa, ma non dimenticata, Margherita Hack.
Complimenti, viene “quasi” voglia di leggere il libro, e non è poco in un tempo dettato da ignoranza dilagante come questo che viviamo.
Davvero un bel sito;)